L’orgoglio greco nella notte del no

L’orgoglio greco nella notte del no

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Reportage. La festa spontanea a piazza Syntagma, subito dopo i primi risultati. Migliaia di bandiere greche, per strada un’intera generazione di giovani travolta dalla crisi, la classe media impoverita, gli operai e i disoccupati

Dopo giorni di ten­sione, minacce e allarmi, la festa esplode spon­ta­nea già all’arrivo dei primi ine­qui­voci risul­tati, a meno di due ore dalla chiu­sura dei seggi. Le strade si inta­sano di migliaia di per­sone dirette ancora una volta, come venerdì scorso, verso Syn­tagma, la piazza del Par­la­mento. Non c’è nulla di orga­niz­zato per­ché Ale­xis Tsi­pras alla vigi­lia aveva rac­co­man­dato calma e sobrietà, la stessa con la quale da ieri mat­tina cit­ta­dini greci di ogni età si sono messi in fila ai seggi per votare, ognuno senza chie­dere all’altro come la pen­sasse. Quella che per una set­ti­mana li aveva disci­pli­na­ta­mente fatti met­tere in fila ai ban­co­mat per riti­rare i 60 euro gior­na­lieri con­sen­titi dopo lo stop deciso dal governo o a qual­che super­mer­cato per la paura, infon­data, che come in guerra pren­des­sero a scar­seg­giare i viveri.

Fin dalle prime ore del mat­tino, prima gli anziani e poi man mano tutti gli altri, i seggi erano stati un tran­quillo via vai di per­sone, resti­tuendo un’idea di grande matu­rità e dando una lezione di demo­cra­zia all’Europa, lad­dove quest’ultima è nata, come ama ricor­dare spesso Ale­xis Tsi­pras. Divisi ma insieme, chi era con­vinto che dopo aver detto tanti sì all’Europa in cam­bio di un mas­sa­cro sociale era giunta l’ora di un bel no, e chi invece aveva paura di per­dere anche quel po’ che gli è rima­sto, chi non ha più alcun­ché da met­tere in gioco e chi invece sulla crisi ha gal­leg­giato come un sur­fi­sta su un mare in tempesta.

Ma la voglia di scen­dere in piazza è stata incon­te­ni­bile: troppo netto il suc­cesso, troppa la voglia di mostrare all’Europa che per i greci que­sta bat­ta­glia è appena comin­ciata e vogliono vin­cerla. È per que­sto che le ban­diere gre­che que­sta volta hanno la meglio sui sim­boli di par­tito e sui drappi rossi, per­sino sugli stracci con su scritto «Oxi», «no», dei quali ora non c’è più biso­gno. Ora è neces­sa­rio che i nego­zia­tori greci a Bru­xel­les sen­tano di non essere soli, e per que­sto si spre­cano i car­telli in inglese dai mes­saggi espli­citi. Il più chiaro di tutti recita: «This strug­gle is not about Europe, it’s about free­dom» («Que­sta lotta non riguarda l’Europa, ma la libertà»). C’è anche un gruppo di tede­schi, sono del movi­mento Bloc­kupy che lotta con­tro l’austerità e sono i benvenuti.

Come due giorni fa per la chiu­sura della cam­pa­gna refe­ren­da­ria, quello che stu­pi­sce è l’altissimo numero di gio­vani e gio­va­nis­simi: una intera gene­ra­zione (ma in realtà sono almeno due) che ha messo le radici ai tempi del G8 di Genova e dei social forum, si è ribel­lata al potere quando in viuzza di Exar­chia fu ucciso dalla poli­zia il sedi­cenne Ale­xis Gri­go­ro­pou­los e ha messo le tende in piazza Syn­tagma nel 2010 ai tempi degli Indi­gna­dos. Quella gio­ventù pre­ca­ria che nel 2008 fu defi­nita degli «800 euro» e che oggi non gua­da­gna più nem­meno quelli ed è costretta a emi­grare, gli stu­denti uni­ver­si­tari che devono tra­sfe­rirsi all’estero per cer­care una borsa di stu­dio o un impiego qua­li­fi­cato. Que­sta Gre­cia è diven­tata mag­gio­ri­ta­ria e, insieme a ope­rai, disoc­cu­pati e alla classe media impo­ve­rita è oggi il blocco sociale che dice no alla gab­bia dell’austerità, anche a costo di accet­tare ulte­riori sacri­fici, ma a patto che non siano coman­dati da Angela Mer­kel o Jean Claude Junc­kel e senza fare sconti a nes­suno. All’epoca veni­vano con­trap­po­sti ai loro padri, con­si­de­rati garan­titi e in quanto tali pri­vi­le­giati. Ora sono entrambi in piazza, mas­sa­crati entrambi da poli­ti­che a dir poco selvagge.

