Ora arriva per il governo l’inevitabile chiarimento Il bivio delle Regionali

Ora arriva per il governo l’inevitabile chiarimento Il bivio delle Regionali

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 Gli esami non finiscono mai. E dopo aver superato la prova del Colle, Renzi è atteso alla prova del governo.
Perciò il premier si prepara ad aprire con Alfano la fase del «chiarimento», che considera «indispensabile» in vista del bivio delle regionali di primavera: vuole formalmente sapere da quale parte sceglierà di stare il leader di Ncd, che è anche il suo ministro dell’Interno. Non è questione di rapporti personali, né basta tener coperto il problema — come fa il leader pd — sostenendo che lo scontro con «Angelino» sul sostegno all’elezione di Mattarella «l’ho già dimenticato». Certo servirà del tempo prima di affrontare la questione, perché — al di là delle smentite postume di Renzi — lo scontro tra c’è stato. Ieri Alfano l’ha indirettamente confermato, riferendosi a Renzi con una battuta che evocava l’antica doppiezza togliattiana: «Sul Quirinale pensavo discutere con il presidente del Consiglio e invece avevo davanti il segretario del Pd».
Ma il nodo è politico, e ruota attorno a un interrogativo: questo governo è ancora da considerarsi un «esecutivo di emergenza nazionale» come lo definisce Alfano, oppure è un «governo di legislatura» come sostiene Renzi? Traduzione: l’accordo ricalca ancora lo schema delle «larghe intese» tra forze che alle elezioni saranno avversarie, o si tramuterà in un’alleanza da proporre poi alle urne? Non c’è molto tempo per sciogliere il nodo, perché le Regionali sono alle porte, e il leader del Pd vuole capire se Alfano sarà dalla sua parte in test importanti come la Campania e il Veneto, dove Ncd sembra intenzionata ad allearsi con Forza Italia. È chiaro che in tal caso molte cose cambierebbero nel governo, tanto che nel Pd c’è già chi minaccia che «cambierebbe il governo».
Ma nel «chiarimento» che Renzi si appresta a chiedere ad Alfano, anche il capo democrat dovrà chiarire se ha in testa una prospettiva di accordo politico, anche se all’appuntamento ci arriverà avendo dalla sua i rapporti di forza e l’arma del le elezioni anticipate, «che ad Alfano e alla sua compagine ministeriale non convengono». Tuttavia anche il premier ha bisogno di Alfano per ripristinare al più presto la «maggioranza di governo» e sganciarsi dalla «maggioranza per il Colle», quella che gli ha consentito di far eleggere Mattarella ma che è fondata sugli avversari delle sue stesse riforme.
E la minoranza democratica non si accontenta del risultato ottenuto ieri, se è vero che Epifani già dice che «ora si può ripartire con un nuovo slancio sui temi del lavoro e dell’equità fiscale», e Bersani ripete che «Renzi non può pensare di aver chiuso la pratica. Alla Camera vorremo migliorare la legge elettorale»: come dire che — dopo aver dato una «piccola botta» al patto del Nazareno — ora si punta al bersaglio grosso. Insomma, il rischio per il premier è di ritrovarsi davanti all’incrocio pericoloso delle «tre maggioranze» che ha costruito. E dunque Alfano per il governo, come Berlusconi per le riforme, rimangono interlocutori essenziali. E non c’è dubbio che al «chiarimento» il ministro dell’Interno arriverà in condizioni a dir poco difficili, con un partito diviso sulla scelta strategica, con il capogruppo del Senato Sacconi che si è dimesso dall’incarico, con il capogruppo della Camera De Girolamo che chiede una «verifica interna», con un pezzo dello stato maggiore che lo pressa perché decida se restare al Viminale o dedicarsi esclusivamente al partito. E dopo che undici senatori di Ncd — nel bel mezzo della trattativa sul Colle — hanno inviato un segnale al presidente del Consiglio per fargli sapere anzitempo da che parte stavano. La sua.
È un segnale che Renzi potrebbe disporre a palazzo Madama di una «ruota di scorta» con cui sostituire Alfano? In teoria è possibile, vista anche l’emorragia dei grillini. A detta del ministro Lupi, però, «per stare a palazzo Chigi il premier non può permettersi una riedizione del gruppo dei Responsabili, non può farsi vedere con una schiera di Scilipoti al fianco. Ha bisogno di una forza politica». Non c’è dubbio che il capo dei democratici si trovi in una posizione dominante, ma la gestione delle «tre maggioranze» non sarà facile e il cambiamento di equilibri potrebbe compromettere i suoi disegni.
Così Renzi e Alfano arriveranno all’incontro del «chiarimento», conoscendo ognuno i punti forti e deboli dell’altro. E la discussione sulle Regionali sarà il bivio decisivo. Il leader di Ncd sembra orientato ad allearsi con Berlusconi, ma il dialogo si è da poco riavviato perché si possa già parlare di un progetto. Renzi lo sa, come sa che il fondatore di Forza Italia — alle prese con un partito dilaniato — ha ancora bisogno del Patto del Nazareno: ne è talmente certo da dargli il «consiglio» di sbarazzarsi di quanti attorno a lui «hanno uno spirito poco costruttivo». Come con Alfano, al premier servirà del tempo per ripristinare le relazioni con Berlusconi. E non è detto che i rapporti saranno gli stessi di prima, se è vero che Mariarosaria Rossi — considerata del cerchio magico berlusconiano — ha aperto un processo contro «il duo tragico», cioè Verdini e Gianni Letta, autori della trattativa con il premier.
Il giorno dell’ascesa di Mattarella al Quirinale è anche il giorno della caduta degli dei nel centrodestra. E per una volta anche Berlusconi non si esime da colpe nella gestione della vertenza, anche se non può darlo a vedere. Il punto è che per alleati e avversari del premier la botta subita è ancora calda. L’elezione del successore di Napolitano ha prodotto un effetto stordente persino nel Pd. Con la sua «narrazione» sul nuovo capo dello Stato, Renzi è stato capace persino di far dimenticare un episodio che richiama a un’antica ferita, mai del tutto rimarginata nel centrosinistra: al famoso «governo del complotto», con cui D’Alema — insieme a Mattarella nel ruolo di vice premier — si sostituì all’inventore dell’Ulivo a palazzo Chigi. «Già, nessuno lo ha ricordato in questi», sussurrava il prodiano Monaco alla vigilia della festa.
Maria Teresa Meli
Francesco Verderami


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