Giovani, lavoratori, minori: i nuovi poveri nell’Italia della crisi

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ROMA – Arrivare a fine mese è una sfida per un numero sempre maggiore di europei e italiani. Il risparmio sembra una parola scomparsa dal dizionario: non bastano i soldi, quindi è impossibile accantonarli. È la fotografia di un paese sotto scacco quella scattata dal nuovo “Rapporto sui diritti globali” presentato oggi.
I dati sono tutti in negativo: -9,1% di risparmio secondo l’Istat, -67,7% tra il 2002 e il 2011 secondo le associazioni dei consumatori, -26,6% solo tra il 2009 e il 2010, -20 miliardi negli ultimi 20 anni secondo Confcommercio. Oggi ogni 100 euro se ne risparmiano mediamente 10, mentre nel 1990 il risparmio era di 23 euro. Gli under35 sono quelli più in difficoltà : meno di uno su tre (28,6%) riesce a mettere qualcosa da parte. Fascia debole è anche quella degli immigrati: le rimesse nel 2010 ammontavano a 1.508 euro, il 13% in meno rispetto al 2009, quando erano di 1.734 euro.
L’unica cosa che cresce sono i debiti: +1% in generale, +6% per i mutui per l’acquisto di abitazioni. Ma chi se li può permettere è sempre più una minoranza: nel 2004 era il 62% degli italiani, nel 2011 si è arrivati a stento al 48%. Anche il credito al consumo sta diventando un lusso perchè, semplicemente, si rinuncia a consumare (-2,8%).

Se questa è la situazione, i dati relativi alla povertà  non stupiscono: in Europa oltre una persona su 5 è povera (23,4%, 115,5 milioni di persone). La maggiore concentrazione è nelle Repubbliche Baltiche e nei paesi dell’Est (tra il 30% e il 42%), mentre la media è inferiore in Svezia, Olanda e Repubblica Ceca (15%). Giovani e minori sono i più colpiti: il 26,9% tra 0 e 17 anni, ma anche la quota di over65 è rilevante (19,8%). Avere un lavoro non impedisce la caduta nella povertà  nell’8% dei casi, che arrivano al 22% se si considerano anche le persone a rischio.

I dati sull’Italia non di discostano molto. Il rapporto parla di un 24,5% di poveri, “mentre con le misurazioni Istat si scende a 15,6%”, di cui il 4,6 poveri assoluti. La povertà  relativa – nel 2010 si attesta su una soglia sotto i 992,46 euro per due componenti – riguarda l11% dei nuclei (2.734.000 famiglie) e il 13,8% degli individui (8.272.000). Vivere a Nord o a Sud fa la differenza: rispettivamente 4,9% contro 23%. Il ceto medio, chi ha un titolo di studio medio-alto, i lavoratori scivolano sempre più verso l’impoverimento. I working poors passano dall’8,9% del 2009 al 9,3% del 2011 (ma il 20,8% al Sud). Gli operai impoveriti passano dal 14,9% al 15,1% (il 28,7% al Sud), i lavoratori in proprio dall’8,7% al 10,7% (23,6% nel Mezzogiorno). Sono un milione e 876 mila i giovani e i minori poveri (il 18,9% di tutti i minori), mentre nel 2009 erano un milione e 756 mila.

Tra le famiglie con tre o più figli l’incidenza della povertà  relativa tocca il 30,5%. Anche le famiglie migranti sono colpite (43,9% contro il 17,4% delle famiglie di soli italiani), soprattutto composte da soli stranieri (il rischio sale al 49,1%, contro il 32,7% per le famiglie miste).
Le persone senza dimora continuano ad aumentare (se ne stimano 100 mila) “e il diritto alla casa è uno dei più disattesi” riferisce il rapporto. La situazione degli sfratti – prima del blocco imposto dal governo Monti – era drammatica: 268 mila sentenze emesse in cinque anni, di cui 216 mila per morosità , 127 mila le esecuzioni e, secondo i sindacati inquilini, 100 mila nuovi provvedimenti si aggiungeranno nei prossimi tre anni. (gig)

 

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