Tutti in piazza per la sostenibilità L’ambientalismo sopravvissuto ai Verdi

Tutti in piazza per la sostenibilità L’ambientalismo sopravvissuto ai Verdi

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ROMA — «Quando l’ambientalismo politico aveva una sua presenza parlamentare, sicuramente non ha vinto le proprie battaglie. Ma la sua scomparsa dal Parlamento non ha certo portato a un miglioramento. C’è qualcosa di serio, in questa battuta… Si poteva immaginare, come alcuni all’epoca sostenevano, che la crisi e la scomparsa dell’ambientalismo politico monotematico avrebbe portato alla diffusione delle sue argomentazioni in una pluralità politica, e così ci sarebbe stata una maggiore efficacia. Ma tutto questo, no, non è accaduto affatto…».
Luigi Manconi, che fu portavoce dei Verdi dal novembre del 1996 al giugno del 1999, guarda all’esperienza dell’«ambientalismo politico monotematico», come lo definisce lui, con consapevole amarezza e il distacco dello storico della politica. Ieri un milione di persone nel mondo hanno partecipato alla Marcia per il Clima, ci sono state significative mobilitazioni anche in Italia. E guardando al successo di tante altre proposte legate alla difesa dell’ambiente è impossibile non ricordare gli anni in cui dire «Verdi» significava indicare una robusta forza politica che, sotto varie sigle e raggruppamenti (i Verdi, Verdi Arcobaleno, Federazione dei Verdi) si affermò sia nel Parlamento italiano che in quello europeo. Inutile qui fare cifre e citare percentuali. Meglio ripensare ai protagonisti: Alexander Langer, Gianfranco Amendola, Francesco Rutelli, Carlo Ripa di Meana, Edo Ronchi, ovviamente lo stesso Manconi, Gianni Mattioli, fino ad Alfonso Pecoraro Scanio e Grazia Francescato. Oggi la Federazione dei Verdi ha due portavoce, Angelo Bonelli e Luana Zanella: niente deputati italiani né europei.
Il fenomeno è apparentemente contradditorio: maggiore attenzione alle tematiche nelle piazze e nella società reale, dissoluzione di una forza che ebbe, tra la metà degli anni 80 e fino alla catastrofe elettorale del 2008, una sua corposa visibilità. Manconi avverte: «Vorrei dire che la coerenza tra la sensibilità manifestata verso la tematica ambientale e i gesti concreti è assai ridotta nella popolazione. La gente continua a gettare ciò che non gli occorre per le strade, la raccolta differenziata viene vissuta come una prevaricazione defatigante. Detto questo penso ci sia stata una sorta di stabilizzazione dell’emergenza ambientale, un’assuefazione allo stato di eccezione come sta avvenendo per altre grandi catastrofi, penso a quella umanitaria dei profughi. Il mondo, e quindi anche l’Italia, ha acquisito come fisiologico un allarme periodico». Ma torniamo alla scomparsa dei Verdi. Manconi ammette una sconfitta. «Vent’anni, anche trent’anni fa si manifestavano i primi segnali di questa emergenza. Ma l’ambientalismo in Italia non è stato capace di elaborare politiche adeguate. Oggi si vive in un’atmosfera da catastrofe incombente e c’è forse una sensibilità maggiore ma mancano azioni politiche adeguate a livello nazionale e internazionale». Non è difficile, per Manconi, indicare una personale amarezza, un obiettivo non raggiunto nonostante lotte e mobilitazioni. «Tra il 1997 e il 1999 ho combattuto personalmente una battaglia contro il dissesto idrogeologico del nostro Paese. Cosa è cambiato? Assolutamente niente. In questi giorni diciamo le stesse cose di quindici, vent’anni fa». Ma c’è ancora spazio, Manconi, per un partito ambientalista, oggi, in Italia? «Il sistema è bloccato da un bipartitismo materiale, rigido e compatto al di là delle apparenze ma diviso in una varietà di componenti dove però i numerosi ambientalisti, penso al Pd di cui faccio parte, non riescono a far valere le loro ragioni».
L’ultima parola ad Angelo Bonelli: «L’ambientalismo italiano è ora iperframmentato in mille rivoli e mille individualismi privi di un obiettivo comune. In più la sinistra ci ha sempre visto come figliastri da tenere all’angolo, da combattere. Oggi nel Pd ci sono troppi professionisti dell’ambientalismo che hanno ucciso quell’idea. E c’è Renzi che parla di triplicare le trivellazioni di petrolio e di deregulation dell’edilizia. Avesse detto le stesse cose Berlusconi, la sinistra sarebbe già scesa in piazza da un pezzo…».
Paolo Conti



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