La corsa contro il tempo per investire i 12 miliardi stanziati dall’Europa

La corsa contro il tempo per investire i 12 miliardi stanziati dall’Europa

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ROMA Come al solito, quella del governo italiano sarà una corsa contro il tempo per non perdere qualche miliardo di euro di finanziamenti europei per il Mezzogiorno. Incredibile, vista l’urgente necessità di investimenti di cui ha bisogno il Sud. Secondo l’ultimo monitoraggio Ue effettuato il 31 maggio (il prossimo il 31 ottobre), dei 46 miliardi e mezzo di euro del programma 2007-2013 (di cui 28 dal bilancio comunitario e il resto da risorse nazionali) l’Italia deve ancora certificare 12 miliardi di spesa. Ha tempo fino al 31 dicembre per presentare a Bruxelles le richieste di rimborso e fino al 31 marzo 2017 per depositare i relativi documenti. Non tutto è perduto, quindi. Ma a Palazzo Chigi, dove il premier Matteo Renzi è impegnato a preparare la proposta per il rilancio del Sud che presenterà venerdì alla direzione del Pd, ammettono che l’obiettivo «è molto impegnativo e difficile, a causa dei ritardi del passato».
In sette mesi, infatti, bisognerebbe fare quello che non si è fatto in anni, cioè rendicontare spese per 12 miliardi, di cui 9,8 nel Mezzogiorno, 7 dei quali dovrebbero essere spesi dalle Regioni. I fondi più a rischio sono quelli che al 31 maggio avevano un livello di spesa certificata inferiore al 50%. In particolare: 370 milioni del Pon (Piano operativo nazionale) Reti e mobilità, destinato alle grandi infrastrutture nel Sud, ma qui i collaboratori di Graziano Delrio assicurano che si sta recuperando; 277 milioni del Pon Energia; 330 milioni del Fesr (Fondo europeo sviluppo regionale) Sicilia e 265 milioni del Fesr Calabria. A complicare il tutto ci sono i vincoli di finanza pubblica. Per esempio, se Molise, Puglia, Calabria e Campania tirassero fuori tutti i cofinanziamenti necessari a non perdere i fondi Ue, dovrebbero impegnare così il 60% della spesa loro consentita nel 2015 dal patto di Stabilità interno e col restante 40% provvedere tutte le altre spese. Ecco perché il governo vorrebbe ottenere da Bruxelles maggior flessibilità sul computo del cofinanziamento.
Alle brutte, si farà come in passato, pur di non perdere i fondi, si ricorrerà alla cosiddetta riprogrammazione, spostandoli da interventi che si sono arenati a programmi che funzionano. Serve però una cabina di regia, dopo che l’ex sottosegretario Delrio è stato mandato alla guida delle Infrastrutture, portandosi dietro una parte delle competenze sui fondi comunitari, mentre della materia dovrebbe occuparsi anche il suo successore a Palazzo Chigi, Claudio De Vincenti. Una cabina di regia anche perché non c’è solo da evitare di perdere fondi del vecchio programma, ma bisogna poi gestire quelli del nuovo. Una montagna di soldi. Secondo il rapporto appena presentato da Confindustria, mettendo insieme i fondi Ue, i cofinanziamenti nazionali e i residui del programma 2007-2013, il Sud «avrà a disposizione circa 11 miliardi all’anno per i prossimi 9 anni». In tutto, un centinaio di miliardi per il periodo 2015-23.
Affinché l’Italia ottenga i fondi Ue per il 2014-20 bisogna però che la commissione approvi i relativi programmi nazionali e regionali. Finora è accaduto per 40 sui 50 previsti. Renzi punta a chiudere la partita entro settembre. Delrio, intanto, sottolinea che la Commissione europea ha appena approvato il Pon Reti e infrastrutture che prevede 1,8 miliardi da spendere nel 2014-20 nel Sud. Tra le opere in programma, aggiunge, l’alta velocità in Sicilia, la ferrovia Napoli-Bari-Taranto, investimenti sulle autostrade A3 e Jonica e lo sviluppo dei porti di Palermo, Catania, Taranto e Napoli. Più in ritardo appaiono le Regioni. Ma più in ritardo ancora, la cabina di regia appunto. Eppure, due anni fa, il governo Letta istituì per decreto l’Agenzia per la coesione territoriale. Un anno dopo, la nomina del direttore generale, Maria Ludovica Agrò (già direttore generale del ministero dello Sviluppo). E ancora un anno dopo, qualche giorno fa, ecco il bando per la selezione di 37 esperti. Un altro ente inutile?
Enrico Marro


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