Spinta di Cgil e Confindustria dietro la corsa del segretario

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ROMA — Perché? Perché ha cambiato la linea con cui si era imposto alle primarie del Pd? Perché ha stracciato il «patto di programma» proposto a Letta per il 2014? Perché ha disatteso l’intesa con Berlusconi sulle riforme che non prevedeva un cambio di governo? Insomma, perché il leader democratico ha sconfessato se stesso, decidendo di muovere subito su Palazzo Chigi? È vero, Renzi va veloce per indole. Ma stavolta ha accelerato anche perché «spinto». Lo ha fatto capire nei conversari riservati dello scorso weekend, nei colloqui e nelle telefonate con le quali ha preannunciato ai suoi interlocutori la decisione di puntare alla guida dell’esecutivo.
Certo, in parte Renzi ha fatto dipendere la scelta da fattori politici e dall’analisi dei sondaggi: con l’esecutivo in carica segnato da una progressiva crisi di consensi e con il rischio di veder compromessa la corsa delle Europee «non ho alternative», aveva spiegato ad Alfano per sondarlo. Chissà, forse di «alternative» ne avrebbe avute, se non fosse che a spingerlo per impegnarsi in prima persona — a suo dire — si erano messi in tanti: da Confindustria a Cgil. E lui per tempo li aveva assecondati. Già la decisione di convocare la direzione del Pd per il 20 febbraio — il giorno dopo la mobilitazione generale delle imprese a Roma — era parso un segnale chiaro, specie all’indomani delle dichiarazioni di Squinzi, secondo cui se Letta il 19 si fosse presentato al direttivo degli industriali con la «bisaccia vuota» sarebbe stato «un problema»: «Tanto varrebbe andare a votare».
«Non si è mai visto un presidente di Confindustria trattare così un presidente del Consiglio», aveva commentato l’Ncd Cicchitto: «La verità è che si sono schierati con Renzi. Vogliono la staffetta a Palazzo Chigi». E la moral suasion verso il capo democrat pare provenga anche dal mondo delle aziende pubbliche, dove in primavera andranno in scadenza centinaia di incarichi: dai vertici di Enel a Finmeccanica, a quelli di Eni, il cui capo è in grande sintonia con Renzi. Almeno così è sembrato agli ospiti di Porta a Porta invitati all’ultima apparizione del leader democratico alla trasmissione tv. Tra gli invitati infatti c’era anche Scaroni, che — prima di andare in onda — nella saletta dove viene servito un buffet, si era avvicinato a Renzi e a voce alta gli aveva detto: «Matteo, hai visto quello schema che ti ho mandato? Se c’è qualcosa che non si capisce, chiamami…».
Difficile capire se la scelta di «Matteo» sia il frutto del pressing esterno o piuttosto di un convincimento interiore, è certo che domenica sera aveva già scelto, quando ha fatto squillare il telefono di Arcore. Berlusconi non immaginava che all’altro capo ci fosse Renzi, e men che meno immaginava di sentirsi fare quel ragionamento. Il leader del Pd non ha usato giri di parole quando ha spiegato al Cavaliere l’intenzione di sostituirsi a Letta, di voler andare avanti sulle terreno delle riforme insieme a Forza Italia, ma di non puntare a una maggioranza di larghe intese. E non meno eloquente è stato quando ha chiesto all’ex premier un’opposizione «non pregiudiziale» in cambio di scelte di governo «non aggressive». Così Berlusconi ha raccontato la conversazione ai suoi commensali, dopo la telefonata.
Anche a quella tavola si sono interrogati sulle motivazioni che hanno indotto il segretario del Pd a puntare su Palazzo Chigi. Il Cavaliere è parso lì per lì quasi comprensivo: «Si logorerà al governo, ma se rimanesse fuori lo logorerebbero ugualmente». Gli ospiti si sono divisi. C’è chi ha spiegato che «i consiglieri economici di Renzi sostengono che in questo modo intercetterà l’uscita dell’Italia dalla recessione» e chi invece — in modo più prosaico — ha posto l’accento «sulle nomine nelle aziende pubbliche che sono roba di potere». Berlusconi — che quando era al governo ha sempre delegato la questione a Gianni Letta — è andato al sodo. Un accenno al tema della giustizia, più di un cenno sul tema delle comunicazioni, e infine la linea da dettare al partito: opposizione «senza sconti» ma anche «senza barricate».
Il resto appartiene alla sfera della politica: al «cannibalismo dei leader» praticato nel Pd e che ha stupito Berlusconi per la sua «efferatezza»; alle mosse di Alfano che — dopo aver mostrato «la nostra lealtà» a Letta — «senza patti chiari» non farà certo da spalla a Renzi; a Napolitano che non intende comunque ascoltare «la sciocchezza» del voto anticipato. Si vedrà se Renzi, oltre ad andar veloce, saprà anche andar lontano. Sul campo si stanno già schierando i giocatori. Sugli spalti ci sono gli spettatori. Alcuni molto interessati.
Francesco Verderami


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