Occupazione, crescita troppo lenta

Occupazione, crescita troppo lenta

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NEW YORK La crescita dell’economia italiana è talmente lenta che di questo passo «ci vorranno quasi vent’anni per ridurre il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi». Il rapporto del Fondo monetario sull’eurozona semina ottimismo sulle prospettive comuni dei 19 Paesi, ma è particolarmente severo con Italia e Portogallo. L’Istituto di Washington descrive un clima generale più favorevole elencando le tre condizioni di quadro ormai note a tutti: basso prezzo del petrolio; aumento della liquidità grazie al «quantitative easing» della Bce; svalutazione dell’euro. Un leggero aumento di stipendi e salari sta alimentando la domanda interna. Gli analisti di Washington, quindi, tornano a insistere sul consolidamento del mercato unico e condividono l’intenzione della Bce di acquistare titoli di Stato almeno fino al settembre 2016.
In ogni caso il Pil di Eurolandia salirà dell’1,5% nel 2015, mentre per il 2016 è previsto l’1,7%. Sono numeri ancora lontani dal sentiero americano che sempre secondo le previsioni del Fondo toccherà il 3,1% nel 2015 e nel 2016. Le distanze si allargano ancora di più quando si guarda al lavoro: il tasso di disoccupazione della zona euro è ancora superiore all’11%, mentre negli Stati Uniti è prossimo al 5%. Gli analisti del Fmi entrano nello spessore sociale delle cifre, sottolineando come «l’alta disoccupazione giovanile potrebbe danneggiare il capitale umano potenziale, portando a una generazione perduta».
Dalla visione d’insieme all’esame più dettagliato, per Paese. La Germania mostra continuità, ma ha margini per migliorare il ritmo di crescita dell’1,5%. La Spagna «si sta riprendendo con forza», mentre «l’Italia emerge da tre anni di recessione». Le notazioni sulla Penisola hanno suscitato molte polemiche e la reazione del ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan che in una nota osserva: «La stima del Fmi secondo la quale occorrerebbero 20 anni per riportare l’occupazione a livello pre crisi è basata su una metodologia che non tiene conto delle riforme strutturali che sono state già introdotte».
Secondo i dati Istat, il tasso di disoccupazione in Italia oggi è pari al 13,0%; nel 2007 era al 6,1%. Nel rapporto di ieri le raccomandazioni per il governo di Roma sono raggruppate in una scheda. Ma è sufficiente tornare al 7 luglio per conoscere il pensiero del Fmi sullo stato dell’arte in Italia. Il board dei direttori del Fondo «accoglie con favore i progressi nelle riforme strutturali per aumentare la produttività… e raccomanda di applicare il Jobs act, osservando che ciò aiuterà a ridurre la segmentazione del mercato del lavoro e a favorire il ricollocamento dei dipendenti». Sempre in tema di occupazione il Fmi sollecita lo sviluppo della contrattazione decentrata o di secondo livello e «sottolinea l’importanza di completare le riforme già progettate sui modelli di retribuzione e sul sistema educativo». Anche lo scorso anno il rapporto del Fmi arrivava più o meno alla stessa conclusione: l’Italia è rimasta indietro, può e deve accelerare.
Giuseppe Sarcina


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