Obama minaccia il Cremlino “Continueremo con le sanzioni l’Europa non è un campo di battaglia”

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WASHINGTON — «La Russia ora affronta una scelta fondamentale: se continua su questa strada con l’Ucraina, violandone la sovranità e l’integrità territoriale, la pressione economica e l’isolamento per Mosca aumenteranno. Gli Usa e l’Europa sono una comunità di difesa ma anche di valori. L’Europa per noi non è un campo di battaglia tra Est e Ovest, noi non chiediamo al popolo ucraino di scegliere tra Est e Ovest, vogliamo che decida da solo il suo futuro. Io credo che all’Ucraina siano necessarie buone relazioni con Usa, Russia ed Europa ». Così si esprime Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti, in questa intervista concessa prima della sua visita nei Paesi Bassi e del vertice dell’Aia sulla sicurezza nucleare.
Signor Presidente, che messaggio porta all’Europa?
«Gli Stati Uniti non vedono l’Europa come un campo di battaglia tra Est e Ovest. Chi la pensa così ha una mentalità che sarebbe dovuta sparire con la fine della Guerra Fredda. Il popolo ucraino non ha la necessità di scegliere tra Est e Ovest. Al contrario, è importante, significativo che l’Ucraina abbia buone relazioni con gli Stati Uniti, con la Russia e con l’Europa. Come ho già detto, dall’inizio: il futuro dell’Ucraina deve poter essere deciso dal popolo dell’Ucraina».
E la Russia?
«Per questa ragione che le ho appena spiegato noi, gli Usa, assieme a tanti altri Paesi del mondo abbiamo condannato l’intervento militare russo in Ucraina. Intervento che è completamente inaccettabile. È fondamentale che la Russia capisca che la comunità internazionale non si piega di fronte alla violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. E c’è dell’altro: se la Russia continuerà su questa strada, le misure punitive, la pressione sull’economia russa e l’isolamento diplomatico dovranno e potranno soltanto aumentare. Ecco, è davanti a questa scelta fondamentale che la Russia si trova in questi giorni».
Ma l’America che lei guida, tanto cambiata anche nella composizione etnico-demografica, vista da qui sembra meno europea. Davvero l’Europa può contare sull’America come accadeva durante la Guerra Fredda?
«Nessuno può mettere in dubbio il sostegno e l’impegno degli Stati Uniti per la sicurezza dell’Europa. Come alleati della Nato abbiamo il dovere sacro – fondato sull’articolo 5 del Trattato atlantico – di difenderci reciprocamente. Questo non cambierà mai. E proprio questo è il messaggio portato la settimana scorsa dal vicepresidente Biden ai
nostri alleati polacchi e baltici. Ed è anche il messaggio che io sono venuto di persona a portare a tutti i nostri alleati europei.
«La Nato resta l’alleanza più forte ed efficace nella storia dell’umanità. Noi non dovremmo mai abbandonare il valore della nostra difesa collettiva. E non è tutto: ci unisce anche qualcosa di più delle questioni della sicurezza, seppure importanti. Milioni di americani hanno le loro radici in Europa. Anch’io ne ho. Eh già: io sono nato alle Hawaii e ho trascorso la mia gioventù in Indonesia, ma tramite mia madre sono legato all’Europa, all’Irlanda e al Regno Unito. Ormai è l’abitudine comune, è il quotidiano che ci unisce, la realtà dei contatti fitti, molteplici tra i nostri popoli, i nostri studenti, i nostri imprenditori e scienziati. Inoltre, economicamente, gli Usa e l’Unione europea formano insieme il più grande blocco mondiale per commercio e investimenti».
Insisto: ma per voi americani in prospettiva non conta di più l’Asia che l’Europa?
«Quel che è cambiato è la natura delle nostre relazioni, oltre vent’anni dopo la caduta della Cortina di ferro. Ai tempi della Guerra Fredda, l’Europa era la fonte di molte questioni di sicurezza che minacciavano il mondo. Oggi, la nostra alleanza è un pilastro della sicurezza mondiale. Per questo, il ruolo oggi maggiore degli Stati Uniti in Asia non va affatto interpretato come una tendenza ad affievolire il nostro impegno in Europa.
