I segni di tracollo dell’economia greca

 I segni di tracollo dell’economia greca

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Molti prevedono crolli nelle prime ore di scambi, seguiti magari da rimbalzi indotti da qualche cacciatore di titoli a prezzi di saldo. E tutti studieranno al microscopio le oscillazioni delle banche, anello debole fra i deboli della Borsa di Atene che oggi riparte dopo cinque settimane di «vacanza». Comunque vada, sarà una delle riaperture più surreali che la storia del capitalismo ricordi.
Lo sarà in primo luogo per le sue circostanze e le procedure. La Borsa venne chiusa per decreto del governo dal 29 giugno, con la Grecia sull’orlo della secessione dall’euro e i cittadini decisi in ogni modo a sfilare i propri risparmi dal sistema finanziario prima del crollo. Oggi finalmente il listino torna a funzionare, ma lo farà entro una sorta di campana di vetro. I greci potranno comprare e vendere azioni di società quotate ad Atene, ma non trasferire fondi dai propri conti bancari ellenici per acquistare titoli sulla Borsa del loro Paese. Solo a chi opera dall’estero sarà permesso di muoversi liberamente, per tutti gli altri investitori vale invece un vincolo più serrato di quello in vigore sul resto dell’economia: persino ora, in pieno regime di controlli di capitale, i greci possono comunque pagare un prodotto nazionale, una prestazione di lavoro o le tasse tramite un bonifico via Internet. Le azioni quotate sulla Borsa di Atene invece no.
Un coprifuoco così persistente ha un obiettivo preciso: ostacolare le triangolazioni che lascino fuggire fondi verso l’estero. Da stamattina il rischio è che chiunque si accordi con un operatore a Londra o a Zurigo per fargli fare un’operazione che sposti i proventi fuori dal Paese. In poche settimane, la Grecia si troverebbe svuotata della poca liquidità che resta nei suoi confini. La Borsa di Atene si risveglia dunque dentro una sorta di ingessatura che aiuta il sistema a tenersi in piedi malgrado se stesso, e non potrebbe esserci metafora più appropriata dello stato generale del Paese.
Esso oggi è più precario di quanto appare anche dopo la fragile tregua di luglio. Nelle prossime due settimane il governo di Alexis Tsipras e quelli dei creditori europei dovrebbero mettersi d’accordo su un pacchetto di aiuti da 86 miliardi di euro fino al 2018. Ma un’occhiata da vicino alla realtà dietro questo ennesimo «salvataggio» mostra che, se e quando l’accordo sarà raggiunto, potrebbe essere tardi. Nel frattempo sarà già stata superato dalla realtà e dunque insufficiente a stabilizzare il Paese. Una nuova tornata di tensioni e dilemmi impossibili si intravede già all’orizzonte.
Prima ancora della politica, lo segnalano i numeri: già oggi l’economia greca tradisce tutti i segni di un tracollo più rapido di quanto risulti dalle stime ufficiali. Nella sua «valutazione» della richiesta di Atene di nuovi aiuti, stilata il 10 luglio, la Commissione Ue prevede che la Grecia quest’anno registri una caduta del Pil fra il 2 e il 4%. È probabile però che la recessione alla fine sarà più profonda di così. L’Ufficio parlamentare di bilancio di Atene per esempio ha iniziato a guardare agli effetti degli limiti imposti al ritiro di contanti, perché da fine giugno i greci hanno quasi smesso di comprare prodotti che non siano alimenti, medicine o altri beni assolutamente essenziali.
L’effetto sull’economia è stato enorme. Secondo l’ufficio di bilancio di Atene, una caduta dei consumi dell’80% comporta una contrazione del Pil dell’1,5% ogni settimana (o dell’1% se invece la caduta dei consumi è «solo» del 50%). La Grecia era già rientrata in recessione nei primi sei mesi di quest’anno, ma da allora l’avvitamento non ha fatto che accelerare. Da qualche settimana si aggiungono a frenare i consumi anche l’aumento a tappeto dell’Iva e quello dei prelievi su tutte le pensioni, imposto dai governi creditori. L’effetto a questo punto è inevitabile: quest’anno la Grecia è diretta verso una caduta del Pil del 7% o dell’8%, il doppio di quanto ufficialmente previsto, quindi anche le stime sugli equilibri di bilancio o il peso del debito sono fatalmente destinati ad essere rivisti in peggio.
Lo scenario di agosto ha tutta l’aria di un déjà vu , in questa interminabile saga ellenica: si firmerà un accordo per un nuovo pacchetto di prestiti, ma non molto tempo dopo debitori e creditori dovranno accettare l’evidenza e ammettere che non basta. La Grecia avrà bisogno di ancora nuove risorse per stare in piedi, ammesso che riesca sopportare gli ulteriori sacrifici che a quel punto la Germania vorrà imporre in contropartita. La caduta del Pil si aggraverà, innescando un altro giro della stessa spirale. E fino a quando possa continuare, oggi né ad Atene né a Berlino si trova più qualcuno in grado di dirlo.
Federico Fubini


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