Ucraina, prove di guerra civile Kiev manda le forze speciali

Ucraina, prove di guerra civile Kiev manda le forze speciali

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MOSCA — La tensione non diminuisce nelle regioni orientali dell’ Ucraina dove separatisti armati sono asserragliati in edifici pubblici di due città. E questo porta Stati Uniti e Russia a un inasprimento dei toni mentre alcuni Paesi europei, come la Francia, tentano di gettare acqua sul fuoco.
Il segretario di Stato John Kerry ieri è stato durissimo, accusando Mosca di aver pagato i separatisti e di aver fomentato i disordini «in un illegale e illegittimo sforzo di destabilizzare uno Stato sovrano». Insomma, come dicono anche le autorità di Kiev, Vladimir Putin starebbe ripetendo la tattica adoperata in Crimea: qualche centinaio di separatisti che dichiarano la Repubblica indipendente del Donbass e chiedono un referendum sull’annessione alla Russia; quindi l’intervento delle truppe ammassate da settimane alla frontiera con l’Ucraina.
Ma questa volta Mosca verrebbe chiamata a pagare un prezzo molto alto, secondo quanto ha detto Kerry al Senato americano. Usa ed Europa sarebbero d’accordo su nuove sanzioni che colpirebbero il settore energetico, quello bancario e quello minerario. La Nato e il Pentagono intanto sostengono questa posizione parlando di rafforzamento dell’apparato difensivo e di possibile invio di nuove truppe Usa in Europa, dopo vent’anni di continue riduzioni.
Nei prossimi giorni, comunque, è previsto un incontro che potrebbe riportare in primo piano la diplomazia. Infatti Kerry dovrebbe incontrarsi con il suo omologo russo Sergej Lavrov, con un rappresentante europeo e con le autorità ucraine. Mosca preme perché anche le regioni dell’Est abbiano una voce in capitolo nella discussione sulle riforme costituzionali che Kiev ha in programma. Da un lato si tratta di una richiesta comprensibile, visto che nella capitale ucraina oramai la parte russofona del Paese non è più rappresentata dopo la fuga dell’ex presidente Viktor Yanukovich. Dall’altro potrebbe essere un tentativo di accreditare l’Est come entità politica autonoma.
Per la ripresa del dialogo spingono anche diversi Paesi europei, tra i quali Italia, Germania e Francia. Il presidente François Hollande ha lanciato un appello «a evitare tutte le azioni, dirette o indirette, suscettibili di alimentare le tensioni». Certamente un invito alla Russia che ha solo finto di ridurre il contingente militare schierato, ma anche probabilmente una richiesta a Washington di abbassare i toni. Quei toni che Mosca giudica «da Guerra fredda».
Le occupazioni a Kharkiv, Luhansk e Donetsk sono partite mentre a Kiev si dissolveva il partito delle Regioni, quello che di fronte alle divisioni fra i pro-occidentali era riuscito a far eleggere Yanukovich nelle ultime presidenziali. Oggi l’Est del Paese non ha la capacità di imporre un suo candidato, anche perché gli oligarchi che controllano l’economia sono a loro volta spaccati. Così è iniziata l’azione degli indipendentisti.
Dopo la liberazione da parte delle autorità di edifici pubblici in due delle tre città, ieri Kiev ha accusato gli uomini asserragliati nella sede dei servizi segreti a Luhansk di aver minato l’edificio e di trattenere contro la loro volontà 60 ostaggi. Ma gli indipendentisti hanno negato con forza: «Non ne abbiamo bisogno». Ora si attende la prossima mossa di Mosca, che potrebbe riguardare le forniture di gas all’Ucraina. Putin ha convocato una riunione con i suoi fedelissimi per decidere su questo punto. Non è escluso un nuovo taglio del metano.
Fabrizio Dragosei


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