La Grecia è ufficialmente in default

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Aspettando il referendum . Il Fesf non chiede il rimborso immediato (130,9 miliardi). Aumenta la pressione a favore del si’ da parte di Bruxelles e delle capitali dell’eurozona. Scontro a distanza tra Varoufakis e Juncker-Dijsselbloem: per il ministro greco, l’accordo è quasi pronto, per Commissione e Eurogruppo il dialogo è rotto e sarà difficile riprenderlo. L’utilizzazione del sondaggi per spingere al si’

La Gre­cia è da ieri uffi­cial­mente in default. Lo ha dichia­rato il Fesf, il fondo-salva stati, in seguito al man­cato paga­mento di 1,6 all’Fmi. Per il diret­tore gene­rale del Mes (Mec­ca­ni­smo di sta­bi­lità), Klaus Regling, “que­sto default è causa di grande inquie­tu­dine, rompe l’impegno preso dalla Gre­cia di ono­rare gli obbli­ghi finan­ziari e apre strada a severe con­se­guenze per l’economia e la popo­la­zione greca”. Ma il Fesf non reclama alla Gre­cia il rim­borso imme­diato dei 130,9 miliardi che le ha pre­stato. “Lascio tutte le opzioni aperte” afferma Regling, anche per­ché se venisse la richie­sta di resti­tu­zione si tra­dur­rebbe in una per­dita secca per gli stati che hanno pre­stato soldi ad Atene.

La vicenda del Fesf è emble­ma­tica, illu­stra bene l’ambiguità della situa­zione. A poche ore dal voto di dome­nica, il gioco è diven­tato pesante, le pres­sioni sono sem­pre più forti sui greci, spinti da tutti, a Bru­xel­les e nelle capi­tali della zona euro, a votare “si’” e minac­ciati del peg­giore disa­stro se vote­ranno “no”. Jean-Claude Junc­ker si è pero’ lasciato scap­pare un’ammissione: “se i greci votano no la posi­zione nego­ziale della Gre­cia sarà molto inde­bo­lita”, ma anche se vince il si’ “saranno messi a con­fronto con dif­fi­cili nego­ziati”. Il pre­si­dente della Com­mis­sione segue le indi­ca­zioni della Ger­ma­nia e chiude la porta. “Non c’è nes­sun nego­ziato in corso” ha smen­tito Junc­ker, men­tre Yanis Varou­fa­kis ha affer­mato, al con­tra­rio, che “die­tro le quinte” i con­tatti con­ti­nuano anche in que­ste ore di estrema ten­sione. Per Varou­fa­kis, “potremmo tro­vare un accordo anche domani mat­tina”, cioè prima del refe­ren­dum. Il governo greco spinge sull’acceleratore: “in que­sta set­ti­mana di impasse abbiamo avuto pro­po­ste del tutto con­ve­nienti pro­ve­nienti dalla Ue e che l’accordo è più o meno con­cluso”. Per Varou­fa­kis, la “sola diver­genza” sarebbe sulla ristrut­tu­ra­zione del debito. Secondo altre fonti, i cre­di­tori avreb­bero con­cesso alla Gre­cia di aprire i nego­ziati su que­sta indi­spen­sa­bile ristrut­tu­ra­zione a par­tire da otto­bre. Affer­ma­zioni “asso­lu­ta­mente false” per il pre­si­dente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijs­sel­bloem: “non ci sono nuove pro­po­ste verso Atene”. Per il mini­stro tede­sco Wol­fang Schäu­ble, per nuove pro­po­ste “ci vorrà tempo”, la Gre­cia dovrà “fare domanda” per aprire un nuovo nego­ziato “su base com­ple­ta­mente nuova e in un con­te­sto degradato”.

Tsi­pras ha chie­sto un taglio del 30% del debito (ora al 177% del pil, 322 miliardi) e un “periodo di gra­zia di 20 anni”, senza rim­borsi, per poter far ripren­dere alla Gre­cia la strada della cre­scita eco­no­mica. Secondo il cen­tro studi con­giun­tu­rali Coe-Rexecode, la Gre­cia (come del resto l’Italia, soli paesi dell’eurozona in que­sta situa­zione) non avrebbe gua­da­gnato nulla dall’entrata in cir­co­la­zione dell’euro: il pil pro capita sarebbe oggi pari a quello del 1999, intorno ai 24.500 euro, e sarebbe stata bru­ciata la cre­scita che aveva por­tato que­sta cifra a 33mila euro (2007). L’Fmi, che ha adde­bi­tato alla sola Gre­cia la respon­sa­bi­lità della situa­zione ha pero’ ammesso, nell’ultimo rap­porto, che Atene ha biso­gno di una ristrut­tu­ra­zione del debito di 50 miliardi. Posi­zione respinta dall’Eurogruppo, secondo il pre­si­dente Jeroen Dijs­sel­bloem, le cifre dell’Fmi “sono obsolete”.

Tsi­pras ha respinto “il ricatto” in corso in que­sti giorni da parte dei cre­di­tori: “non è l’appartenenza alla zona euro che sarà giu­di­cata dome­nica, cio’ che è in gioco è dire se accet­tiamo una solu­zione senza via d’uscita”. I son­daggi ven­gono uti­liz­zati nella cam­pa­gna. C’è stata la pole­mica sul primo son­dag­gio che ha dato il si’ vin­cente, due giorni fa, rea­liz­zato da Gpo per la banca fran­cese Bnp: Gpo ha smen­tito l’utilizzazione dei dati, per­ché erano “fram­men­tati” e sono stati “pub­bli­cati a nostra insa­puta” per lan­ciare l’ascesa del si’, in difesa dell’interesse del set­tore ban­ca­rio. Anche la società fran­cese di bri­co­lage Leroy-Merlin ha dovuto smen­tire di aver fatto pres­sione sui dipen­denti per­ché votino si’.

A favore del si’ è inter­ve­nuto ieri anche il com­mis­sa­rio Pierre Mosco­vici: “sarebbe una scelta coe­rente con la volontà della grande mag­gio­ranza die greci di vedere il loro paese a con­ti­nuare ad appar­te­nere alla zona euro”, men­tre “il no sarebbe un segnale nega­tivo al resto d’Europa che alcuni sfrut­te­reb­bero troppo facil­mente per deco­struire la nostra casa comune”.



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