Tra Renzi e l’Ue c’è una grande intesa

Tra Renzi e l’Ue c’è una grande intesa

Loading

Al con­si­glio euro­peo di Bru­xel­les dedi­cato all’industria, all’energia e alla crisi ucraina, Mat­teo Renzi è sem­brato sicuro di potere strap­pare due deci­mali di defi­cit in più nel 2014, dal 2,6% al 2,8% per finan­ziare il taglio dell’Irpef a bene­fi­cio di chi ha un con­tratto dipen­dente e un con­tratto sta­bile. Il pre­si­dente del Con­si­glio ha incas­sato un tweet di sim­pa­tia da parte del pre­si­dente della Com­mis­sione Josè Bar­roso quando ha con­fer­mato di volere rispet­tare tutti i vin­coli dell’Ue.
«L’Unione euro­pea sosterrà le sue riforme, biso­gna rispet­tare gli impe­gni presi» ha detto il por­to­ghese. E cioè una riforma del lavoro che sta­bi­li­sce la pos­si­bi­lità di otto pro­ro­ghe per tre anni di con­tratto di lavoro a tempo deter­mi­nato. Lo sce­na­rio è quello dei «con­tratti a zero ore» in Inghil­terra, una con­di­zione simile a chi oggi in Ita­lia lavora con un con­tratto «job on call» oppure a som­mi­ni­stra­zione. Si può lavo­rare anche una volta a set­ti­mana o al mese, e si può essere licen­ziati in qual­siasi momento e senza pre­av­viso. Forse, ci sarà un risar­ci­mento ma, con­si­de­rate le ristret­tezze dei tempi, è da escluderlo.Una riforma basata sulla fatale «poli­tica dei due tempi»: prima viene iniet­tata una pos­sente dose di pre­ca­rietà, con la legge delega che dovrebbe ride­fi­nire entro la fine della legi­sla­tura gli ammor­tiz­za­tori sociali con il «Naspi». Que­sto sus­si­dio andrà a bene­fi­cio solo di 1 milione e 200 mila per­sone, esclu­dendo milioni di disoc­cu­pati, pre­cari o par­tite Iva.
Tra le riforme apprez­zate da Bar­roso, e da Angela Mer­kel nel bila­te­rale a Ber­lino durante lo scam­bio della maglietta di Mario Gomez, c’è anche il taglio defi­ni­tivo delle pro­vince, l’abolizione del Senato come camera elet­tiva, la legge elet­to­rale, e la spen­ding review di Carlo Cot­ta­relli che ha affi­dato alla «poli­tica» l’impegno di tagliare – mediante il blocco totale del turn-over e riforma For­nero delle pen­sioni – 85 mila lavo­ra­tori nel pub­blico impiego. Per le cifre, e le deci­sioni ulti­ma­tive, que­sta «poli­tica» ha riman­dato bal­dan­zo­sa­mente le pole­mi­che all’approvazione del Docu­mento di eco­no­mia e finanza ad aprile, quando dovrà anche com­pi­lare il piano nazio­nale delle riforme che dovrà supe­rare l’esame della Com­mis­sione Ue, e di Angela Merkel.Que­ste deci­sioni, ha detto Renzi a Bru­xel­les, «sono più impor­tanti delle discus­sioni su uno 0,2% di defi­cit in più». Basta anche con le pole­mi­che sulle coper­ture. «Sono fuori di dub­bio» ha riba­dito Renzi. In effetti, l’ex sin­daco ha ragione e per que­sto biso­gne­rebbe pre­stare più atten­zione ai pro­getti di un ese­cu­tivo che dice di stare «rivo­lu­zio­nando e cam­biando l’Italia». Tutto sta a capire in quale dire­zione stia andando. In attesa dell’elezione di un’altra com­mis­sione più sen­si­bile agli inve­sti­menti per la cre­scita, Renzi e il Pd spe­rano che sarà gui­data dal tede­sco Mar­tin Schultz che ieri ha con­fer­mato di «lot­tare insieme» a loro, in una stanca gior­nata pas­sata tra bat­tu­tine gonze e retro­scena su scon­tri con la Com­mis­sione mai avve­nuti, ieri almeno due ele­menti erano chiari.
