Sette milioni di pensionati sotto i mille euro

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ATENE — «Voglio rassicurare tutti: il provvedimento sarà attuato in tempo e i risultati si avranno in tempo»: il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan risponde così ai timori rimbalzati dall’Italia su possibili ritardi del taglio del cuneo fiscale che consentirà ai lavoratori che guadagnano fino a 1.500 euro al mese di avere in busta paga, sin dal prossimo maggio, 80 euro netti in più. Padoan accenna agli impegni che lo aspettano a Roma, al termine della riunione dell’Ecofin in cui i ministri economici e i governatori delle Banche centrali hanno analizzato le prospettive economiche, gli interventi da realizzare per favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese e il processo di avvicinamento verso l’Unione bancaria. Una riunione, quella greca, in cui ha preso anche forma un asse Italia-Francia unite nel chiedere all’Europa — che sembra far muro — un allentamento dei vincoli di bilancio. Un asse che comunque Padoan sdrammatizza sostenendo di non vederlo perché l’Italia non è sotto procedura per deficit pubblico eccessivo, mentre altri Paesi come la Francia lo sono e «noi difenderemo i risultati di bilancio acquisiti e andremo avanti con le riforme che accelerano la crescita e producono effetti sulla creazione di posti di lavoro».
Il ministro dell’Economia, si sofferma ancora sugli impegni italiani, il Def (Documento economico-finanziario) innanzitutto che dovrebbe essere presentato martedì prossimo. «Il tempo a disposizione è breve ma stiamo lavorando a pieno ritmo» dice, glissando poi sullo spinoso tema della spending review sulle pensioni. «Le pensioni non si toccano», ripete citando le affermazioni del presidente del Consiglio, Matteo Renzi e chiarendo subito dopo che il dossier non è stato ancora discusso, e che ci sono da esaminare i dettagli. Le parole di Padoan rassicurano in una giornata in cui l’Istat ha tolto il velo sulla fotografia della previdenza: secondo l’Istituto di statistica, che il ministro sarebbe dovuto andare a presiedere e che ancora è in attesa di una guida, quattro pensionati su 10, ossia il 42,6% del totale (poco più di 7 milioni di persone) percepiscono meno di 1.000 euro al mese; una percentuale di poco inferiore, il 38,7% percepisce tra 1.000 e 2.000 euro e il 13,2% tra 2.000 e 3.000 euro, ovviamente tutto al lordo. Solo il 4,2% dei pensionati può contare su un assegno mensile tra i 3.000 e 5.000 euro mentre rappresentano l’1,3%, circa 200 mila persone, coloro che percepiscono un importo superiore a 5.000 euro. Esigua infine, lo 0,1%, poco più di 11.600 persone, la quota di chi riceve un assegno di 10 mila euro. Nel nuovo rapporto dell’Istat emerge poi che le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati e percepiscono assegni di importo medio pari a 13.569 euro (contro i 19.395 degli uomini); oltre la metà delle donne (52,0%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (32,2%) degli uomini. Il 47,8% delle pensioni è erogato al Nord, il 20,5% nelle regioni del Centro e il restante 31,7% nel Mezzogiorno. Il reddito medio dei nuovi pensionati (14.068 euro), cioè quelli usciti dal lavoro nel 2011, è inferiore a quello dei vecchi (16.403). Il 26,5% dei pensionati ha meno di 65 anni, il 50% ha un’età compresa tra 65 e 79 anni, il 23,5% ha più di 80.
Si inserisce nel quadro previdenziale, «ma non ne mette in discussione gli equilibri», la staffetta generazionale nella Pubblica amministrazione, proposta dal ministro per la Semplificazione Maria Anna Madia. L’operazione, ha spiegato ieri in Parlamento il ministro, «garantirebbe da un lato una forte iniezione di indispensabile rinnovamento, dall’altro un risparmio complessivo per le casse dello Stato, dato dalla differenza tra gli stipendi attualmente pagati e quelli dei neoassunti, al netto della spesa per le pensioni erogate in anticipo». La Ragioneria però non sembra condividere la neutralità della proposta di Madia che al contrario «avrebbe un costo perché lo Stato dovrebbe pagare una pensione, uno stipendio, gli effetti del prepensionamento e la buonuscita», come ha affermato sempre nel corso di un’audizione parlamentare l’ispettore generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato, Francesco Massicci.
Stefania Tamburello



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