Missione compiuta

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Gli italiani, popolo lamentoso, avrebbero magari preferito l’occupazione giovanile o la favoleggiata riduzione delle tasse, anche per chi le paga, ma non stiamo a spaccare il capello. Questa è una vittoria politica di Berlusconi, l’unica di questi tempi. Ed è una sconfitta enorme per la Rai, quindi anche una vittoria aziendale.
La tv di Stato perde in un colpo uno dei suoi professionisti migliori, il programma d’informazione più seguito, il più ricco di ricavi pubblicitari, sei milioni di spettatori destinati a rimpinguare il boom de La Sette e qualche decina di migliaia di cari abbonati al canone, buoni ma non fessi. D’altra parte, ormai La Sette con il tg di Mentana, la satira popolare di Crozza, l’informazione di Lerner e ora di «Annozero», si candida come il vero servizio pubblico. Quello che fornisce perfino le date esatte per andare a votare. Nella serata lasciata libera da Santoro si potrebbe però provare a rilanciare Sgarbi, fare un «meglio di Radio Londra», scusate il sarcasmo, oppure leggere le poesie di Bondi, così da spargere anche il sale sulle rovine.
«Annozero» era una delle più tenaci ossessioni del premier, insieme ai giudici di Milano e alle presunte nipotine di statisti stranieri. Delle tre, la meno giustificata. Come ha ammesso con rammarico lo stesso Santoro, se Berlusconi ha perso le amministrative non è stato certo per il salotto di «Annozero». Dove semmai si nota un certo logoramento della compagnia di giro, a sinistra con Di Pietro e Vendola, a destra con la Santanchè, La Russa e Castelli. Ma il premier, fra altre qualità , è assai vendicativo e non dimentica i torti subìti. A partire dal più grave, la libertà  di giudizio. Non potendo più prendersela con Montanelli e Biagi, ai quali rese un inferno gli ultimi anni, si era concentrato nel tempo contro Santoro e pochi altri, con pervicacia degna di miglior causa.
Santoro avrebbe firmato la resa già  l’estate scorsa, se l’astuto Masi non avesse festeggiato pubblicamente troppo presto. I soldi non sono l’unica spiegazione. Non è facile lavorare soltanto in virtù di una sentenza della magistratura, dentro un’azienda di servi che ti fanno la guerriglia ogni giorno, arrivando al grottesco dispetto di non pagare i collaboratori. A proposito, s’intende che Travaglio e Vauro otterranno dal tribunale quanto spetta loro e probabilmente molto di più. Tanto, come nel caso delle multe al notiziario Luce di Minzolini, pagano i cittadini. Ma si tratta di dettagli, per quanto non irrilevanti. Il punto centrale è che la Rai, come servizio pubblico, non esiste più. Per tanti anni abbiamo scritto della necessità  di una riforma televisiva che smontasse il duopolio, a partire dalla privatizzazione di due reti Rai. La politica ha preferito fare le bicamerali e i patti delle crostate. Il risultato è che due reti Rai sono state nei fatti privatizzate al padrone di Mediaset. Ma le manteniamo ancora tutti noi.


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