Unasur, in Venezuela conclusi i primi accordi di pace tra governo e opposizione

Unasur, in Venezuela conclusi i primi accordi di pace tra governo e opposizione

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In Venezuela, la Una­sur ha con­cluso i primi accordi di pace tra governo e oppo­si­zione. Lo ha comu­ni­cato il mini­stro degli Esteri ecua­do­riano Ricardo Patiño, rap­pre­sen­tante della mis­sione regio­nale, al ter­mine del secondo incon­tro fra le parti. «Non cre­devo che in sole tre ore fosse pos­si­bile avan­zare in modo tanto signi­fi­ca­tivo nei dia­lo­ghi di pace. Glo­ria al bravo pue­blo», ha scritto Patiño in twit­ter ripren­dendo la prima frase dell’inno nazio­nale vene­zue­lano («Glo­ria al bravo pue­blo che el yugo lanzó…»). I rap­pre­sen­tanti di Una­sur (per l’occasione Bra­sile, Colom­bia e Ecua­dor) hanno viag­giato una prima volta in Venezuela il 25 e il 27 marzo scorso e si sono incon­trati con diversi set­tori sociali: governo, oppo­si­zione, stu­denti, auto­rità eco­no­mi­che ed eccle­sia­sti­che (il Vati­cano è a sua volta media­tore nel conflitto).

Il primo punto di coin­ci­denza tra le parti si è otte­nuto nella «con­danna reci­proca della vio­lenza e nell’impegno a rispet­tare la costi­tu­zione» come base per i pros­simi accordi. Una scon­fes­sione, di fatto, di quelle parti oltran­zi­ste dell’opposizione che chie­dono “la salida”, la rinun­cia a furor di piazza del pre­si­dente Nico­las Maduro. Per rimuo­vere un capo di stato o altri rap­pre­sen­tanti eletti demo­cra­ti­ca­mente, esi­ste la pos­si­bi­lità di rac­co­gliere le firme e con­vo­care un refe­ren­dum, a metà man­dato. E que­sto, nel caso di Maduro, eletto un anno fa fino al 2019, è pos­si­bile farlo nel 2016. Nel frat­tempo, nel 2015 si svol­ge­ranno le ele­zioni parlamentari.

Un altro accordo è stato rag­giunto per la messa in campo di una Com­mis­sione per la verità che fac­cia luce sui fatti vio­lenti veri­fi­ca­tasi durante le pro­te­ste con­tro il governo, ini­ziate a San Cri­sto­bal (capi­tale dello stato Tachira) il 4 feb­braio e cul­mi­nate nella mani­fe­sta­zione del 12 a Cara­cas. Da allora, ci sono stati 41 morti e 674 feriti. Circa 2.000 per­sone sono state arre­state, e in car­cere ne riman­gono 175. Il governo ha messo sotto inchie­sta 97 espo­nenti della Forza armata e della poli­zia, denun­ciati dai mani­fe­stanti per “mal­trat­ta­menti e tor­tura”: ma sono solo “una pic­cola parte dei quasi 100.000 mili­tari che stanno difen­dendo il governo da un ten­ta­tivo di golpe”, ha detto il gene­rale Vla­di­mir Padrino, capo del Comando stra­te­gico operativo.

Si è tro­vato un accordo anche sulle nomine di nuovi rap­pre­sen­tanti dei poteri pub­blici, dal Con­sejo nacio­nal elec­to­ral (Cne), al Tri­bu­nal supremo de justi­cia (Tsj), al Con­tra­lo­ria gene­ral, le cui mas­sime cari­che sono da rin­no­vare. L’opposizione cerca, anche per que­sta via, di garan­tirsi più spa­zio di potere chie­dendo la pre­senza di figure “neu­trali”: cosa assai impro­ba­bile in un paese alta­mente poli­ti­ciz­zato come il Venezuela. E vale ricor­dare che, durante le con­te­sta­zioni del voto, seguite all’elezione di Maduro il 14 aprile del 2013, l’unico a pren­dere posi­zione pub­blica, dichia­ra­ta­mente a favore di Capri­les, è stato uno dei ret­tori del Cne, Vin­cente Diaz. La pre­si­dente, Tibi­say Lucena (la cui casa è stata attac­cata dagli oltran­zi­sti nelle vio­lenze post-elettorali), si è limi­tata a comu­ni­care i risul­tati del lavoro, aval­lati da tutti gli osser­va­tori internazionali.

La Costi­tu­zione vene­zue­lana sta­bi­li­sce che tre dei cin­que com­po­nenti il Cne pro­ven­gano dalla società civile, gli altri sono nomi­nati dal par­la­mento, in cui il cha­vi­smo ha la mag­gio­ranza.
L’opposizione ha chie­sto un’amnistia gene­rale per tutti gli arre­stati, il rien­tro dei ricer­cati, che defi­ni­sce “esuli”, e il “disarmo dei col­let­tivi” che appog­giano il governo. Luiz Alberto Figue­reido, mini­stro degli Esteri bra­si­liano, della mis­sione Una­sur, ha spie­gato: “Par­lare di amni­stia è pre­ma­turo, ma c’è la volontà del governo a esa­mi­nare le deten­zioni caso per caso, ed entrambe le parti con­cor­dano che chi abbia cau­sato morti, com­messo delitti, resti in car­cere”. In que­sto qua­dro, si è deciso di affi­dare a una equipe di medici il com­pito di sta­bi­lire le con­di­zioni di salute di Ivan Simonovis.

