Pollard libero in cambio di prigionieri palestinesi

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John Kerry torna oggi a Ramal­lah per un incon­tro con il pre­si­dente pale­sti­nese, Abu Mazen, rite­nuto “deci­sivo” per le sorti del nego­ziato, sul punto di fal­lire, che gli ame­ri­cani vor­reb­bero esten­dere oltre la data limite del 29 aprile. E come era acca­duto già tante volte nei mesi scorsi, il governo di Benya­min Neta­nyahu ha deciso di accom­pa­gnare il nuovo ten­ta­tivo del Segre­ta­rio di stato per tenere in pista i col­lo­qui, con l’annuncio della costru­zione nei Ter­ri­tori occu­pati pale­sti­nesi di altre case per coloni israe­liani. Ieri Israele ha indetto una gara d’appalto per la costru­zione di 708 case a Gilo, un inse­dia­mento ebraico nella zona araba di Geru­sa­lemme. «Si tratta del rin­novo di una gara indetta nel mese di ago­sto e che non aveva tro­vato acqui­renti», ha spie­gato un por­ta­voce della ong israe­liana “Peace Now” che si occupa del moni­to­rag­gio della colo­niz­za­zione. L’annuncio crea nuova forte ten­sione men­tre Abu Mazen è chia­mato a pren­dere una deci­sione estre­ma­mente dif­fi­cile e insi­diosa per i diritti dei palestinesi.

Secondo il quo­ti­diano Haa­retz, nell’incontro avve­nuto ieri tra Kerry e Neta­nyahu, Israele e Usa avreb­bero tro­vato un’intesa in cin­que punti per il pro­lun­ga­mento delle trat­ta­tive di pace: 1) Abu Mazen deve accet­tare l’estensione dei col­lo­qui fino al 2015 e in que­sto arco di tempo non potrà pre­sen­tare l’adesione dello Stato di Pale­stina alle agen­zie dell’Onu e denun­ciare l’occupazione israe­liana nelle corti inter­na­zio­nali; 2) Gli Usa libe­re­ranno dopo quasi tre decenni la spia Jona­than Pol­lard, un cit­ta­dino ame­ri­cano di ori­gine ebraica al ser­vi­zio di Israele; 3) Tel Aviv rila­scerà l’ultima tran­che di pri­gio­nieri poli­tici (tra quali 14 pale­sti­nesi con cit­ta­di­nanza israe­liana) fis­sata dagli accordi siglati lo scorso luglio alla ripresa dei nego­ziati; 4) Neta­nyahu libe­rerà altri 400 dete­nuti pale­sti­nesi ai quali sono rima­sti da scon­tare pochi mesi di pri­gione; 5) Israele si impe­gna a un “con­ge­la­mento” limi­tato, e solo per otto mesi, della colo­niz­za­zione nei Ter­ri­tori occu­pati, ad ecce­zione di Geru­sa­lemme Est.

Dovesse andare in porto la libe­ra­zione di Pol­lard, dive­nuto una icona della destra israe­liana e del quale Israele chiede il rila­scio da lungo tempo, per Neta­nyahu sarebbe un impor­tante suc­cesso poli­tico e diplo­ma­tico, desti­nato a por­tar­gli altri con­sensi. La spia è vista come un “mar­tire” da molti israe­liani e nel corso degli ultimi anni sono state avviate nume­rose cam­pa­gne in suo soste­gno. Pol­lard però potrà essere libe­rato solo con l’approvazione di Barack Obama che in pas­sato ha boc­ciato l’idea in diverse occa­sioni. L’Intelligence ame­ri­cana si oppone al rila­scio alla luce della gravi respon­sa­bi­lità di Pol­lard che a metà degli anni Ottanta passò infor­ma­zioni di ecce­zio­nale impor­tanza a Israele sulle atti­vità di sor­ve­glianza del suo prin­ci­pale alleato, gli Stati Uniti. Tel Aviv peral­tro lo sca­ricò non appena fu sco­perto dal con­tro­spio­nag­gio ame­ri­cano. Pol­lard cercò di rifu­giarsi nell’ambasciata israe­liana ma le porte della sede diplo­ma­tica del Paese che, disse, aveva ser­vito con amore e pas­sione, rima­sero chiuse di fronte a lui.

La pos­si­bi­lità che Pol­lard ora torni in libertà e fac­cia un ingresso trion­fale in Israele, accolto come un eroe da Neta­nyahu nono­stante il suo tra­di­mento degli Usa, con­ferma la deter­mi­na­zione dell’Amministrazione Obama di evi­tare il fal­li­mento della sua media­zione tra israe­liani e pale­sti­nesi, nono­stante sino ad oggi non sia ser­vita ad accor­ciare le dif­fe­renze enormi tra le due parti. Anzi, a ben guar­dare, ha finito per allar­garle, se ti tiene conto della vio­lenza delle accuse reci­pro­che. Il para­dosso è che Pol­lard potrebbe rifiu­tare la libe­ra­zione per­chè “diso­no­re­vole”, in quanto con­di­zio­nata alla scar­ce­ra­zione da parte di Israele di pri­gio­nieri poli­tici palestinesi.


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