La mia Ucraina era bilingue e si chiamava Maxim

La mia Ucraina era bilingue e si chiamava Maxim

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di Moni Ovadia, l’Unità
L’UCRAINA È NEL MIO CUORE ANCHE PER RAGIONI PERSONALI DI NATURA AFFETTIVA. HO LAVORATO CON SEI DANZATORI DI QUEL PAESE, DANZATORI IN PENSIONE. Li ho voluti pensionati perché fossero spogliati di quel naturale narcisismo che caratterizza la titolarità.
Grazie alla loro arte ebbi l’opportunità di mettere in scena, l’allestimento italiano del musical Fiddler on the roof (il violinista sul tetto), con quell’inimitabile animus coreutico che viene dal mondo slavo espresso con eleganza crepuscolare anche nei numeri virtuosistici. Grazie alla mia conoscenza della lingua russa, modesta ma appassionata, ho potuto comunicare con loro con quella familiarità che solo la condivisione di una lunga comune ti consente.
Brindando in russo, lingua capolavoro di bellezza e musicalità, abbiamo bevuto insieme corteggiando l’eccesso, come solo sanno fare gli slavi, in fondo in quanto nato in Bulgaria sono slavo anch’io.
Uno di quei danzatori, Maxim Anatolievic Shamkov alla fine delle tournée del musical è rimasto con me. Maxim, 138 chili per un metro e ottanta, collocati in parte significativa nell’immenso ventre, mandava il pubblico in delirio, perché a dispetto del peso volteggiava e si librava nell’aria come una libellula, sfida alle leggi della gravità. Con l’andar del tempo la nostra relazione diventò molto familiare, Maxim, di vent’anni più giovane di me mi chiamava – in russo – papà. Io lo chiamavo, sempre in russo, ragazzo mio anche se in dieci anni di conoscenza abbiamo continuato a darci del voi.
Maxim, secondo l’uso russo, diceva che l’affetto non deve fare dimenticare il rispetto dovuto. Parlava un russo elegante da madrelingua ovviamente. Una volta gli dissi: «Maxim, il russo è una lingua di una bellezza sconfinata, non credete?». Lui rispose: «L’ucraino è più dolce e musicale». E mi insegnò una canzone popolare struggente in quella lingua, di cui lui, perfettamente bilingue, cresciuto nel tempo sovietico, era molto fiero.
Maxim è mancato a 48 anni pochi mesi fa. Mi manca molto, e in questi ultimi giorni la sua mancanza si è fatta lancinante. Se fosse qui ci sentiremmo tutti i giorni via skype e sicuramente dopo avere espresso il suo punto di vista, mi chiederebbe, in russo: «E cosa ne pensate voi, papà?». Io gli risponderei: «Che infamia, l’Occidente con la fine del comunismo aveva promesso democrazia, eccola: un satrapo corrotto al governo, i lavoratori e il ceto medio impoveriti, la “rivoluzione arancione” fallita, la giusta ribellione contro il regime corrotto di Yanukovich avvelenata da nazionalismo, xenofobia e antisemitismo, l’Europa, imbelle e vile invece di fare proprie le ricchezze della molteplice identità slava finisce soprattutto per aprire le porte alla Nato e agli interessi di pochi. La Russia non può che reagire con logiche imperiali. Slavi contro slavi. Niente di buono, Maxim, niente di buono».



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