Il primo è che l’Italia «non viene in Europa come uno stu­dente fuori corso ma come un Paese fon­da­tore che rispetta i vin­coli». Il secondo è che rispet­terà il Fiscal Com­pact, il trat­tato inter­na­zio­nale entrato in vigore il 1 gen­naio 2013. Que­sto «patto» impone due obbli­ghi, il pareg­gio di bilan­cio (non il 3% che Renzi assi­cura di non sfo­rare, ma lo 0) e la ridu­zione del debito pub­blico al ritmo di un ven­te­simo (5%) all’anno.Dall’attuale 133% (in cre­scita) al mito­lo­gico 60%. Renzi ha impe­gnato il suo paese ad effet­tuare dal 2015 mano­vre lacrime e san­gue da 50 miliardi di euro all’anno. Le riforme elet­to­rali e costi­tu­zio­nali rien­trano in que­sto qua­dro di «sem­pli­fi­ca­zione» richie­sto a gran voce dai rifor­ma­tori euro­pei. Sarà un mas­sa­cro sociale. Il pre­si­dente del con­si­glio non ha alter­na­tive se intende restare nel qua­dro delle com­pa­ti­bi­lità impo­ste dai trat­tati vigenti. Spera solo, come ha sug­ge­rito ieri Vasco Errani, pre­si­dente della Con­fe­renza Stato-Regioni incon­trata ieri prima della gita a Bru­xel­les, di otte­nere l’esclusione dei fondi strut­tu­rali dal Patto di sta­bi­lità. Si tratta di una «clau­sola per inve­sti­menti» fino a 4,5 miliardi di euro con­ge­lati nel novem­bre 2013. È da tempo che l’Italia chiede di usarli per i pro­getti infra­strut­tu­rali cofi­nan­ziati dalla Ue. Que­sto sarebbe il magro scam­bio pro­po­sto da Renzi alla Troika. Il paese resta in attesa di mano­vre finan­zia­rie extra-strong che potreb­bero abbat­tere il Pil del 4% (con una «cre­scita» attuale infe­riore allo 0,6% pre­ven­ti­vato per il 2014).
Deci­sioni «that­che­riane» sul pub­blico impiego atten­dono Renzi. Si resta inol­tre in attesa delle sue deci­sioni sul futuro dei tagli alla sanità richie­sti. Renzi si sarebbe preso qual­che giorno di rifles­sione, ha infor­mato Errani. Nel frat­tempo, con­ti­nua a pas­sare inos­ser­vato il merito dello scam­bio pro­po­sto all’Unione Euro­pea: aggiun­gere alle forme di pre­ca­rietà esi­stenti un «Jobs Act» che rende la pre­ca­rietà ancor più strut­tu­rale. Il plauso di Bar­roso e di Mer­kel è stato otte­nuto gra­zie allo scalpo di milioni di persone.


Tags assigned to this article:
Matteo Renzispending reviewUnione euro­pea

Related Articles

Myanmar. Golpe dei militari, arrestata Aung San Suu Kyi

Loading

Interrotto il processo democratico. Dopo l’esito elettorale sfavorevole. La scusa per il colpo di mano le presunte «irregolarità»

Cessioni e commesse sospese In bilico il riassetto Finmeccanica

Loading

 ROMA — «Crediamo che l’arresto del Ceo Giuseppe Orsi e il conferimento dei pieni poteri a Alessandro Pansa, insieme all’incertezza che circonda le elezioni politiche, abbiano aumentato l’incertezza sul futuro di Finmeccanica e sul suo piano di ristrutturazione». Con queste motivazioni il broker elvetico Ubs ieri ha abbassato il giudizio sul titolo del gruppo italiano della difesa da «buy» a «neutral», togliendo il titolo dai preferiti e abbassando il target price a 4,50 euro dal precedente 6 euro.

Giulio Regeni, dal ministro Alfano un colpo di spugna

Loading

L’interesse di Stato e i rapporti economici tra i due Paesi prevalgono sull’accertamento della verità. La famiglia: questa decisione è una resa incondizionata

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment