Aldo Braibanti, scrivere come mestiere di vita

Aldo Braibanti, scrivere come mestiere di vita

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Aldo Braibanti se n’è andato senza cla­more, così come aveva vis­suto per anni, con orgo­glio e dignità, lon­tano dall’attenzione media­tica in una soli­tu­dine cer­cata e subita. Non voleva com­me­mo­ra­zioni, necro­logi, omaggi; soprat­tutto non voleva retorica.

Eppure, a caldo, la sua scom­parsa rim­bomba come un tuono, e per chi gli è stato vicino, è dif­fi­cile esi­mersi da alcune brevi considerazioni.

Aldo Braibanti (1922 — 2014) è stato una «pre­senza» costante nella cul­tura ita­liana, del dopo­guerra, eppure il suo lavoro è pres­so­ché sconosciuto.

Nono­stante la sua voca­zione cosmo­po­lita, la sto­ria di Brai­banti è una sto­ria tutta ita­liana. Il suo per­corso intel­let­tuale si con­suma sullo sfondo di una pre­coce ribel­lione al fasci­smo; la par­te­ci­pa­zione alla Resi­stenza; l’adesione e suc­ces­sivo allon­ta­na­mento al par­tito comu­ni­sta; l’esplorazione a 360 gradi dei lin­guaggi poe­tici e scien­ti­fici, fino all’approdo all’ecologia — capi­tolo con­clu­sivo di un per­corso liber­ta­rio — intesa come sub­strato fon­da­men­tale di ogni ricerca. Ma la sua voca­zione pro­fonda, il suo «mestiere di vivere» è la scrit­tura, con­ce­pita come labo­ra­to­rio di pensiero.

Braibanti non ha mai voluto par­te­ci­pare al circo dell’industria cul­tu­rale, dei premi e della pro­mo­zione per­so­nale. Non ha seguito trend e mode, piut­to­sto non ha mai smesso di pro­durre poe­sie, col­lage, spet­ta­coli tea­trali, radio­drammi, sce­neg­gia­ture cine­ma­to­gra­fi­che, prose d’arte e testi filo­so­fici. Attra­verso iro­nia e maieu­tica, ha cer­cato e tro­vato com­pa­gni di strada per ognuno dei suoi tanti pro­getti: unico requi­sito, la dispo­ni­bi­lità totale all’avventura intellettuale.

Braibanti non è stato il primo o l’unico intel­let­tuale ita­liano non alli­neato, sco­modo e estra­neo ai mec­ca­ni­smi del potere. Quello che sor­prende è la sua simul­ta­nea pre­senza (tutti sanno di lui) e la non col­lo­ca­bi­lità cul­tu­rale del suo lavoro.

Qua­ran­ta­sei anni fa Pier Paolo Paso­lini, che non cono­sceva Braibanti per­so­nal­mente, ma esclu­si­va­mente attra­verso la sua opera, lo descri­veva con parole che ci piace ricor­dare: «Se c’è un uomo ‘mite’ nel senso più puro del ter­mine, que­sto è Braibanti: egli non si è appog­giato mai a niente e a nes­suno (…) Braibanti è un caso di intel­let­tuale che ha rifiu­tato pre­co­ce­mente l’autorità che gli sarebbe pro­ve­nuta dall’essere uno scrit­tore creato dall’industria cul­tu­rale comu­ni­sta; e ha poi rifiu­tato ‚natu­ral­mente l’autorità di uno scrit­tore creato dall’industria cul­tu­rale […]La sua pre­senza nella let­te­ra­tura è sem­pre stata intel­li­gente, discreta, priva di vanità, inca­pace di invadenze».

Aldo Braibanti non è stato capito. Sco­pria­molo da oggi. Le sue opere, lumi­nose, aspet­tano solo di essere lette. È venuto il momento.



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