Il leader dell’Hdp Demirtas scampato ad un attentato

Il leader dell’Hdp Demirtas scampato ad un attentato

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Il leader del partito democratico dei Popoli (Hdp), Salahettin Demirtas, è scampato ad un tentato omicidio nella notte tra domenica e lunedì. La sua vettura è stata raggiunta da un proiettile mentre si trovava a Diyarbakir, il capoluogo del Kurdistan turco. Secondo quanto raccontato dallo stesso Demirtas, il colpo, sparato all’altezza della testa, è stato notato dalle sue guardie del corpo solo quando sono scesi dall’auto. «La morte è nella volontà di Dio», ha twittato con non poco fatalismo il leader kurdo dopo l’attentato. La polizia turca ha smentito la ricostruzione dei fatti. Non è la prima volta che Demirtas subisce un tentativo di omicidio. Sono numerose le denunce di bombe in sedi di Hdp a pochi minuti dai suoi interventi. Lo stesso attacco di Diyarbakir del 4 giugno scorso era avvenuto a due passi dal palco dove il politico avrebbe dovuto prendere la parola.

Le violenze contro i kurdi non si sono placate dopo il voto del 1 novembre scorso che ha sancito il definitivo ingresso in parlamento della sinistra filo-kurda. Per alcuni si è trattato di un ridimensionamento del risultato elettorale del 7 giugno scorso ma in realtà Hdp ha dimostrato di avere una base elettorale ben radicata sul territorio e molto motivata. A tal punto che la grande attivista kurda, Leyla Zana, per giorni in sciopero della fame dopo l’annuncio della campagna anti-Pkk, mascherata da azioni anti-Is, avviata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan a luglio, ha voluto giurare in lingua kurda il giorno dell’insediamento del nuovo parlamento, attirandosi le contestazioni di islamisti, kemalisti e nazionalisti.

Ad appena tre settimane dal voto, sono 26 i morti nelle province kurde di Hakkari, Silvan, Silopi e Nusaybin in scontri tra cittadini comuni e polizia. In molte di queste città vige il coprifuoco ormai da giorni. Gli scontri più violenti si sono svolti a Nusaybin dopo undici giorni di coprifuoco. Hasan Dag, 45 anni, è morto dissanguato perché non ha ricevuto cure tempestive. Il co-sindaco di Cizre, roccaforte Hdp, Leyla Imret, è stata arrestata a Diyarbakir. Come effetto del coprifuoco, decine di case a Nusaybin sono rimaste senza acqua corrente e corrente elettrica, mentre gli ospedali locali risultano chiusi al pubblico. Stessa sorte tocca anche ai combattenti kurdi delle Unità di protezione maschili e femminili (Ypg-Ypj) che hanno subito un nuovo attacco dello Stato islamico nella città di Tel Abyad, liberata lo scorso giugno. Un kamikaze su una moto-bomba si è fatto saltare in aria nel centro urbano uccidendo due persone e ferendone venti. L’azione è una rappresaglia lanciata in seguito all’avanzata dei combattenti kurdi siriani, insieme a militanti del Partito dei lavoratori kurdi (Pkk) e peshmerga iracheni, che avevano ripreso la città di Sinjar da oltre un anno nelle mani dei jihadisti.

È la politica di Giustizia e sviluppo (Akp), il partito del presidente, ad essere ambigua nei confronti di Is e durissima verso i kurdi. I confini tra Turchia e Siria sono stati porosi al passaggio di armi e uomini dei jihadisti e sigillati per i profughi kurdi e siriani. Erdogan ha chiesto regole restrittive per la sua safe-zone in territorio siriano, l’invio di dieci mila soldati turchi e la costruzione di un muro, in via di completamento, nel cantone di Efrine. Unione europea e Nato non hanno mai criticato l’operato dell’esercito turco, anzi hanno promosso la Turchia come paese sicuro per stabilire qui gli hotspot che altro non sono che punti di detenzione per i profughi siriani che così non potranno raggiungere la Grecia e il resto d’Europa.

Ma la Turchia sta subendo anche attacchi duri da parte di Is, che ormai è sfuggito di mano anche alle autorità turche per diretta ammissione del premier Ahmet Davutoglu. Dopo l’attentato di Ankara, costato la vita a 102 persone lo scorso 10 ottobre, un volo della Turkish Airlines è stato dirottato due giorni fa in Canada in seguito ad un allarme bomba. Per l’intelligence di Ankara, sarebbe stato sventato un attentato di Is al G20 di Antalya della scorsa settimana. Il piano è stato rinvenuto sul computer di Yunus Durmaz, ritenuto il capo della cellula di Is a Gaziantep, sud-est turco. Il computer era stato sequestrato a ottobre in un’operazione sulle indagini sulla strage di Ankara.



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