Nel documento non si fanno nomi (a parte Epifani), ma la lista in casa Cgil la conoscono tutti: dall’ex segretario generale a Cesare Damiano, una lunga carriera nella Fiom; da Teresa Bellanova, che cominciò a 20 anni con la Federbraccianti pugliesi, a Luisella Albanella proveniente dalla Cgil siciliana. E ancora: Cinzia Fontana, ex sindacalista di Crema; Anna Giacobbe, per anni a capo dei pensionati della Cgil ligure; Marco Miccoli, già dirigente nazionale della Cgil comunicazione; e infine Titti Di Salvo, che fino a pochi mesi fa stava in Sel. «Per tutti noi la Cgil non rappresenta una parentesi — scrivono — ma una scelta di vita alla quale saremo sempre legati: vorremmo che così fosse anche per chi ha la possibilità di rappresentare nelle istituzioni le ragioni dei lavoratori». Per questo «compagna Susanna ci rivolgiamo a te, per capire come tu intenda intervenire nei confronti di questi compagni che votando contro lo Statuto stanno continuamente mettendo in difficoltà la nostra organizzazione, quotidianamente attaccata e dileggiata dall’attuale presidente del Consiglio».
Le regole del sindacato, ovviamente, non prevedono “punizioni” per chi, in sede politica, disattende la linea della confederazione. In Corso Italia già si sa della raccolta firme e la si valuta per quel che è: l’ennesima prova che la distanza tra sindacato rosso e Pd si è drammaticamente allargata.
il JA non appartiene al mondo del lavoro e non sarà la molla che farà lievitare i livelli occupazionali. La CGIL è davvero convinta che i suoi eletti nelle istituzioni siano intoccabili anche quando compiono atti (voto JA) che ledono i diritti dei lavoratori?
Tutti questi signori che hanno votato, di fatto, l’abolizione dello Statuto dei Lavoratori sono gli stessi che su tentativi precedenti dello stesso tipo hanno chiamato le piazze a riempirsi e lottare nei posti di lavoro per contrastarli. Ma erano altri governi che non avevano la CGIL in pancia.
Sono un iscritto CGIL e sono d’accordo per l’espulsione.