Via libera della Ue all’Italia « ma avanti con le riforme »
BRUXELLES E’ vero che gli esami non finiscono mai, anche per l’Italia. Ma quest’ultimo esame, a quanto pare, l’abbiamo passato: secondo anticipazioni diffuse dall’agenzia di stampa «Ansa», la Commissione Europea ha infatti deciso di promuovere il piano di Stabilità presentato dal governo di Roma, nonostante il ritardo del pareggio di bilancio e l’alto debito pubblico, e ha concordato di non avviare contro Roma alcuna procedura di infrazione. Bruxelles riconosce che nel 2014 vi sono state «circostanze eccezionali», e ricorda a Palazzo Chigi che «deve continuare nelle riforme». La situazione del nostro Paese verrà poi rivista in marzo, così come quella di Francia e Belgio.
Si è anche parlato del Fondo investimenti che dovrebbe raccogliere i circa 300 miliardi promessi dal presidente della stessa Commissione, Jean-Claude Juncker. Non esiste in realtà una cifra esatta, e i capi di gabinetto non sono riusciti a mettersi d’accordo nell’eterna diatriba sul concetto di “flessibilità” (in soldoni: fino a che punto, nel mezzo di una crisi, è ammesso valicare con i bilanci nazionali i limiti fissati dalla Ue al debito pubblico e al deficit nel suo rapporto con il Prodotto interno lordo?).
Però ieri è stato chiarito un altro punto: i contributi dei singoli Paesi a quel Fondo saranno tutti «volontari» (richiesta forte della Germania) ed «esclusi dal calcolo del deficit», cioè dalla gabbia del patto di Crescita e di Stabilità (proprio come vorrebbero Parigi e Roma). I progetti presentati per concorrere ai finanziamenti saranno poi esaminati da una «commissione di esperti indipendenti».
Tutto questo avviene a poche ore dall’arrivo a Bruxelles della lettera spedita dal ministro dell’Economia e delle finanze Pier Carlo Padoan alla Commissione Europea. Lunga, dettagliata, «quasi il testo di una nuova manovra», come ha commentato qualcuno. E’ possibile che i suoi argomenti abbiano convinto gli ultimi indecisi, dischiuso l’ultima porta. In ogni caso, sarebbe stata l’unica lettera governativa sui piani di stabilità arrivata a Bruxelles in questi giorni: nessun altro governo avrebbe ritenuto di dover ri-spiegare alla Commissione le proprie scelte, e a un passo dalle “sentenze” Ue. Subito dopo il suo arrivo, la missiva da Roma è stata vista qui come un segno di motivata fiducia in se stessi, da parte dei governanti italiani. O al contrario di grande preoccupazione, per decisioni che forse si presentivano gravi e imminenti. Ha vinto la prima interpretazione, così come la profezia del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, annunciata in un convegno della rivista Eunews a Firenze («Non ci chiederanno correzioni»).
I prossimi giorni diranno se sarà così anche per l’altro grande malato, la Francia, messa sotto tiro per la sua ribellione ai vincoli sul deficit. E diranno soprattutto quanto sia profonda la divisione all’interno della stessa Commissione Europea, fra “rigoristi” — per ora in ripiego — e adepti della flessibilità.
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