Un cauto otti­mi­smo ser­peg­giava già dal primo pome­rig­gio anche nel quar­tier gene­rale di Syriza in piazza Kou­moun­dou­rou. La sen­sa­zione che la vit­to­ria fosse a por­tata di mano è aumen­tata quando hanno comin­ciato a cir­co­lare i primi son­daggi non uffi­ciali, a urne ancora aperte: il no al 51 per cento, poi al 54. Fin­ché, alle 19 in punto, ai primi “opi­nion polls” che davano il no in van­tag­gio la gioia era esplosa e la ten­sione si era sciolta negli abbracci e nei sor­risi con­di­visi con gli alleati euro­pei (rap­pre­sen­tanti della Linke tede­sca, della spa­gnola Pode­mos, ciprioti dell’Akel, irlan­desi dello Sinn Fein, la nutrita dele­ga­zione ita­liana, rap­pre­sen­ta­tiva di tutta la galas­sia della sini­stra) accorsi già da venerdì a soste­nere la rivo­lu­zione euro­pea par­tita da una peri­fe­ria del con­ti­nente e il suo con­dot­tiero Ale­xis Tsi­pras, che ha vinto la scom­messa più grande tra­sci­nan­dosi die­tro più della metà abbon­dante del popolo greco.

Non sono ser­vite a molto le inge­renze euro­pee e la con­fu­sione media­tica, dav­vero impres­sio­nante, messa in piedi ad arte da un fronte del sì con pochi argo­menti a pro­pria dispo­si­zione se non quello, abi­tuale, della paura. Un argo­mento che però i greci hanno riget­tato, come si intuiva nelle strade e si è capito la sera della grande mani­fe­sta­zione di venerdì a soste­gno del no. Lo sape­vano tutti, anche quelli del sì che in un docu­mento a uso interno già gio­vedì scri­ve­vano che il no era al 70 per cento nei cen­tri urbani e che per­fino il 10 per cento degli elet­tori di Nea Demo­cra­tia avrebbe votato a favore del piano dei cre­di­tori. Ma hanno con­ti­nuato a fin­gere e a pro­pa­gan­dare son­daggi inat­ten­di­bili e costruiti alla biso­gna per sola pro­pa­ganda elet­to­rale. Ci sono cascati in molti, ma solo chi non voleva vedere per par­tito preso non ha capito quello che stava fer­men­tando ancora una volta nella pan­cia della società ellenica.

Nella notte di piazza Syn­tagma cir­cola una bat­tuta: «I colpi di stato non avven­gono più by tanks, but by banks», con chiaro rife­ri­mento ai carri armati della dit­ta­tura dei colon­nelli che in tanti ancora ricor­dano qui in Gre­cia e al rischio che siano ora le ban­che, asfis­siando la popo­la­zione, a pro­muo­vere il regime change. Ma but­tare giù Ale­xis Tsi­pras e il suo governo è ora molto più dif­fi­cile per tutti, anzi i più deboli sono i fal­chi dell’austerità, a comin­ciare da Angela Mer­kel e Jean Claude Junc­ker (anche se, tra i lea­der euro­pei, nes­suno esce bene da que­sta sto­ria, com­preso il nostro Mat­teo Renzi), ed è stato que­sto il colpo da mae­stro del pre­mier greco. Ma a come andare avanti si pen­serà da oggi, subito per­ché la situa­zione non con­sente di ter­gi­ver­sare, con calma e deter­mi­na­zione com’è stato fino a oggi. Ora è il tempo di festeg­giare, la notte di Syn­tagma è ancora lunga.



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