L’ Unità 8200 si ribella “Da noi troppa violenza basta con la guerra nei territori palestinesi”

L’ Unità 8200 si ribella “Da noi troppa violenza basta con la guerra nei territori palestinesi”

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GERUSALEMME. UN gruppo di cyberwarrior israeliani della leggendaria Unità 8200 non vuole più combattere nei Territori palestinesi la sua guerra. Non vuole più frugare nelle vite della gente di Gaza e della Cisgiordania, ascoltando le telefonate, monitorando Internet e fax, leggendo ogni singola mail inviata nel web. Informazioni che spesso non sono utili alla difesa di Israele ma che invece — scrivono in una lettera aperta al primo ministro e al Capo di Stato maggiore e al capo dell’Aman, i Servizi segreti militari — «servono per perseguire e creare divisioni all’interno della società palestinese, per questo non possiamo in coscienza continuare a servire in questo sistema negando i diritti a milioni di persone».
I 43 firmatari della lettera aperta pubblicata ieri mattina da Yedioth Aaronoth sono tutti veterani di questa unità di élite, c’è un maggiore, due capitani, diversi sottufficiali e soldati semplici. Per questo ha sbalordito Israele, lasciato (per ora) senza parole i politici e rovinato certamente il weekend al premier Benjamin Netanyahu, il cui ufficio si è trincerato dietro un “no comment”, mentre la notizia faceva il giro del Paese rilanciata da tv e siti web e alcuni dei firmatari della lettera venivano intervistati addirittura dalla Radio Militare.
Nella lettera i soldati raccontano del loro ruolo fondamentale nelle operazioni di eliminazioni mirate effettuate dall’esercito israeliano. Una donna soldato racconta dei suoi tormenti per un errore di identificazione commesso che portò alla morte di un bambino. Altri si rimproverano di aver ascoltato conversazioni intime e private tra palestinesi. Certi, dopo la lettera della loro radiazione dall’esercito e della Corte Marziale, i guerrieri con l’etica della guerra scrivono: «C’è la percezione che il servizio di intelligence militare è privo di dilemmi morali e contribuisce solo alla riduzione della violenza contro persone innocenti, ma durante il servizio militare abbiamo imparato che non è così, la popolazione palestinese è soggetta a un regime militare ed è completamente esposta allo spionaggio israeliano, ma diversamente da Israele o da altri Paesi non c’è nessun controllo sull’uso che viene fatto di queste informazioni a prescindere se i palestinesi sono coinvolti o meno nelle attività clandestine».
I cyberwarrior scrivono che spesso le informazioni raccolte hanno danneggiato persone innocenti, specie quelle di tipo “privato”, come preferenze sessuali o problemi di salute, usate per estorcere informazioni, ricattare e arruolare “collaborazionisti”. «Lanciamo un appello a tutti i soldati che servono attualmente in questa unità e che vi serviranno in futuro, ma anche a tutti i cittadini israeliani, a far sentire la loro voce contro questi abusi e mettervi fine».
Nei conflitti moderni le Forze speciali sono importanti quanto le unità che si occupano di guerra elettronica, di informazioni da fornire in tempo reale a chi è sul campo di battaglia. L’8200 in Israele è quella che si occupa della cyberwar, re- parto prestigioso e di élite che negli anni è diventato la più grande Unità dell’esercito israeliano, con migliaia di militari impiegati, ed è paragonabile per funzioni e capacità alla Nsa americana. Dalla sua base nel deserto del Negev, dove si trova una delle più grandi stazioni di ascolto del mondo, è in grado di monitorare le chiamate telefoniche, le e-mail e altre comunicazioni in tutto il Medio Oriente, l’Europa, l’Asia e l’Africa. «Un’unità speciale, i cui uomini sono tenuti a standard etici senza rivali nel mondo dell’intelligence», spiega al telefono un portavoce dell’Idf, «che ha al suo interno meccanismi per denunciare abusi e cattiva condotta, una procedura che è stata invece aggirata dai firmatari e questo già solleva dubbi sulla gravità delle accuse».
Amos Yadlin, che è stato capo dei servizi segreti militari e oggi dirige a Herzilya l’Istituto di Studi Strategici, minimizza la portata della lettera. «L’Unità 8200 è molto vasta, 43 militari sono solo una piccola frangia. È normale che dei veterani possano, nel tempo, gravitare politicamente verso l’estrema sinistra o l’estrema destra». Ma le denunce degli uomini in divisa in questi ultimi anni si sono moltiplicate contro gli abusi dell’occupazione militare, c’è stato un gruppo di piloti di riserva della Iaf che ha rifiutato di andare in missione a Gaza, così come i militari di un’unità di fanteria abitualmente schierata in Cisgiordania per difendere le colonie. A loro si sono unite le voci — certamente non di sinistra — dei sei capi dello Shin Bet, il servizio segreto interno. In The Gatekeepers , il documentario candidato all’Oscar nel 2012, anche i Guardiani di Israele hanno messo in dubbio la sostenibilità dell’occupazione dei Territori palestinesi.



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