Lavoro irregolare: 484 milioni non versati ai lavoratori
Contributi. Le attività di ispezione dell’Inps non forniscono dati incoraggianti: i contributi dovuti dalle imprese ai lavoratori e non versati nelle casse della previdenza ammontano per il primo semestre a oltre 484 milioni di euro, mentre i premi assicurativi non versati all’Inail ammontano a circa 45milioni di euro.
Dopo l’aumento della disoccupazione (+22 mila a giugno), sul mercato del lavoro restano i nuvoloni neri. Nel primo semestre del 2015, il 59% delle aziende pratica lavoro irregolare, come emerge dalla relazione sull’Attività ispettiva delle Strutture territoriali del Ministero del lavoro.
Un dato in forte aumento rispetto al primo semestre dell’anno precedente. Circa il 5% delle aziende ispezionate sono state sospese per «utilizzo di personale non dichiarato in misura pari o superiore al 20% di quello presente al momento dell’accesso». In forte aumento anche i reati contro la dignità e la salute del lavoratore, riscontrate nel 17% delle ispezioni, e quelli relativi alla tutela delle lavoratrici madri e all’impiego di lavoratori extracomunitari clandestini.
Le attività di ispezione dell’Inps non forniscono dati incoraggianti: i contributi dovuti dalle imprese ai lavoratori e non versati nelle casse della previdenza ammontano per il primo semestre a oltre 484 milioni di euro, mentre i premi assicurativi non versati all’Inail ammontano a circa 45milioni di euro.
Piuttosto che fornire ulteriori dettagli di una situazione che si aggrava, in un momento in cui il lavoro scarseggia, il governo comunica le informazioni riguardanti le ispezioni come forma di successo dell’attività ispettiva.
Queste giustificazioni risultano quanto mai forzate: l’aumento del numero di casi irregolari scoperti dalle autorità non corrispondono necessariamente a un miglioramento dell’attività ispettiva, ma potrebbero costituire semplicemente il frutto di un aumento netto delle irregolarità che, a parità di accertamenti, vengono scoperti. Il ministero del lavoro non comunica che in alcune regioni del Sud, ad esempio in Sicilia, mancano le risorse per le ispezioni e di conseguenza l’attività di vigilanza non viene svolta.
La mancanza di informazioni precise riguarda anche il tipo di contratti su cui si riscontrano maggiori irregolarità e i settori di attività. Nulla viene detto sul sensibile incremento dal primo semestre del 2014, né vengono forniti dati quantitativi affinché sia possibile svolgere analisi e rendere pubbliche informazioni utili ai cittadini per comprendere il comportamento delle imprese. Piuttosto che insabbiare queste informazioni, il governo prenda atto di una situazione allarmante.
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