Resa dei conti a Majdan: ucciso un capo di Settore Destro

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Resa dei conti: l’alleanza che rese vit­to­riose le forze attual­mente al governo in Ucraina, comin­cia a dare chiari segnali di cedi­mento: le forze estre­mi­ste e neo­na­zi­ste di « Settore Destro », non rap­pre­sen­tate nell’esecutivo, ma che di fatto sono state la mano­va­lanza mili­tare che ha san­cito la vit­to­ria in piazza, sono in sub­bu­glio e gri­dano al ten­ta­tivo di «minare la rivoluzione».

Nella notte tra lunedì e mar­tedì è stato ucciso Olek­san­der Muzy­chko, meglio cono­sciuto come Sashko Bily («il bianco»), uno dei lea­der della for­ma­zione neo­na­zi­sta, capace di imper­ver­sare con la sua banda di cri­mi­nali a Rivne, nell’ovest del paese. Sashko è stato uno dei pro­ta­go­ni­sti di Maj­dan, capace di coman­dare i para­mi­li­tari che hanno scon­fitto i Ber­kut, deter­mi­nando la caduta dell’ex pre­si­dente Yanu­ko­vich. Era ricer­cato in Rus­sia per l’assassinio di 20 mili­tari russi durante la prima guerra in Cece­nia, dove aveva com­bat­tuto al fianco dei separatisti.

Di recente, era ricer­cato anche in Ucraina, per aver fatto irru­zione nel par­la­mento di Rivne con un kala­sh­ni­kov, minac­ciando la con­fi­sca dei beni dei depu­tati del par­tito delle regioni di Yanu­ko­vich se non aves­sero accet­tato di risar­cire i fami­liari delle vit­time della pro­te­sta di Maj­dan. Noto per la sua vio­lenza e la sua capa­cità di coman­dare un gruppo di per­sone dedite a rapine e soprusi, sarebbe stato ucciso al ter­mine di un ten­ta­tivo di arre­sto da parte delle forze di poli­zia ucraine. Il depu­tato indi­pen­dente Oles Doniy ha invece dif­fuso, via Face­book, un’altra ver­sione da quella del mini­stero degli interni: l’esponente di «Pra­vyi Sek­tor» era stato cari­cato su un’auto, dove sarebbe stato ucciso con due colpi di pistola al petto e poi get­tato per strada.

La rea­zione di « Settore Destro » è stata dura: Yarosh, il boss dei neo­na­zi­sti, can­di­dato alle pre­si­den­ziali del 25 mag­gio, ha chie­sto le dimis­sioni del mini­stro dell’interno di Kiev e ha pro­messo «vendetta».

«Non pos­siamo assi­stere in silen­zio a eventi che minano la rivo­lu­zione, ha rife­rito Yarosh, per­tanto chie­diamo le dimis­sioni imme­diate del mini­stro dell’Interno Arsen Ava­kov e l’arresto del coman­dante delle Forze Spe­ciali e di Sokol Tali in quanto col­pe­vole di omicidio».

I con­flitti interni alle forze di Maj­dan non sem­brano fer­marsi qui, per­ché ieri sono arri­vate voci circa arre­sti di espo­nenti di «Set­tore Destro» anche dal cen­tro del paese. In par­ti­co­lare il governo di Kiev ha sot­to­li­neato il cosid­detto ulti­ma­tum del mini­stro dell’interno, che obbli­ghe­rebbe i gruppi para­mi­li­tari a con­se­gnare le armi. Un dik­tat sca­duto ieri, il 25 marzo, e che legit­tima il governo ucraino a con­si­de­rare ille­gali tutti i gruppi armati.

Non meno tur­bo­lenta la situa­zione all’interno delle forze che invece hanno tro­vato posto nell’esecutivo, sfer­zate da chi è rima­sto fuori per can­di­darsi diret­ta­mente alle pre­si­den­ziali, senza voler spor­carsi le mani in que­sta fase deli­cata. L’ex pugile Kli­tschko, infatti, nei giorni scorsi ha cri­ti­cato fero­ce­mente il governo di Maj­dan, por­tando ad alcuni eventi rilevanti.

«Se non dovesse cam­biare nulla — ha spie­gato Kli­tschko -, potremmo chie­dere l’elezione di un nuovo pre­si­dente della Ver­kho­vna Rada (il par­la­mento ucraino, ndr)». Due giorni fa un mem­bro del par­tito «Udar» di Kli­tschko, Ser­ghii Kuni­tsin, si è dimesso dall’incarico di rap­pre­sen­tante del pre­si­dente ucraino in Cri­mea, cri­ti­cando aspra­mente l’operato del nuovo governo di Kiev: «L’ordine di eva­cua­zione delle nostre forze armate in Cri­mea — ha detto Kuni­tsin — è stato fir­mato solo lunedì. Ogni giorno i nostri mili­tari sono fatti pri­gio­nieri, men­tre noi non fac­ciamo che tenere discus­sioni e dibattiti».

L’immediata rispo­sta è stata la sosti­tu­zione del mini­stero della difesa, men­tre ieri anche il pre­si­dente del par­la­mento Tur­chy­nov ha pre­sen­tato le pro­prie dimis­sioni, respinte dall’organo legi­sla­tivo. Se non è una resa dei conti, esterna e interna, poco ci manca.


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