Il trionfo di Sarkozy “La nostra strategia è stata quella giusta”

Il trionfo di Sarkozy “La nostra strategia è stata quella giusta”

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PARIGI .  Nicolas is back, è scritto sugli astucci in vendita nella boutique dell’Ump, al pianoterra di rue de Vaugirard. «Me li hanno appena consegnati, quindici euro » spiega ai militanti la signora che tiene il negozio. Tra gli scaffali sono ancora esposte le vecchie pochette, Nicolas reviens, Nicolas torna. Ora saranno messe in saldo. «La nostra traversata del deserto è finita» sospira Michelle, tirando fuori dalla borsa il cuscinetto rosa con la stessa scritta implorante. Un batticuore dopo l’altro. «Sono riuscita a stringergli la mano». «L’ho preso in foto». «Guarda com’è in forma, scattante».
Nicolas Sarkozy fende la folla di militanti in estasi per andare a fare il suo discorso, poco dopo le venti. «La vittoria si avvicina» dice, già pensando alle prossime tappe: elezioni regionali in autunno e, nel 2017, presidenziali. Corre, è la sua natura. Non è cambiato. Se la settimana scorsa era stato insolitamente prudente, posato, ieri l’ex presidente ha alzato il tiro, sparando a zero sul governo e sull’Eliseo. «Con il loro voto — ha detto — i francesi hanno bocciato in massa la politica di Hollande e del suo governo. È una sconfessione totale e senza appello. Mai una maggioranza aveva perso tanti dipartimenti. Mai un potere in carica aveva suscitato tanta sfiducia. E mai, nella Quinta repubblica, la destra aveva raggiunto un risultato del genere». Poi ha conservato qualche bordata anche per Valls, che qualche giorno fa aveva annunciato che il voto non avrebbe cambiato nulla: «In questo modo l’esecutivo — ha attaccato Sarkozy — ha deciso di ignorare il voto dei francesi. E i francesi sapranno ricordare questo segno di disprezzo». Del suo successore all’Eliseo e della sua politica, Sarkozy non salva niente. E chiede il conto: «Mai una politica aveva incarnato tanto la sconfitta a ogni livello. Dal governo agli esecutivi di dipartimento, menzogna, cecità e impotenza sono stati sanzionati». Fino all’ultima stoccata: «Bisogna salvare la Francia da un declino impostato da uno dei più vetusti partiti socialisti del mondo».
Assente invece Marine Le Pen. Il leader dell’Ump, che l’ha presa di mira durante tutta la campagna elettorale, non la cita nemmeno una volta. Non infierisce, anche perché secondo i suoi calcoli molti elettori del Front National sono tornati all’ovile. Nei ballottaggi tra Ump e Ps, il 65 per cento degli elettori di Le Pen al primo turno ha deciso di dare la preferenza al partito di Sarkozy. «Ce li siamo già ripresi» sghignazza l’ex ministro Roger Karoutchi. È la prova, dicono nel quartier generale, che tra le due formazioni ci sono vasi comunicanti e che una parte del successo del Fn in questi ultimi anni è stata basata anche sulla debolezza dell’Ump. «Ora siamo tornati forti, e vincitori» dice Laurent Wauquiez, numero tre del partito. «È la prova che la strategia di Sarkozy, ovvero non fare desistenza di fronte al Ps e attaccare frontalmente il Fn, è stata quella giusta».
Nella sede dell’Ump Sarkozy è accolto come l’uomo della Provvidenza, molti vorrebbero non fosse mai andato via, nonostante la sconfitta. Gli ultimi due anni e mezzo sono stati una via crucis per molti militanti. Non tanto perché l’Ump ha perso, ed è passato all’opposizione. Ma perché è mancato lui, “Nicolas”. La destra francese, più di altre, ha il culto del “capo”. Tra lotte intestine e scandali, è rimasta orfana. Il partito creato nel 2002 dalla fusione del partito gollista Rpr con altre formazioni centriste è stato quasi sempre monopolizzato da Sarkozy, che l’ha guidato dal 2004 al 2012. Finito il suo discorso celebrativo, Sarkò passa tra i militanti. Stringe mani, posa per qualche selfie e poi risale all’ottavo piano del quartier generale del quindicesimo arrondissement. È circondato da pochi intimi, i suoi fedelissimi. In serata passa anche François Fillon. «È una vittoria di tutti» dice l’ex premier e rivale. «Uniti, vinciamo» risponde Sarkozy. Dietro alla parola «unità», ognuno pensa a se stesso. Sarkozy va via poco prima delle dieci, Carlà lo aspetta a casa. Non è venuta in rue de Vaugirard. «Ultimamente non l’abbiamo vista » racconta un ragazzo che serve panini e bibite al bar in cambio di una “donazione”. «Carlà preferisce stare nell’ombra» aggiunge uno dei collaboratori di Sarkozy che si spazientisce: «I militanti vogliono lui, mica Carlà». E qualcuno ricorda i concerti di lei negli ultimi anni, interrotti talvolta dall’immancabile coro: Nicolas reviens . Ora Sarkozy non è più spettatore. Assapora un inizio di rivincita. Gli articoli in vetrina sono stati già cambiati. Nicolas is back.


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