Governo Renzi L’occasione perduta

Governo Renzi L’occasione perduta

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TRENTASEI giorni, 22 ore e 20 minuti dopo aver annunciato «dal primo maggio mille euro netti all’anno in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 1.500 al mese», il consiglio dei Ministri di Renzi ha varato i provvedimenti che corredano le diapositive della svolta buona proiettate il 12 marzo.
TRE notti insonni dei tecnici e un presidente del Consiglio finalmente per quattro giorni di fila a Palazzo Chigi non sono bastati a far quadrare il cerchio: rispettare gli impegni molto precisi presi con i cittadini dal presidente del Consiglio quel 12 marzo e fare un’operazione razionale di riduzione delle tasse sul lavoro. Alla fine non si è riusciti a fare nessuna delle due cose. La promessa non viene mantenuta perché vengono lasciati fuori gli incapienti, quei quattro milioni di lavoratori che guadagnano meno di 8 mila euro lorde all’anno e che quindi non pagano le tasse. Contrariamente alle ipotesi circolate nei giorni scorsi, non vengono, infatti, contemplati trasferimenti (o riduzioni dei contributi sociali) per i lavoratori più poveri. Quindi non è vero che tutti i lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 1500 euro al mese vedranno gonfiarsi le proprie buste paga. Al tempo stesso 80 euro vengono effettivamente erogati in busta paga da maggio a una platea di circa 10 milioni di lavoratori: in questo Renzi è stato di parola.
Al contrario degli sgravi cosmetici cui c’eravamo abituati, lo sgravio non è impercettibile e porterà di fatto la no-tax area (quella fascia di redditi da lavoro in cui non si paga l’Irpef) ben sopra gli 11 mila euro all’anno. Purtroppo il provvedimento è congegnato in modo tale da stravolgere la struttura dell’Irpef, con aliquote marginali (quanto viene di fatto trattenuto per l’ultimo euro in più guadagnato) che passano da 30 a 80 centesimi per poi tornare attorno ai 30 centesimi. Le aliquote marginali effettive più alte riguardano una fetta tutt’altro che marginale di lavoratori, un milione di persone che hanno redditi da lavoro dipendente tra i 24 mila e i 26 mila euro.
Per queste persone l’incentivo a lavorare meglio o di più sarà molto labile perché tanto l’80 per cento dei guadagni aggiuntivi verrà loro sottratto dal fisco. E anche le modalità di erogazione del bonus sono tutt’altro che lineari (come fa a essere netto? Chi rimborserà il datore di lavoro, l’Inps o il ministero dell’Economia?). Per tutti questi motivi, un bonus così strutturato non potrà che essere provvisorio. Del resto lo stesso Renzi ha parlato di un primo passo e il governo ha rimandato alla legge di stabilità un riordino più organico della tassazione sul lavoro.
Le coperture sono per almeno un terzo una tantum . Fra queste, gli 1,8 miliardi prelevati dalle banche che hanno realizzato plusvalenze con l’operazione Banca d’Italia (a rischio contenzioso dato che operano retroattivamente) e i 600 milioni che si ottengono dall’Iva accelerando i rimborsi dei debiti commerciali della pubblica amministrazione. In realtà, in questo caso, ci si limita a spostare entrate dal 2015 al 2014. Un altro terzo del finanziamento dello sgravio (ancor di più nel 2015) viene da tagli ai consumi intermedi, allocati in modo uniforme tra amministrazioni centrali, regioni ed enti locali.
Purtroppo di tagli agli acquisti di beni e servizi sono lastricate le strade di molte Finanziarie e vengono regolarmente disattesi. Anche per questo il governo intende utilizzare una clausola di salvaguardia: se non tagliate, intervengo io con tagli ai trasferimenti. Questa decisione di demandare agli enti locali la scelta di cosa e come tagliare è la confessione del fatto che la spending review si limiterà al massimo alle amministrazioni centrali dello Stato. Si noti che il commissario Cottarelli aveva chiesto di accentrare almeno in parte le spese di acquisto di beni e servizi coinvolgendo la Consip. L’unica vera operazione da spending review è quella nel capitolo sobrietà, con il tetto ai compensi nel pubblico impiego e nelle società partecipate e i tagli alle sedi periferiche della Rai. In questi 900 milioni c’è il vero atto di coraggio di questo governo, un segno della sua capacità di andare contro interessi molto ben presidiati ai più alti livelli. C’è anche un gesto simbolico, ma non per questo meno importante, di attenzione nei confronti dei cittadini chiamati per tanti anni a pesanti sacrifici.
Speriamo che una manovra che offre da tutti i punti di vista (disegno degli sgravi e coperture) un grande senso di provvisorietà riesca lo stesso a dare la spinta all’economia di cui abbiamo terribilmente bisogno. Speriamo soprattutto che il nuovo esecutivo abbia imparato la lezione: con maggiore sistematicità si può essere molto più efficaci. Non è questione di voler andare di fretta.
Anche pedalando si riesce a pensare.


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