Il piano segreto del governo per trattare con gli Usa e tagliare la metà degli F35

Il piano segreto del governo per trattare con gli Usa e tagliare la metà degli F35

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F35, si cambia verso. Renzi vuole dimezzare il programma italiano, riducendo da 90 a 45 gli apparecchi da ordinare. Un cambiamento di rotta inimmaginabile fino a poco tempo fa, con il Quirinale, lo Stato maggiore e, soprattutto, gli Stati Uniti a premere per il rispetto degli impegni. E tuttavia ormai il dado è tratto, anche se l’ordine di sei aeroplani per il 2014 non verrà toccato. Del resto, come ha documentato recentemente l’Espresso, solo portando da 40 a 29 i velivoli acquistati entro il 2019, come già deciso, il risparmio atteso è circa di 2 miliardi di euro. Numeri che hanno convinto il premier a procedere senza indugi.
Renzi, venerdì scorso, ha usato un’espressione dai contorni ancora vaghi – «rimodulare il programma » – per indicare il nuovo orientamento maturato a palazzo Chigi sul discusso cacciabombardiere “stealth”. Una prudenza dettata dalla consapevolezza che non sarà facile sottrarsi alle pressioni dell’amministrazione americana, principale acquirente del caccia Lockheed Martin. Meno di un mese fa, nell’incontro a villa Madama, il presidente Usa – alludendo agli F35 – aveva messo in chiaro che «la libertà non è gratis», definendo «inaccettabile » che la spesa militare americana per la Nato assorba oltre il 3 per cento del Pil mentre quella europea sia ferma all’uno per cento. Un monito a non venir meno agli impegni presi, dopo la riduzione (da 131 a 90 caccia) già decisa dal governo Monti. Eppure qualcosa sulla strategia di progressivo sganciamento dal contratto F35, considerato troppo costoso e forse anche inutile per le necessità della difesa aerea italiana, inizia a filtrare dai piani alti del governo. Renzi, d’accordo con il ministro della Difesa Pinotti, intende infatti portare la discussione a livello politico direttamente a Washington. Per ricontrattare tutto.
Per ora di questi “prototipi” ne abbiamo acquistati effettivamente soltanto sei. Sono ancora in costruzione e ci lavorano negli stabilimenti Lockheed Martin/ Alenia Aermacchi di Cameri, dieci chilometri fuori Novara. È una fabbrica costruita dall’Italia con un mega investimento da oltre 800 milioni di euro per assemblare sia i nostri aerei che quelli della regia aereonautica
olandese, oltre a servire alla produzione delle ali per le commesse di tutti gli eserciti. Nei sogni della Difesa a Cameri in futuro si rivolgeranno tutti i paesi europei, oltre a Turchia e Israele, per la manutenzione dei loro F35. Al momento ci lavorano meno di duemila addetti, ma lo stabilimento, come scrive la rivista on line “Analisi Difesa”, punto di riferimento autorevole degli addetti al lavori, dato il taglio italiano e quello olandese (37 aerei
invece di 85) rischia di lavorare in perdita.
Il decreto approvato venerdì si limita invece a sforbiciare dal capitolo F35 “soltanto” 153 milioni di euro. Un’inezia. La cifra stabilita dal governo «comporterebbe la rinuncia a un F35 e qualche bullone in meno», sostengono i pacifisti di “Sbilanciamoci” e “Taglia le ali alle armi”, che chiedono la cancellazione integrale del contratto per tutti i 90 velivoli. Ma non è infatti quello che
bolle in pentola, almeno non solo. Il vero obiettivo di Renzi è tagliare la metà degli aeroplani, senza tuttavia pagare i pesanti dazi politici e commerciali che il ripensamento comporta.
Intanto, per comprendere la strategia del premier, è utile ricordare che l’acquisto di un F35 è un’operazione complessa, che si articola in vari passaggi. Ogni lotto non solo deve ricevere l’approvazione anno per anno da parte del governo e del parlamento,
ma ha una procedura che inizia due anni prima del “Buy year”, con un pre-ordine. È solo nel terzo anno, quello dell’acquisto vero e proprio, che in caso di rinuncia scattano le penali. È proprio in questo farraginoso protocollo commerciale che Renzi intende incunearsi per rallentare e poi dimezzare il maxi appalto italiano. La nuova pianificazione della Difesa, studiata da Pinotti con i generali, già prevede di ridurre il prossimo lotto di
aerei da otto a cinque. E gli americani non ne sono stati contenti: il generale Christopher Bogdan, a capo del programma Usa F35, ha dichiarato che ogni cancellazione delle commesse degli alleati provoca un incremento di costo del 2-3 per cento per il Pentagono. Prima dell’estate il governo farà uscire dai cassetti il libro bianco della Difesa, che conterrà le linee guide del nuovo modello italiano. Sarà quello il documento politico per giustificare
nuove necessità geopolitiche e dunque la riduzione degli F35.
«Andremo dagli americani spiega una fonte qualificata della Difesa – per dire loro che non ce la facciamo. Del resto la Casa Bianca ci ha lasciato a bocca asciutta con l’elicottero di Obama che avrebbe dovuto costruire la nostra Agusta Westland e non Sikorsky. Anzi, chiederemo il loro aiuto nella trattativa con la Lockheed per evitare ritorsioni». Il problema infatti è che l’azienda americana assegna il lavoro in base agli ordini firmati dal paese. E, in caso di disdetta italiana, protrebbe prosciugare le commesse affidate alla fabbrica di Cameri (e alla quarantina di aziende dell’indotto). Per questo bisogna andarci con i piedi di piombo, rallentando al massimo gli acquisti ma senza cancellarli del tutto. Ma per carità nessuno usi il verbo «tagliare». Per Renzi è «rimodulare».



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