Rafforzarsi sulle debolezze altrui Renzi – Valls, le strategie parallele

Rafforzarsi sulle debolezze altrui Renzi – Valls, le strategie parallele

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La coppia Valls – Renzi conferma la regola che in politica due più due non fa quasi mai quattro. Il carisma dei due premier, l’interesse creato dalla loro improvvisa salita al potere, e probabilmente il clima da ultima spiaggia — sia nei rispettivi Paesi, sia nei rispettivi schieramenti — hanno suscitato aspettative e speranze ben oltre cambiamenti ancora poco percepiti e risultati non ancora ottenuti.
Questo effetto dinamico ed emozionale, che conta in politica e può contare anche in economia, è la conseguenza di circostanze eccezionali e, probabilmente, di un percorso politico piuttosto simile.
Sia Renzi, sia Valls, prima che nel partito, si sono accreditati nell’opinione pubblica facendo molto bene il mestiere di sindaco, a contatto con problemi concreti e immediati dei cittadini. Da bravi comunicatori, hanno fiutato il vento, non hanno avuto paura di dire verità scomode e di non considerare più come bestemmie i concetti di ordine pubblico, meritocrazia, competitività, riforme sistemiche. Concetti e valori sui quali, soprattutto in Francia, le ambiguità di una parte della sinistra non sono state ancora spazzate via.
Per questo, sia Renzi, sia Valls, devono fare i conti con un po’ di zavorra interna, ma proprio per questo entrambi seducono una parte dell’elettorato moderato. Il presidente Hollande ha affidato l’incarico a Valls nella speranza di risalire la china dopo la pesante sconfitta alle amministrative, ma soprattutto perché l’ex ministro degli Interni è la sola personalità della gauche francese che potrebbe finalmente imboccare la strada delle riforme strutturali di cui il Paese ha disperatamente bisogno. Renzi ha conquistato partito e poltrona di primo ministro in circostanze analoghe.
Valls è anche un anello della strategia un po’ cinica di Hollande per riconquistare l’Eliseo. Recuperare l’elettorato moderato, lasciare che il Fronte nazionale cresca, faccia concorrenza ai gollisti e arrivi al secondo turno. A quel punto, la rielezione sarebbe scontata. Anche Renzi gioca sulla divisione della destra e sulla concorrenza dei grillini nella galassia dell’elettorato moderato, populista, euroscettico.
Entrambi sono forti in quanto sommano a proprio vantaggio le debolezze degli altri, dei nemici esterni e degli avversari interni. È un fatto che nessuno, tranne forse il Fronte nazionale in Francia o i grillini in Italia, avrebbe oggi interesse alle elezioni anticipate.
Sui ritratti personali si possono cogliere molte analogie e differenze. Una vaga somiglianza fisica, stesso taglio di capelli, abiti scuri, cravatte in tinta unita. Stesso sorriso a denti aguzzi, per dirla con Crozza. Uno laico e divorziato, l’altro cattolico e sposato. Ma contano di più le affinità politiche del momento, pur avendo avuto una formazione politica diversa.
Entrambi si sono prefissi l’obiettivo di correggere il patto di Stabilità e di convincere Angela Merkel a correggere la politica del rigore e dell’austerità finanziaria, di cui, a conti fatti, ha beneficiato la Germania, penalizzando tutti gli altri. L’asse franco-italiano, con sponda britannica, potrebbe in effetti produrre qualche risultato, anche perché qualche cosa in questa direzione sembra muoversi anche a Berlino. Anche la Germania ha bisogno di crescere e di aumentare il potere d’acquisto dei tedeschi.
Questa intesa delle due Emme, fra Matteo e Manuel, potrebbe avere successo, anche perché trova qualche ascolto nella Spd tedesca. Molto, naturalmente, dipenderà dall’esito delle elezioni europee.
Le Monde ha parlato di «asse dei cattivi scolari», o se si preferisce, asse dei deboli. Ma occorre ricordare che l’intesa in ambito europeo fra i due leader non annulla le differenze economiche e finanziarie dei due Paesi. La Francia, chiedendo di ritardare l’obiettivo del 3 per cento, sembra tendere, come già altre volte in passato, a dilazionare gli impegni per affrontare con più calma problemi strutturali ed evitare provvedimenti impopolari che peserebbero fra l’altro sulle sorti elettorali del presidente. L’Italia ha già raggiunto il traguardo del risanamento della spesa corrente e ha in parte già avviato alcune riforme importanti, ma i sacrifici imposti al Paese non hanno risolto, bensì aggravato il problema del debito pubblico, molto più pesante che in Francia. In sostanza, la Francia spende troppo e vorrebbe continuare a spendere. L’Italia ha fatto i compiti ma ha bisogno di ossigeno per crescere.
Se l’intesa Renzi-Valls servisse a promuovere una politica europea più orientata alla crescita ben venga. Se fosse una scorciatoia per non rispettare i patti, a trarne vantaggio sarebbe — forse — la Francia. A farne le spese, di sicuro, l’Italia.


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