«Il nostro rapporto con gli alleati e i partner europei è la pietra miliare del nostro impegno nel mondo, e ce lo mostrano sia la nostra missione comune in Afghanistan sia i nostri sforzi diplomatici comuni sui due temi del-l’Iran e della Siria. Tuttavia, condividere la sicurezza e il benessere significa anche condividere le responsabilità. Così come noi abbiamo sempre dimostrato nei fatti ai nostri alleati europei, noi vogliamo che un numero maggiore di Paesi europei s’impegni di più a fare la propria parte, per esempio per le spese militari, rispetto a quanto dimostrato finora. Negli Stati Uniti, dopo due guerre, stiamo tentando di “snellire” la nostra macchina militare. Ma tutti insieme dobbiamo investire nelle risorse necessarie per rispondere alle eventuali minacce di oggi, e prepararci alle possibili sfide di domani».
Con gli altri leader europei lei discute in queste ore del tema delle sanzioni alla Russia. Che cosa dice agli alleati?
«In tutti i miei colloqui con i leader europei, il mio messaggio è che la Russia deve capire che le sue azioni in Ucraina non possono restare senza conseguenze economiche e politiche. Noi non possiamo permettere che un Paese violi la sovranità e l’integrità territoriale di altre nazioni. Non possiamo consentire ad alcun Paese di portare a compimento il progetto di incorporare parti di altre nazioni sovrane. Il diritto internazionale e i principi fondamentali su cui si basa il sistema internazionale devono pur avere un qualche significato.
«La decisione della Ue di varare sanzioni contro la Russia è stata un passo necessario. La settimana scorsa ho dato l’incarico di studiare anche misure punitive contro settori cruciali dell’economia russa. Misure che non colpiranno solo quel Paese; anzi, potrebbero avere effetto anche sull’economia mondiale. Queste non sono scelte facili. Avremmo preferito che non si arrivasse a una situazione simile, ma le azioni della Russia devono avere conseguenze. E se la Russia dovesse imboccare la via dell’escalation, noi dovremo essere pronti a farle pagare per questo un
prezzo ancora più alto».
Il vertice all’Aja è dedicato alla sicurezza nucleare: qual è oggi il ruolo delle armi atomiche?
«Nel mondo c’è ancora troppo materiale nucleare che può cadere nelle mani sbagliate. Quanto alle armi atomiche, io come presidente ho ridotto il nostro arsenale, insieme al loro ruolo nella nostra strategia di sicurezza nazionale. Ho anche lanciato alla comunità internazionale l’appello a impegnarsi nell’obiettivo di costruire un mondo senza armi nucleari.
«La Nato – con tutti i suoi ventotto componenti – ha riconosciuto che nelle circostanze attuali la possibilità che si debba ricorrere alle armi nucleari è molto inverosimile. Allo stesso tempo, però, noi come comunità di alleati abbiamo stabilito tutti assieme la necessità di conservare un deterrente nucleare, che sia potente e credibile, finché esisteranno le armi atomiche. Perciò la Nato resta un’alleanza nucleare. In simultanea e con lo stesso impegno con cui tentiamo di creare le premesse per una continua riduzione delle armi nucleari, dobbiamo preoccuparci di garantire che il deterrente nucleare della Nato resti sicuro, affidabile ed efficace».
Lei comunque dà il primato alla diplomazia. Sullo sfondo del conflitto sull’Ucraina con Mosca, quali soluzioni diplomatiche saranno possibili sui dossier Iran, Siria, Israele e Palestina, nei quali la Russia ha un ruolo-chiave?
«Io non m’illudo, e so quanto tutto ciò sia difficile. Forse non ci riusciremo. Ma è nostra responsabilità tentare queste vie diplomatiche. Anche adesso che tutto sembra muoversi attorno all’Ucraina, io so bene che è la Russia ad avere in pugno la questione dell’Iran, se cioè Teheran si doterà di armi atomiche. Ed è molto problematico il fatto che il regime siriano di Assad, grazie al sostegno russo, è meno disposto a negoziare seriamente. L’abbiamo sottolineato più volte: nessuno – nemmeno la Russia – ha interesse a che la violenza in Siria continui a destabilizzare il Medio Oriente».
(© De Volkskrant)


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