Thomas Piketty, l’antidoto omeopatico alla miseria del presente

Thomas Piketty, l’antidoto omeopatico alla miseria del presente

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Capita rara­mente che un sag­gio di eco­no­mia diventi un best-seller. Ma è quanto acca­duto al libro di Tho­mas Piketty «Le Capi­tal au XXIe siè­cle», in corso di pub­bli­ca­zione anche in Ita­lia per i tipi della Bom­piani (l’uscita è pre­vi­sta per set­tem­bre). Il sag­gio dell’economista fran­cese ha ven­duto bene in Fran­cia, ma la tra­du­zione inglese per la Oxford Uni­ver­sity Press è stata a lungo nelle clas­si­fi­che dei libri più ven­duti negli Stati Uniti, paese che gli ha riser­vato cri­ti­che entu­sia­sti­che da parte di premi Nobel (Paul Krug­man e Joseph Sti­glitz), ma anche furiosi attac­chi da parte del «Wall Street Jour­nal». Piketty espone senza mezzi ter­mini la cre­scita delle dise­gua­glianze che ha carat­te­riz­zato il capi­ta­li­smo nell’ultimo secolo: cre­scita con un anda­mento «lento» nella seconda parte del Nove­cento, seguita da una acce­le­ra­zione «espo­nen­ziale» duranti gli anni «rug­genti» del neo­li­be­ri­smo. Ciò che ha biso­gno il capi­ta­li­smo, sostiene l’economista fran­cese, è una impe­gnata poli­tica «rifor­mi­sta», senza la quale l’intero ordine sociale basato sul capi­tale è desti­nato ad andare in fran­tumi. In tempi di poli­ti­che dell’austerità, è que­sta una posi­zione con­si­de­rata dagli eco­no­mi­sti main­stream «sov­ver­siva», che l’associano a quella di Marx, cri­tico dell’economia poli­tica dal quale però lo stesso Piketty ha preso le distanze. Il pro­blema de «Le Capi­tal au XXIe siè­cle» non è però il tasso più o meno alto di mar­xi­smo, come ben argo­menta Rus­sel Jacoby nel testo pub­bli­cato da «Le monde Diplo­ma­ti­que» e del quel pre­sen­tiamo uno stral­cio in que­sta pagina, bensì la dif­fi­coltà di svi­lup­pare una poli­tica «rifor­mi­sta» all’interno di un para­digma eco­no­mico — la cen­tra­lità del libero mer­cato — che nega la dimen­sione sociale dell’attività eco­no­mica e che con­tem­pla solo la «nego­zia­zione» tra indi­vi­dui, con­si­de­rando un intral­cio ogni forma di media­zione sociale degli inte­ressi. Il limite mag­giore del libro di Piketty sta pro­prio nella con­vin­zione sul neo­li­be­ri­smo come «inter­mezzo», inci­dente di per­corso rispetto a un capi­ta­li­smo che era riu­scito a tro­vare la sua «migliore» forma poli­tica — la demo­cra­zia e i diritti sociali di cit­ta­di­nanza — dopo l’esperienza dram­ma­tica della seconda guerra mon­diale. Come ha bril­lan­te­mente scritto il geo­grafo David Har­vey, «Le Capi­tal au XXIe siè­cle» è un buon anti­doto all’ideologia neo­li­be­ri­sta, ma, c’è da aggiun­gere, può diven­tare un pal­lia­tivo omeo­pa­tico se usato come «cura» delle dise­gua­glianze con­tro cui si scaglia.


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