Squadra snella: 50 in lizza per dodici posti

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ROMA — I nomi che circolano superano di gran lunga i 50 ma se è vero, come pare, che Matteo Renzi vuole un governo snello, composto da 12-13 ministeri, molti rimarranno inevitabilmente delusi. Per saperlo, bisognerà aspettare l’ultimo momento, come è stato per la formazione della segreteria democratica. Perché Renzi è tanto rapido nel prendere decisioni quanto lesto nel cambiarle, se necessario. E così ci sono pochissimi punti fermi per costruire l’ipotetica squadra di governo, alla cui composizione lavora, oltre a Renzi, anche Graziano Delrio. Squadra che, dicono al Nazareno, sarà pronta in 7 giorni.
Si comincia con il ruolo più delicato, quello di vice premier. Renzi ha sempre detto di non gradire vice, ma l’ultima voce parla di una conferma di Angelino Alfano a vice presidente del Consiglio, senza deleghe. Per il ruolo, delicatissimo, di sottosegretario alla presidenza del Consiglio sono in corsa il portavoce del partito Lorenzo Guerini e l’attuale ministro Graziano Delrio, che però viene dato favorito anche per l’Interno.
Sui ministeri bisognerà fare i conti con gli alleati. Si parla di cinque ministri del Partito democratico, uno di Scelta Civica e dei Popolari per l’Italia, due del Nuovo centrodestra. A completare, personalità «tecniche» o comunque di estrazione non politica.
La poltrona che scotta di più è quella dell’Economia. Fabrizio Saccomani, tra i più criticati dei ministri di Letta, dovrà sicuramente fare le valigie. Al suo posto potrebbe arrivare Lucrezia Reichlin, candidata vicegovernatrice alla Bank of England. Ma i pretendenti sono molti: ci sono anche Tito Boeri, Pier Carlo Padoan e Fabrizio Barca. Ma anche Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Palazzo Strozzi a Firenze.
Altro ministero chiave, il Lavoro. Qui si contendono la poltrona due personalità molto diverse: l’ex segretario pd e Cgil Guglielmo Epifani e la giovane Marianna Madia, lanciata in Parlamento anni fa da Walter Veltroni (con un terzo incomodo, lo stesso Barca). Alla Giustizia si parla con insistenza del centrista Michele Vietti, ma è spuntato anche il nome del presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick. Praticamente certa nella squadra la giovane Maria Elena Boschi: per lei si parla delle Riforme ma non è escluso che nel risiko delle poltrone finisca poi per essere destinata alla Cultura (dove sono in lizza anche Gianni Cuperlo e Matteo Orfini) o ai Rapporti con il Parlamento (che potrebbe però rimanere a Dario Franceschini o passare a Roberto Giachetti). E al Pd potrebbe traslocare anche il dicastero in mano a Maurizio Lupi, le Infrastrutture: sarebbe in corsa il sindaco di Bari Michele Emiliano, insidiato dal collega di Salerno Vincenzo De Luca, che però sembra più che altro essersi autocandidato con il discorso di ieri in Direzione. E si parla anche di Emanuele Fiano alla Difesa.
Dal mondo dell’imprenditoria potrebbe arrivare l’amministratore delegato di Luxottica, Andrea Guerra, dato come possibile all’Industria ma anche allo Sviluppo Economico. Per quest’ultimo dicastero circola la voce di Vittorio Colao, numero uno mondiale della Vodafone.
Nella squadra degli uscenti dovrebbero essere riconfermati il ministro degli Esteri Emma Bonino, il collega all’Ambiente Andrea Orlando e la Ncd Beatrice Lorenzin. Tra i nomi noti, circolano da giorni quelli di due personalità di campi diversi: lo scrittore Alessandro Baricco e l’imprenditore e fondatore di Eataly Oscar Farinetti. Tra i volti noti di cui si vocifera, ci sono Arturo Parisi, alla Difesa e Bruno Tabacci, uno dei leader del Centro democratico. Tra i papabili, anche un esponente di Sinistra e Libertà: il sindaco di Cagliari Massimo Zedda. E tra chi ci spera c’è anche il toscano Riccardo Nencini, leader dei socialisti, che appoggiò Renzi alle primarie di Firenze.
Ma naturalmente la composizione avverrà solo all’ultimo e dovrà fare i conti con i difficili equilibri della squadra di governo, oltre che delle dinamiche interne del Partito democratico. E degli accorpamenti. Perché, spiega Angelo Rughetti, «questa volta non si lavorerà più tanto sulle singole competenze ma sugli obiettivi e sui programmi, che vedranno lavorare insieme forze diverse. Sinergie e accorpamenti saranno inevitabili».
Alessandro Trocino


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