L’assalto dal cielo in tre fasi. In azione Cruise e bombardieri

L’assalto dal cielo in tre fasi. In azione Cruise e bombardieri

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WASHINGTON La notte è dei predatori. Ed è di notte che Barack Obama ha autorizzato l’inizio della campagna contro l’Isis e il gruppo Khorasan in Siria. Da giorni la ricognizione e l’intelligence avevano concluso la mappatura dei bersagli. Si doveva attendere solo il momento politico e tattico. Che è arrivato dopo l’ultima consultazione tra la Casa Bianca e il generale Lloyd Mattis, lo stratega del Comando centrale, il Centcom, a Tampa, Florida. È stato lui a ordinare un assalto in tre fasi. Seguito poi da una quarta serie di incursioni.
Ore 20.30 (americane), prima fase. Una salva di missili da crociera centra numerosi obiettivi nell’area di Aleppo e Raqqa. Sono lanciati dalle navi Burke e Philippine Sea schierate nel Mar Rosso e nel Golfo. Seguendo il profilo del terreno gli ordigni raggiungono i rifugi del nucleo Khorasan. Un’azione per sventare un attentato ritenuto imminente contro gli Usa da parte di qaedisti arrivati da altri Paesi, anche occidentali. Nell’incursione potrebbe aver perso la vita il leader della cellula, Muhsin Al Fadhli, un terrorista kuwaitiano mandato da Al Qaeda in Siria dove si è unito ai mujaheddin di Nusra. Sono loro a confermarne il «martirio», ma la prudenza è d’obbligo su questi annunci.
Ore 21.03, seconda fase. Un abitante di Raqqa, capitale dell’Isis nel Nordest della Siria, segnala su Twitter: «Forti esplosioni vicino al quartier generale del movimento, potrebbe essere l’attacco Usa». Non si sbaglia. Gli F16, F15 e i bombardieri B1 devastano depositi e mezzi. Quindi tocca ai droni armati. E c’è il battesimo del fuoco per l’F22, caccia invisibile convertito in bombardiere. Un’azione che vede il coinvolgimento : sotto le ali porta le Jdam a guida satellitare. Un’azione che vede il coinvolgimento di velivoli di Arabia Saudita, Emirati, Giordania, Bahrein e Qatar. I due Mirage di quest’ultimo Paese, però, non avrebbero sganciato le bombe.
Ore 21.30. Il portavoce del Pentagono, John Kirby, conferma quello che ormai tutti sanno. Le news oscurano un nuovo video dell’Isis che mostra l’ostaggio britannico John Cantlie costretto ad ammonire gli Usa sul rischio di «un nuovo Vietnam». Prima puntata di una serie di «lezioni». Qualche ora dopo arriverà un appello disperato dell’altro britannico prigioniero, Alan Henning: salvate la mia vita.
Ore 24, terza fase. F18 decollati dalla portaerei Bush si dedicano a campi d’addestramento, rifugi e caserme nella regione di Deir el-Zour. Intervengono di nuovo i caccia alleati. Cercano di distruggere i target scampati al primo colpo.
Ore 24.30. Fonti locali sostengono che 120 elementi dell’Isis sono stati uccisi, 300 i feriti. Uccisi anche alcuni jihadisti olandesi del Khorasan. Un bilancio, non verificabile, al quale si aggiunge in seguito la possibile morte del leader di al Nusra. Incerte le perdite tra i civili: forse 30 nella zona di Idlib, tra loro 7 bambini.
Ore 6. La Siria sostiene di essere stata avvisata dagli Usa e dunque non considera le incursioni una violazione della sua sovranità. Il Dipartimento di Stato nega ma conferma di aver informato preventivamente l’Iran. Del resto sono insieme contro l’Isis. Ma per Teheran il blitz è «illegale».
Ore 10. Obama si rivolge brevemente al Paese. Ringrazia gli alleati, insiste sul diritto degli Usa di reagire e cita la pericolosità del gruppo Khorasan. Poi parte alla volta di New York. Si fanno sentire i seguaci dell’Isis che se la prendono con i sauditi. «Colpa loro, pagheranno per questo» è la minaccia.
Ore 11. Il Pentagono sostiene che sono state usate per il 95% armi di precisione su 22 siti. Oltre gli 160 ordigni. Poi il generale William Mayville avverte che la lotta all’Isis potrebbe andare avanti «per anni».
Cala la notte. Scattano nuove incursioni su Raqqa, nel mirino veicoli e postazioni dell’Isis. La pressione sul Califfo continuerà a lungo.
Guido Olimpio



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