Missili, aerei e gas per Pechino Putin lancia l’operazione Asia

Missili, aerei e gas per Pechino Putin lancia l’operazione Asia

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SE L’EUROPA diventa ostile, non resta che voltarsi dall’altra parte e puntare su terre lontane settemila chilometri e sedici giorni di treno; confortato dai suoi più stretti consiglieri economici, Vladimir Putin ha deciso di rispolverare un antico progetto spesso vagheggiato ma mai affrontato concretamente: orientare verso Est interessi e attenzioni del Paese più grande del Mondo eternamente in bilico dai tempi degli Zar tra Oriente e Occidente.
Le prime mosse non potevano che essere in campo militare. Putin ha dato il suo personale assenso alla vendita alla Cina dei sofisticatissimi sistemi missilistici anti aerei S-400, orgoglio della industria bellica russa e ritenuti finora segretissimi. E contemporaneamente ha incentivato la produzione di aerei militari da combattimento che dovrebbero invadere il mercato asiatico battendo ogni concorrenza nelle vendite a Cina, India, Malesia.
Ma c’è di più. Sempre su diretta iniziativa del presidente, il governo è già all’opera per una sorta di trasloco epocale che trasferisca nella lontana Vladivostok, o comunque nell’Estremo Oriente russo, gli uffici e i capitali sociali delle più grandi compagnie del settore energetico come Gazprom, Transneft, Rus Ghidro. «Non c’è altra scelta — dicono nello staff del Cremlino — visto le reazioni di Usa e Ue sulla crisi ucraina». E come sintetizza brutalmente uno dei più legati al presidente: «È giunto il momento di cambiare direzione ai nostri tubi e puntarli verso clienti meno riottosi ».
Le minacce, le sanzioni, le liste nere promulgate tra Ue e Usa di personaggi legatissimi al potere e al business (anche personale) di Putin, hanno dato un impulso nuovo a quella che era sempre stata una tentazione latente dibattuta da economisti e sociologi. La Russia si estende per la maggior parte del suo sconfinato territorio in Asia, ma solo cinque milioni tra i suoi oltre 140 milioni di abitanti vive da quella parte degli Urali. Una contraddizione e un ritardo che sono stati evidenti qualche anno fa davanti alla politica aggressiva delle Tigri asiatiche. «Se non riusciamo a valorizzare il nostro Oriente, tanto vale che ci mettiamo tutti a studiare il
cinese e il coreano», aveva sbottato appena l’anno scorso Vladimir Putin nell’ennesima inconcludente riunione sul “progetto Asia”.
Ma adesso c’è uno stimolo impellente. Le vaghe ma non troppo minacce di Obama di abbattere grazie alla fornitura di gas americano le richieste europee di gas russo, sono solo una parte del problema. Convinto di essere circon-
dato — dai paesi baltici fino alla Romania — da uno schieramento non amichevole della Nato, Putin ha vissuto la rivoluzione ucraina come un colpo diretto alla sicurezza della Russia. Per questo intende adesso recuperare al più presto i rapporti con i vicini asiatici, offrire loro armi, petrolio, gas naturale, contenere le politiche aggressive subite fino a questo punto.
Per farlo deve provare a “riempire” il vuoto smisurato che la Russia soffre ad Est dove si estendono, gelide e deserte, terre che furono di Gulag e di deportati e che adesso sono sfruttate da oleodotti e impianti di trivellazione realizzati senza alcun progetto alternativo al puro sfruttamento.
Per questo ieri ha praticamente deciso di ordinare il trasferimento delle grandi aziende. Servirà immediatamente a fa riversare sulle amministrazioni locali e regionali quel fiume di denaro di tasse che per il momento vengono tutte pagate a Mosca. Lo scopo è investire in infrastrutture, raddoppiare e modernizzare la vecchia, romantica ma superata, Transiberiana, realizzare città abitabili e con un minimo di appeal e non più solamente dormitori per “trivellatori” super pagati che aspettano solo la scadenza dei loro ricchi contratti per tornare alla civiltà. Servirà, sperano al Cremlino, per contrastare soprattutto i cinesi che già costruiscono lungo il confine città “chiavi in mano” da minimo un milione di abitanti a un ritmo impressionante. Il sogno, nemmeno troppo nascosto, è di acquisire potenza economica e militare in un Continente per troppo tempo trascurato. La Cina, un tempo rivale e adesso nuovamente aperta al dialogo, ha fame di energia e di materiale bellico di precisione. Le cose di cui la Russia ha maggiore disponibilità di ogni altro e che conta di usare come arma vincente in questa sua impresa.
Qualcuno, forse, prende le cose con troppo entusiasmo, come Sergej Koronov, docente alla scuola superiore di economia: «Trasferiamo temporaneamente la capitale a Vladivostok e prepariamo una Nuova Mosca nel cuore dell’Asia al confine con la Mongolia. Quello è il nostro futuro ». Putin ha idee più contenute ma forse perfino più ambiziose: trasferire molta influenza e interessi economici a Est senza perdere del tutto l’influenza sull’Europa giocando su un doppio binario che gli consenta di trasformare la Russia in una vera Potenza Transcontinentale.


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