Il caos libico e l’assenza dell’Onu limitano la mis­sione europea

Il caos libico e l’assenza dell’Onu limitano la mis­sione europea

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Una mis­sione euro­pea a rag­gio d’azione limi­tato. La crisi libica e l’impossibilità di arri­vare a un governo di unità nazio­nale che possa final­mente avviare un pro­cesso di paci­fi­ca­zione nel Paese nor­da­fri­cano riduce note­vol­mente anche l’attività di Euna­v­for Med, la mis­sione a guida ita­liana che l’Unione euro­pea ha lan­ciato il 22 giu­gno scorso con l’obiettivo di con­tra­stare i traf­fi­canti di migranti.

Nei pro­getti di Bru­xel­les, e per come è stato pro­get­tata dal con­si­glio euro­peo, la mis­sione si dovrebbe arti­co­lare in tre fasi: rac­colta di infor­ma­zioni utili a un moni­to­rag­gio delle reti uti­liz­zate dagli sca­fi­sti e pat­tu­glia­mento in alto mare con la pos­si­bi­lità di fer­mare e seque­strare i bar­coni inter­cet­tati in acque in inter­na­zio­nali, natu­ral­mente dopo aver messo in salvo i migranti.

La seconda e terza fase riguar­dano invece la pos­si­bi­lità di fer­mare, seque­strare e distrug­gere car­rette del mare, gom­moni e pilo­tine uti­liz­zate dai traf­fi­canti in acque libi­che. Azioni che, nelle inten­zioni dell’Ue, dovreb­bero avve­nire anche nei porti libici usati di traf­fi­canti come base di par­tenza dei loro traffici.

Il pro­blema è che per attuare la seconda e la terza fase Bru­xel­les non può agire da sola ma deve neces­sa­ria­mente atten­dere una richie­sta di inter­vento da parte delle auto­rità libi­che e comun­que a seguito di una riso­lu­zione dell’Onu. E qui si ferma tutto.

Sia per­ché, nono­stante gli sforzi com­piuti fino a oggi da Ber­nar­dino Leon, il media­tore dell’Onu che da mesi si spende alla ricerca di un com­pro­messo tra le varie fazioni in lotta, ogni pos­si­bile via d’uscita dal caos libico appare ancora lon­tana, sia per­ché il Con­si­glio di sicu­rezza dell’Onu è da mesi diviso sulla pos­si­bi­lità di auto­riz­zare un inter­vento in acque (e sul suolo) libico, soprat­tutto per la dif­fi­denza mostrata dalla Rus­sia verso una nuova ope­ra­zione in Libia dopo l’intervento mili­tare del 2011.

Per quanto limi­tata nel suo rag­gio di azione, la mis­sione euro­pea comun­que pro­cede. Tre giorni fa il par­la­mento ita­liano ha dato il via libera defi­ni­tivo alla par­te­ci­pa­zione del nostro paese a Euna­v­for fino al 30 set­tem­bre pros­simo. Per que­sti primi tre mesi è stato stan­ziato un finan­zia­mento di 26 milioni di euro e l’impiego di 1.020 mili­tari. Il quar­tier gene­rale della mis­sione si trova a Roma sotto il comando dell’ammiraglio Enrico Cre­den­dino, che può con­tare su quat­tro unità navali – la nave ammi­ra­glia Cavour, due navi tede­sche e una inglese – e cin­que mezzi aerei, un aereo fran­cese, uno lus­sem­bur­ghese, due eli­cot­teri ita­liani e uno inglese.

Nel frat­tempo dopo l’operazione Mare nostrum, gra­zie alla quale nel 2014 sono stati sal­vati 170 mila migranti, la Marina mili­tare ita­liana non è stata con le mani in mano e oltre a pro­se­guire le ope­ra­zioni di sal­va­tag­gio nel canale di Sici­lia, pro­cede alla distru­zione di bar­coni uti­liz­zati dagli sca­fi­sti. Dallo scorso mese di aprile a 7 luglio, attra­verso al nuova mis­sione Mare sicuro, sono stati tratti in salvo 23 mila migranti, arre­stati 72 sca­fi­sti e affon­dati 250 barconi.

Si tratta, ha spie­gato tre set­ti­mane fa in com­mis­sione Affari costi­tu­zio­nali del Senato l’ammiraglio Giu­seppe De Giorgi, di imbar­ca­zioni che «sono già in stato di mar­ce­scenza e non si deve fare gran­ché per affon­darle. Sono bar­che a per­dita e quando sono i con­di­zioni fati­scenti, sicome pos­sono costi­tuire un peri­colo letale, i trat­tati con­sen­tono di affon­darle anzi­ché lasciarle andare come ice­berg alla deriva».

Pri­vare le orga­niz­za­zioni cri­mi­nali dei bar­coni rap­pre­senta un duro colpo per i traf­fi­canti. Non a caso nei mesi scorsi sca­fi­sti a bordo di imbar­ca­zioni veloci e armati di mitra hanno sfi­dato le moto­ve­dette della nostra Guar­dia costiera per ripren­dersi le car­rette e se non si sono veri­fi­cati scon­tri a fuoco si deve solo al fatto che i mari­nai ita­liani hanno pre­fe­rito pro­teg­gere i migranti anzi­ché ingag­giare un combattimento.

«Non è detto che la Libia abbia una capa­cità di costruire bar­coni — ha spie­gato sem­pre al Senato l’ammiraglio De Giorgi — e que­sto di vede dalla rab­bia e dalla deter­mi­na­zione con cui cer­cano di recu­pe­rare quelli usati: signi­fica che quando affon­dano per loro è una grave perdita».



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