Rete veloce, spinta del governo su Telecom

Rete veloce, spinta del governo su Telecom

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A 24 ore dal Consiglio dei ministri di domani il piano Ring sulla Rete italiana di nuova generazione è in mano al premier Matteo Renzi. Il caso è ormai politico al 99%. Perché dal punto di vista tecnologico non ci sono dubbi che sia necessario intervenire. I ritardi sull’agenda 2020 dell’Unione europea e le classifiche sulla velocità di connessione (per il rilevatore Ookla, navighiamo in media a 9,18 megabit al secondo, in Europa siamo come Grecia, Turchia e Balcani) e sulle sottoscrizioni di contratti di banda larga (28esimi tra 34 Paesi dell’Ocse) sono numeri dai quali non si sfugge. D’altra parte la rete in rame di Telecom Italia ha 27 anni e le misurazioni della società specializzata Akamai, di cui l’Agcom è a conoscenza, dimostrano che la qualità delle centraline con connessioni in rame crollano con il maltempo. Ma la rete Telecom è avviluppata allo stato di salute della società che ha 65 mila dipendenti, di cui almeno 20 mila sono collegati alla stessa. Di fatto la rete è ormai ammortizzata anche se su questo punto esistono diverse valutazioni. Con uno switch off pianificato tra 15 anni, come nella bozza di decreto sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico elaborata dal vicesegretario della presidenza del Consiglio, Raffaele Tiscar, il gruppo telefonico teme di perdere oltre un miliardo l’anno. Ma Renzi che come più giovane premier della storia repubblicana italiana è da sempre legato al tema del web sa che non può certo permettersi di arrivare al 2020 con l’Italia fanalino di coda. Peraltro in un contesto in cui gli altri non stanno certo a guardare e hanno compreso il valore elettorale del web: la sinistra inglese ha già iniziato a promettere un gigabit di velocità per ogni famiglia inglese mentre qui si discute come portare almeno 30 megabit al secondo a tutti. Difficile analizzare laicamente la questione Internet senza lasciarsi coinvolgere dall’affaire Telecom che almeno cinque premier prima di Renzi hanno dovuto mettere da parte. Per certi versi la questione del doppino di rame in Italia è un tabù come poteva essere l’Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha detto che non ci sarà nessun decreto. Una delle ipotesi è che il governo decida di prendere tempo analizzando domani solo il piano per incentivare la banda ultralarga da 6 miliardi di euro – comunque molto importante e senza il quale gli obiettivi 2020 sono fin da ora impossibili da raggiungere. Un’altra ipotesi è che possa invece rimanere anche il decreto ma senza una data precisa per lo spegnimento della rete in rame, così da non influenzare la valutazione nel bilancio di Telecom del suo più importante asset che garantisce anche il debito. Oggi, peraltro, è attesa anche un’altra valutazione, quella del mercato azionario che dovrà decidere come posizionarsi sulla questione. L’unica certezza, ora, è che in molti sperano che il piano Ring di Renzi diventi un piano Ghost, cioè un fantasma di cui forse si parlerà più avanti. E da Parigi il numero uno di Orange, Stephane Richard, in modo molto diplomatico fa sapere che i due gruppi si stanno parlando: «Non ci sono negoziati, semplicemente degli scambi di opinioni ma potrebbe essere una bella opportunità di consolidamento europeo».
Massimo Sideri


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2 comments

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  1. Antonio
    Antonio 5 Febbraio, 2016, 15:54

    Se non mettete la data agli articoli mi rifiuto di leggerli.

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    • redazione
      redazione Author 5 Febbraio, 2016, 16:34

      la data è scritta, assieme all’autore, sotto al sottotitolo, come dovrebbe vedere. in questo caso è il 2 marzo 2015

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