Vertici contrapposti, la base Arci chiede unità

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Il disa­gio c’è, far finta di nulla sarebbe per­fino con­tro­pro­du­cente. Non c’era mai stato un con­gresso dell’Arci con due can­di­dati con­trap­po­sti alla pre­si­denza. Por­ta­tori di visioni diverse sulla gestione futura della più grande realtà ita­liana dell’associazionismo laico. A palazzo Re Enzo una sin­tesi uni­ta­ria è sem­pre data per pos­si­bile, nono­stante che la seconda gior­nata con­gres­suale si segnali più per le spine che per i petali di rosa. E certo le imma­gini che arri­vano dal grande Salone del Pode­stà cer­ti­fi­cano una situa­zione incon­sueta, almeno per l’Arci. Con gli applausi che arri­vano solo da una parte della pla­tea dopo un inter­vento a soste­gno di Filippo Mira­glia, e solo dall’altra parte quando a par­lare è stato un sostenitore/sostenitrice di Fran­ce­sca Chiavacci.
Fra i sei­cento dele­gati ci sono anche quelli che non si tro­vano a loro agio in uno sce­na­rio del genere. Alcuni inter­venti — molto applau­diti – hanno segna­lato i rischi insiti in una «franca discus­sione» che è segno di par­te­ci­pa­zione sen­tita e non di maniera. Ma può por­tare a risul­tati impre­vi­sti. Come ad esem­pio votare all’unanimità nei giorni scorsi le regole per il lavoro della com­mis­sione elet­to­rale, e delle pro­po­ste da por­tare al voto per l’elezione del nuovo con­si­glio nazio­nale, e poi la scorsa notte rimet­tere tutto in discus­sione. Di qui i richiami, anche acco­rati, di dele­gati come Renzo Nimis di Udine e di Debora Galassi di Ravenna. «La voglia di unità è forte», osserva l’ex pre­si­dente toscano Vin­cenzo Striano, che è qui come osser­va­tore ma con­ti­nua a cono­scere piut­to­sto bene il mondo Arci.
Davanti al ban­chetto del mani­fe­sto, Paola Foscoli osserva: «La pre­oc­cu­pa­zione di alcuni dele­gati va tenuta in con­si­de­ra­zione. Sapevo che altri con­gressi non erano stati facili. Ma quando toc­chi con mano que­ste dif­fi­coltà, qual­che pen­siero ti viene. Inten­dia­moci, in tanti vediamo che ci pos­sono essere anche ele­menti posi­tivi in un con­fronto aperto, e non di maniera. Però non dob­biamo arri­vare a una conta, né tanto meno alla spar­ti­zione dei posti. Cer­chiamo di non cadere nelle peg­giori logi­che par­ti­ti­che». Dele­gata di Viterbo, 39 anni, Paola Foscoli lavora per Arci soli­da­rietà, e gesti­sce pro­getti di acco­glienza per rifu­giati e richie­denti asilo: «Sono un esem­pio delle ‘buone pra­ti­che’ dell’associazione – pun­tua­lizza — e le ‘buone pra­ti­che’ non pos­sono essere abban­do­nate. Nem­meno ora. Si può liti­gare, come suc­cede anche fra amici. Ma alla fine deve essere tro­vato un equilibrio».
Anche Marco Vanelli, del Cir­colo del cinema di Imola, non nasconde un certo spae­sa­mento. «Que­ste con­trap­po­si­zioni ci dicono che qual­cosa si muove, che non è tutto scon­tato, e que­sto è posi­tivo. Dall’altro lato però fini­sci per non sapere quale sia la strada più giu­sta per il futuro dell’associazione». Nella dia­triba, fin troppo sche­ma­tica, fra «ter­ri­tori ric­chi» e «ter­ri­tori poveri» nel macro­co­smo Arci, le parole di Vanelli sfa­tano alcuni luo­ghi comuni: «In una realtà pic­cola come quella imo­lese, noi sen­tiamo le dif­fi­coltà. Il nostro cir­colo non ha più un cinema, li stanno chiu­dendo tutti. E l’amministrazione comu­nale, che prima aiu­tava a finan­ziare le ras­se­gne, oggi chiede soldi per farle met­terle in can­tiere». Con­clu­sione: «Le richie­ste di unità e di coe­sione hanno buoni e con­creti motivi per essere seguite e messe in pra­tica. Se si lavora tutti assieme, si pos­sono risol­vere meglio anche i pro­blemi più com­pli­cati». Mas­sima da bacio peru­gina? Vanelli risponde a tono: «Grande è la con­fu­sione sotto il cielo. Ma la situa­zione è eccellente?».Dalla Toscana, due dele­gati gio­vani come Nilo Di Modica (29 anni) e Mat­tia Nesti (20 anni) la vedono così: «L’Arci dovrebbe vivere la sua diver­sità anche ora – anti­cipa Di Modica – non è un par­tito, è una casa comune delle tante anime della sini­stra ita­liana. E in un’epoca di orga­niz­za­zioni ‘leg­gere’, di per­so­na­li­smi e di lea­de­ri­smi, è una delle ultime realtà di massa che abbiamo. Non mi piace que­sta con­trap­po­si­zione, que­ste dina­mi­che l’ho già viste e non hanno mai por­tato a qual­cosa di buono».
Se Di Modica arriva dalla Casa del popolo di Castel­franco di Sotto («che resi­ste»), nel val­darno pisano, Mat­tia Nesti ha con­tri­buito a far nascere mesi fa un nuovo cir­colo Arci, il «Micco Rosso», che orga­nizza ini­zia­tive cul­tu­rali, dalla musica al cinema fino al tea­tro: «Tanti ragazzi di Pistoia hanno tro­vato in que­sto cir­colo un punto di rife­ri­mento. Per que­sto dovrei essere un ‘ter­ri­to­riale’. Invece penso che l’idea dell’Arci radi­cata sul ter­ri­to­rio possa — e debba — coe­si­stere con l’Arci che pro­muove ini­zia­tive e mobi­li­ta­zioni. Tenendo rap­porti con il mondo della sini­stra non solo ita­liana, ma in tutta Europa e nel mondo».


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