Il primo centro per rifugiati. Diario da Gaza di Abdallah Tayeh

Il primo centro per rifugiati. Diario da Gaza di Abdallah Tayeh

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Con questi scritti di Mona Abu Sharekh, Najlaa Ataalah, Abdallah Tayeh iniziamo la pubblicazione su dirittiglobali.org di alcune pagine di diario tenute da scrittrici e scrittori di Gaza in queste settimane di attacco alla Striscia da parte di Israele. Al 5 di agosto il bilancio dell’attacco indica in 1.822 i palestinesi uccisi, tra cui 398 bambini; i feriti palestinesi sono 9.370, dei quali 2.744 bambini, 10.000 le case distrutte dai bombardamenti. Secondo l’Onu, circa 373mila bambini avranno bisogno di sostegno psicologico per i traumi relativi a questi giorni di stragi e bombardamenti. A fronte, sono 64 militari e due civili gli israeliani morti dall’inizio dell’offensiva.
Numeri tragici e nascosti, ma occorre ricordare che oltre le cifre ci sono i volti e le storie di chi è stato ucciso. Qui è possibile rintracciarli.
Nei racconti che pubblichiamo nel nostro sito, invece, è possibile conoscere frammenti di quotidianità e riflessioni di chi con la morte quotidiana e l’occupazione militare è costretto a convivere.
(a cura di orsola casagrande e sergio segio)

La guerra è iniziata senza preavviso e per pura casualità la mia casa si trova a un paio di strade dal primo centro per rifugiati messo in piedi per quelli che hanno visto le loro case distrutte nelle aree di confine. Questo centro, come molti che sono spuntati nei giorni successivi, si trova in una delle scuole che le Nazioni Unite hanno aperto a Gaza, sotto l’egida dell’agenzia UNRWA.
Durante le lunghe ore di bombardamento non lascio mai la casa. Anche se non ha molta logica questo mio stare fermo. I razzi di Israele non scelgono i loro bersagli, o così sembra, pertanto ho la stessa probabilità di venir ucciso stando in casa che per strada. Allora come so che c’è un centro rifugiati nel mio quartiere? E’ una storia semplice. Qualche giorno fa sono stato svegliato dal bussare alla porta più delicato. Quando ho aperto, mi ha salutato una ragazzina con una bottiglia di acqua in mano. Mi ha chiesto se potevo metterla in frigorifero e se poteva ritornare a prenderla più tardi, per l’iftar (l’interruzione del digiuno nel mese di Ramadan). Ho preso la bottiglia, e pochi minuti dopo che se n’era andata un altro battito alla porta e un altro bambino questa volta con due bottiglie. E’ in questo momento che mi rendo conto di abitare vicino a un centro di rifugiati.
Nel giro di poche ore una dozzina di bambini sono comparsi alla mia porta con bottiglie d’acqua sotto il braccio e il mio frigorifero è pieno all’inverosimile. Poco prima dell’iftar, ritornano tutti a riprendere ciò che è loro.
Mi chiedo se l’umanità ha una coscienza ? Come può l’Occidente rimanere immobile sapendo che i suoi bambini continuano a vivere la loro vita tranquilla e senza preoccupazioni mentre i nostri devono farsi strada tra macerie, bombe, testimoni delle loro case e delle loro famiglie lacerate ? o sono costretti ad andare porta a porta mendicando la possibilità di avere dell’acqua fredda da bere dopo una giornata caldissima di digiuno nel mese di luglio?
11 luglio 2014

Abdallah Tayeh è membro fondatore e vice presidente del Sindacato degli scrittori palestinesi e vice presidente dell’organizzazione di scrittori afro-asiatici in Palestina. I suoi articoli politici sono usciti in molte pubblicazioni arabe. E’ direttore delle riviste letterarie El Zawia e Dafater Thagafia. Ha pubblicato cinque raccolte di racconti: Who Knocks at the Door (1997), The Circles are Orange (1991), Searching is a Continuous Rhythm (1997), Waves Slipping Away (2001) and Soldiers Who Don’t Like Butterflies (2003), e cinque romanzi: Those Who Search for the Sun (1979), The Car and the Night (1982),The Prickly Pear Will Ripen Soon (1983), Faces in Hot Water (1996) e The Moon in Beit Daras (2001).



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