Assange: “Presto sarò fuori dopo due anni senza vedere il sole voglio la libertà”

Assange: “Presto sarò fuori dopo due anni senza vedere il sole voglio la libertà”

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LONDRA. VORREBBE uscire, ma è sempre chiuso lì dentro. Sono più di due anni che Julian Assange vive nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare l’estradizione in Svezia, dove lo vogliono interrogare per aggressioni sessuali: lui lo considera un biglietto di sola andata per gli Stati Uniti, verso la «persecuzione» per i file militari e diplomatici pubblicati con WikiLeaks. Sabato erano 24 mesi da quando fu dichiarato rifugiato politico da Quito. Li ha celebrati con un’intervista al Mail on Sunday . Ieri la conferenza stampa, preceduta da voci sulla sua salute: polmoni, cuore, qualcosa di grave, annunciava Sky-News , mentre filtrava una presunta richiesta dell’ambasciata di ricovero in ospedale sotto protezione diplomatica. C’era tutta la stampa internazionale, quasi assente all’ultima convocazione lo scorso 18 giugno, anniversario dell’ingresso senza status di rifugiato nell’ambasciata, nel 2012. In strada, oltre ai media, un gruppetto di attivisti e i turisti in uscita da Harrods, lì dietro l’angolo. In una sala con le finestre chiuse, interviene il ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patino, fiducioso che le recenti modifiche alla legge inglese sull’estradizione e la presenza di un nuovo ministro degli Esteri, Philip Hammond, possano aiutare. Assange, giacca grigia e camicia color ghiaccio, è pallido, invecchiato anche dai capelli lunghi e dalla barba. Quando annuncia che crede di poter uscire presto di lì, ride. Il Foreign Office farà poi sapere che nulla è cambiato: se esce, verrà estradato in Svezia.
Signor Assange, cosa può dirci della sua salute?
«Stare chiusi per oltre due anni in un luogo senza neppure un cortile, senza mai vedere il sole, non è certo sano. Sono quattro anni in realtà che non ho libertà di movimento. Chiunque avrebbe delle difficoltà, anche un carcerato ha diritto a un’ora d’aria, a poter fare degli esercizi. Io no, grazie all’ostruzionismo della Gran Bretagna. E tengo a ricordare che costo circa sei milioni e mezzo al contribuente britannico in spese di sorveglianza. In più, sono bloccato senza accuse precise contro di me. Anche questo non fa stare bene».
Qual è la strategia ora, la sua priorità? La situazione potrebbe cambiare?
«La mia priorità è avere la garanzia di un trasferimento tutelato in Ecuador. Da quel che ho capito, lascerò presto l’ambasciata. Ma non per le ragioni che dicono i media di Murdoch. Il mio caso è complesso e coinvolge la reputazione di molti Stati e molte organizzazioni. Ora le cose stanno cambiando. Nel parlamento britannico sono stati capiti gli abusi dei miei diritti e di altri estradati senza addebiti, senza accuse formali. E c’è parte del parlamento che propone un cambiamento. La cornice legale è già stata modificata e la prossima settimana dovrebbe esserci un incontro con il ministro Hammond. Forse la mia situazione cambia. Ci sono 59 organizzazioni umanitarie che si sono mosse con un documento
sugli abusi diplomatici del governo svedese. Anche lì, ci sono stati molti problemi».
Li può precisare?
«Io non sono incriminato né nel Regno Unito, né in Svezia. Sono state dette molte falsità, non sono accusato del grave crimine di stupro da nessuna donna, è stato smentito: il governo svedese, vista la mia situazione con gli Stati Uniti, ha resuscitato un problema già risolto. Non l’ho detto prima, ma ho fatto causa all’Fbi per le azioni illegali compiute contro di me, per esempio corrompendo persone, in contanti, anche in Svezia. Da anni chiedo agli svedesi di interrogarmi qui. Lo fanno normalmente, ma con me non vogliono. Quanto agli Stati Uniti, l’ultima comunicazione che ho avuto dal Dipartimento della Giustizia è del 25 aprile: le indagini su di me proseguono. Ora però tutto può cambiare. Presto sarò fuori».



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