Se Francesco detta l’agenda a Obama

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Sarebbe stato dif­fi­cile imma­gi­nare i con­te­nuti dell’incontro di Obama con il papa, se Obama stesso non ne fosse stato così impres­sio­nato da dedi­care al rac­conto della sua con­ver­sa­zione con lui una parte pre­pon­de­rante della con­fe­renza stampa tenuta insieme con Renzi e delle sue rispo­ste ai gior­na­li­sti. Sarebbe stato dif­fi­cile fare con­get­ture, per­ché molte erano le que­stioni in gioco, men­tre la crisi ucraina aveva quasi del tutto invaso il viag­gio e i col­lo­qui di Obama in Europa, e men­tre da una parte della Chiesa ame­ri­cana era venuta la richie­sta che il papa aprisse il con­ten­zioso con il pre­si­dente degli Stati Uniti sulla riforma sani­ta­ria e gli altri argo­menti sen­si­bili che vanno sotto il nome di “prin­cipi non negoziabili”.

Si sapeva però che il papa non era per­sona da farsi det­tare l’agenda dagli altri, quando il suo modo stesso di fare il papa è di scom­pa­gi­nare le carte per andare al fondo delle cose e di farsi det­tare l’agenda da quella auto­rità impre­ve­di­bile e irre­fu­ta­bile che dal suo punto di vista è il Vangelo.

Sic­ché, con grande sor­presa ed emo­zione del pre­si­dente ame­ri­cano, papa Fran­ce­sco lo ha messo di fronte al pro­blema della esclu­sione dal sistema politico-economico domi­nante di grandi masse di poveri, di emar­gi­nati, di immi­grati e soprat­tutto di gio­vani che men­tre sono sem­pre più con­sa­pe­voli delle oppor­tu­nità che le nuove tec­no­lo­gie e le nuove ric­chezze pro­met­tono, sono tagliati fuori dalla spe­ranza e dal futuro. Ma non si è trat­tato della ripresa da parte del papa di suoi temi abi­tuali dinanzi a un illu­stre inter­lo­cu­tore: si è trat­tato del fatto che quell’interlocutore rap­pre­sen­tava il ver­tice del potere poli­tico eco­no­mico e finan­zia­rio mon­diale, rap­pre­sen­tava nello stesso tempo il luogo di ori­gine del pro­blema – il potere glo­bale – e il luogo del pos­si­bile avvio a una sua solu­zione, ovvero una poli­tica della soli­da­rietà e dell’inclusione con­tro la poli­tica dell’indifferenza e del cini­smo. Tanto è vero che di que­sto si è trat­tato, che i siti ame­ri­cani hanno subito lan­ciato in rete il succo dell’udienza, dicendo: “il papa ci sfida sulle que­stioni eco­no­mi­che e sociali”.

Non a caso papa Fran­ce­sco tra i suoi regali ha con­se­gnato al pre­si­dente Obama il suo mani­fe­sto pon­ti­fi­cale che va sotto il nome di “Evan­ge­lii Gau­dium”: per­ché quello che lì c’è scritto della rivo­lu­zione da appor­tare a “que­sta eco­no­mia che uccide”, alla “dit­ta­tura di una eco­no­mia senza volto e senza uno scopo vera­mente umano” poteva per la prima volta essere messo a con­fronto con la fun­zione poli­tica di uno dei mas­simi deten­tori del potere del mondo.

D’altra parte papa Fran­ce­sco aveva acqui­sito un cre­dito di gra­ti­tu­dine nei con­fronti di Obama, per­ché gli aveva impe­dito l’irreparabile errore della guerra con­tro la Siria; ed ora, oppo­nendo la sua istanza dell’inclusione alla minac­cia di Obama di “iso­lare” la Rus­sia, e coin­vol­gen­dolo in un comune impe­gno ad una solu­zione nego­ziale delle crisi inter­na­zio­nali in atto, lo aiu­tava ad uscire dalla teme­ra­ria sfida lan­ciata alla Rus­sia, e ad uscirne magari anche con molto rumore, ma senza armi.

Né del resto si è par­lato troppo della crisi della Cri­mea, segno che non è da lì che dai due inter­lo­cu­tori è indi­vi­duato il peri­colo mag­giore. Si è par­lato invece molto del Medio Oriente, della Pale­stina, di Israele, della Libia, del Libano, della Siria, dell’America Latina, tutti luo­ghi in cui ci sono situa­zioni di grandi sof­fe­renze e ci sono anche pro­blemi di tutela delle mino­ranze religiose.

Ed è signi­fi­ca­tivo che pro­prio ieri, nel pro­gramma del viag­gio del papa in Terra Santa, è stato pub­bli­cato che il primo suo incon­tro, dopo quello coi reali di Gior­da­nia, sarà con il Pre­si­dente dello Stato di Pale­stina a Betlemme; ed è scritto pro­prio così: Stato di Palestina.

Di fronte a tutte que­ste situa­zioni di dolore e di crisi l’atteggiamento che il papa ha sug­ge­rito, e che Obama, col­pito anche come cri­stiano, ha mostrato di acco­gliere, è stato quello dell’ “empa­tia”: cioè entrare nella sof­fe­renza degli altri, essere al ser­vi­zio degli altri. Si potrebbe dire che que­sto non è un atteg­gia­mento di un capo di Stato. Ma allora che ci andrebbe a fare a par­lare col papa?


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