La speculazione si scatena su Fiat -3% in Borsa, stasera scade il recesso

La speculazione si scatena su Fiat -3% in Borsa, stasera scade il recesso

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TORINO . Il d-day è arrivato. Scade questa sera la possibilità per gli azionisti Fiat di esercitare il diritto di recesso. Le azioni di chi vuole evitare il trasferimento della sede in Olanda saranno pagate 7,7 euro mentre ieri il titolo è tornato a scendere dopo una settimana di segni positivi e si è fermato poco sopra la soglia dei 7 euro (-2,91 per cento), distante da quella del recesso. Se recederanno almeno 65 milioni di azioni, salterà la fusione tra Fiat e la società di diritto olandese che darà vita a Fca. «Ci riproveremo in ogni caso», garantiscono Marchionne e John Elkann sperando, naturalmente, di non dover ricorrere al secondo tentativo.
A turbare la vigilia del giorno decisivo sono giunte le valutazioni degli analisti del Credit Suisse che in un report hanno giudicato il titolo sopravvalutato, ipotizzando addirittura che il suo valore reale sia intorno ai 6 euro. Giudizio drastico basato sulla tesi che «la quotazione a Wall Street potrebbe essere il primo passo verso un aumento di capitale». Ipotesi che il 1 agosto scorso Marchionne ha commentato sostenendo che «è una decisione che spetta al cda. Secondo me la situazione è gestibile senza dover ricorrere ad aumenti di capitale. Si tratta di attraversare i prossimi 18 mesi di sofferenza e poi, se la macchina gira, sarà il sistema a generare cassa». Secondo l’istituto di Zurigo invece quella incognita resta. Aggravata, dice Credit Suisse, dal fatto che «i molti punti di forza del gruppo sono superati dai rischi di mercato, da un livello insostenibile del debito netto mentre il piano industriale appare troppo ottimistico ». In sostanza, conclude Credit Suisse, «c’è uno spazio limitato per iniziative che potrebbero sorprendere positivamente », come quella quotazione di Ferrari che la Borsa auspica invano da anni.
Colpisce la scelta dei tempi per un report che non contiene particolari elementi di novità rispetto a quanto già si sapeva da mesi e che scoppia come una bomba a orologeria e la tradizionale precisione svizzera nelle ore in cui i fondi contrari alla fusione devono decidere il da farsi. Il principale di questi, quello della Norges Bank, la banca centrale norvegese, ha comunicato di essere risalito al 2,016 per cento del capitale, la stessa quota che aveva il 1 agosto, al momento del voto nell’assemblea straordinaria. Subito dopo quella votazione (i norvegesi si espressero contro la fusione) la banca avrebbe ceduto lo 0,7 per cento (a un prezzo superiore ai 7 euro) scendendo all’1,33 e riacquistando successivamente lo stesso pacchetto quando il titolo ha toccato il minimo a 6,26 euro per azione. In questo modo il fondo di Oslo ha rinunciato al diritto di poter chiedere il recesso per poco meno di un terzo delle sue azioni ma dovrebbe aver incassato una plusvalenza di circa 8 milioni di euro. Operazione che lascia intravedere un atteggiamento speculativo dei norvegesi più che una volontà di far fallire l’operazione esercitando il diritto di recesso.
Le turbolenze della speculazione e il quadro di tensione internazionale (con possibili ricadute negative sul mercato dell’auto) hanno creato la premesse per lo scivolone in Borsa dei titoli del Lingotto. L’impressione a Torino è che, nonostante quindici giorni di navigazione agitata, alla fine il diritto di recesso non farà saltare l’operazione. Ma solo nei prossimi giorni, quando inizieranno ad arrivare le raccomandate dei soci che chiedono la restituzione delle azioni, si capirà se la buca delle lettere della Fiat è come quella di Harry Potter, con le lettere che arrivano da ogni dove, o se, al contrario, il postino avrà la bisaccia vuota.



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