L’ex com­mis­sa­rio era segre­ta­rio alla Sicu­rezza cit­ta­dina dell’Alcaldia metro­po­li­tana di Cara­cas nell’aprile del 2002, durante il colpo di stato con­tro Hugo Cha­vez. E’ stato con­dan­nato per delitti di lesa uma­nità per le sue respon­sa­bi­lità nel mas­sa­cro di Puente Lla­guno, in cui diversi cit­ta­dini di oppo­ste fazioni cad­dero per gli spari di cec­chini appo­stati negli edi­fici vicini al palazzo Mira­flo­res, sede del governo. Si ascol­te­ranno però anche le vit­time delle azioni vio­lente per­pe­trate durante il golpe del 2002. I rap­pre­sen­tanti del governo hanno anche chie­sto al car­tello di oppo­si­zione (La Mesa de la uni­dad demo­cra­tica – Mud -) di inte­grarsi alla Con­fe­renza nazio­nale per la pace in tema di eco­no­mia, a cui Una­sur assi­sterà con i suoi amba­scia­tori e non con i mini­stri degli Esteri.

Una ini­zia­tiva lan­ciata da Maduro uni­la­te­ral­mente, prima che scop­pias­sero le vio­lenze di piazza. L’esecutivo ha inol­tre appro­vato 148 pro­getti spe­ciali a 74 orga­ni­smi poli­tici e ammi­ni­stra­tivi dell’opposizione, a cui verrà desti­nato un milione di bolivar.

Accordi che si trat­terà di veri­fi­care in con­creto. La Mud è un car­roz­zone dif­fi­cil­mente rap­pre­sen­ta­bile al com­pleto. I set­tori più oltran­zi­sti non hanno accet­tato il dia­logo e con­ti­nuano a chie­dere «la salida», di Maduro e man­ten­gono in piedi le pro­te­ste nei set­tori bene­stanti del paese. Tra que­sti, il par­ti­to­Vo­lun­tad Popu­lar. Il loro lea­der, Leo­poldo Lopez, è in car­cere dal 18 feb­braio con l’accusa di asso­cia­zione a delin­quere con fina­lità di ter­ro­ri­smo. In galera anche alcuni sin­daci del suo par­tito, desti­tuiti dall’incarico (alle ele­zioni indette per mag­gio si can­di­dano le loro mogli). Della loro libe­ra­zione non si è par­lato nei col­lo­qui. Nella Mud è in atto uno scon­tro per il potere che alcuni, come Lopez e Maria Corina Machado ten­tano di gio­carsi caval­cando ten­denze gol­pi­ste vec­chie e nuove e vio­lenze di piazza.

Gli altri – i par­titi tra­di­zio­nali della IV repub­blica – vogliono ripren­dersi il campo secondo vec­chie logi­che con­so­cia­tive. Hen­ri­que Capri­les, can­di­dato per­dente con­tro Cha­vez e Maduro, tenta di rima­nere in sella, smar­can­dosi dal suo antico sodale Lopez. Assenti anche gli stu­denti «gua­rim­be­ros»: non ci sono le con­di­zioni, hanno detto. Intanto, il fil di ferro teso sulle strade di Cara­cas dalle “gua­rim­bas” (bloc­chi stra­dali di detriti e spaz­za­tura data alle fiamme) ha quasi sgoz­zato un altro pony express (diverse per­sone sono morte così). E nella parte est della capi­tale sono stati accol­tel­lati i figli di un per­so­nag­gio carat­te­ri­stico del cha­vi­smo, una signora anziana onni­pre­sente, sopran­no­mi­nata “cap­puc­cetto rosso”. Assente dai col­lo­qui soprat­tutto Maria Corina Machado, prin­ci­pale ani­ma­trice delle proteste.

La depu­tata di estrema destra è stata desti­tuita per aver accet­tato di sosti­tuire il Panama all’Organizzazione degli stati ame­ri­cani (Osa) a cui voleva chie­dere l’intervento nel suo paese. Ha con­ti­nuato però a girare, aiz­zando le destre: in Perù (su invito dello scrit­tore Var­gas Llosa), al par­la­mento bra­si­liano, e anche a quello Euro­peo. A Stra­sburgo ha dipinto un paese stroz­zato da una feroce dit­ta­tura. Il livello e la com­ples­sità della par­tita in corso in Vene­zuela si può inten­dere dal com­mento del par­tito social-cristiano Copei all’annuncio di Maduro su una pros­sima riforma tri­bu­ta­ria: “Chi più ha, più deve pagare”, ha detto il presidente.

Ma il Copei, di certo poco incline a difen­dere gli inte­ressi delle classi popo­lari, que­sta volta ha accu­sato il governo di voler attin­gere “al por­ta­fo­gli già vuoto” degli operai.


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