Le notizie di Redattore Sociale sulla presentazione del Rapporto diritti globali 2015

Le notizie di Redattore Sociale sulla presentazione del Rapporto diritti globali 2015

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Il nuovo disordine mondiale. Don Ciotti: “Rischiamo la pace, è tempo di scelte non violente”

Il presidente di Gruppo Abele e di Libera è intervenuto durante la presentazione del XIII rapporto sui diritti globali. “Non c’è pace senza giustizia sociale. Abbiamo un obbligo morale: quello di cambiare insieme la storia e non subirla. Le associazioni, i movimenti devono portare il loro contribuito”

17 novembre 2015 – 14:52

ROMA – “Il rapporto sui diritti globali graffia la nostra anima, pone a tutti noi delle domande e ci invita a fare di più”. Lo ha detto Don Luigi Ciotti, presidente Gruppo Abele e di Libera, intervenuto questa mattina durante la presentazione del tredicesimo rapporto sui diritti globali, “Il nuovo disordine mondiale”, curato dall’Associazione Società Informazione Onlus e promosso da Cgil con la partecipazione di ActionAid, Antigone, Arci, Cnca, Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Forum Ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente. “È necessario avere strumenti per conoscere e per diventare più responsabili. Questo studio pesa sulla nostra coscienza. Non è possibile che la povertà, le disuguaglianze continuino ad aumentare anno dopo anno”, ha affermato. “Abbiamo un obbligo morale: quello di cambiare insieme la storia e non di subirla. Le associazioni, i movimenti devono portare il loro contribuito”.

Don Ciotti ha poi ricordato il peso delle mafie nella crisi globale che stiamo vivendo: “Siamo schiacciati dalla forza delle organizzazioni criminali: le mafie son tornate più potenti di prima in un momento di disordine globale. Hanno il denaro per investire nei nuovi mercati. La filiera agroalimentare è nelle loro mani: hanno cambiato nome e volti ma sono sempre gli stessi criminali protetti dalla politica. Nel 1900 don Sturzo disse che la mafia ha i piedi in Sicilia ma la testa a Roma e che sarebbe risalita su per lo stivale fino a raggiungere il nord. Dopo un secolo, siamo ancora qui. Sono morti ammazzati preti, sindacalisti ma nulla è cambiato. Lotta alla mafia vuol dire prima di tutto puntare su scuola e lavoro. L’Italia ha sei milioni di analfabeti, siamo agli ultimi posti in Europa. È la cultura che dà la sveglia alle nostre coscienze”.

“Questo rapporto – ha continuato Don Ciotti -, ci dimostra che siamo stati troppo prudenti e tiepidi. Dobbiamo osare di più, fare delle scelte scomode. Dobbiamo rinnegare la violenza che ci ha sempre accompagnato nella nostra storia. Non c’è pace senza giustizia sociale. Rischiare la pace significa avere il coraggio di cambiare, di costruire diritti e libertà. Il 40 per cento dei conflitti nel mondo sono stati fatti per la mancanza di acqua e di terra. Sono milioni le famiglie di piccoli agricoltura che vivono in uno stato di sofferenza. La disuguaglianza sociale è una miscela esplosiva”.

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Crisi e “disordine mondiale”: Europa sempre più blindata difende i suoi privilegi

Rapporto sui diritti globali “Il nuovo disordine mondiale”, curato dall’Associazione Società Informazione Onlus e promosso da Cgil. “Guerra e terrorismo si alimentano dalla stessa fonte, sono fratelli. Bisogna eliminare dalla storia la guerra in tutte le sue varianti”

17 novembre 2015 – 14:14

Roma – Uno sguardo lucido sullo stato di salute della società in cui viviamo. È il tredicesimo rapporto rapporto sui diritti globali, “Il nuovo disordine mondiale”, curato dall’Associazione Società Informazione Onlus e promosso da Cgil con la partecipazione di ActionAid, Antigone, Arci, Cnca, Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Forum Ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente e presentato questa mattina a Roma. Lo studio dà conto, attraverso dati e approfondimenti, dello stato dei diritti e delle diseguaglianze nel mondo. “Il rapporto deve far discutere e ragionare: la crisi non è superata e ci lascerà un mondo diverso da quello che conoscevamo”, ha affermato Danilo Barbi, segretario nazionale Cgil, “Abbiamo bisogno di una politica in grado di dare risposte diverse. Le cose si possono cambiare, non serve essere degli eroi per portare ordine in questo caos”.

Di fronte ai grandi cambiamenti mondiali, alle guerre e al terrorismo, l’Europa sta rispondendo con una politica di chiusura, come ha spiegato Sergio Segio curatore del Rapporto, direttore di Associazione Società Informazione: “Si stanno costruendo nuove barriere, fortini sempre più blindati che hanno l’unica funzione di difendere i propri privilegi. L’Ue ha adottato una politica che monetizza la vita e il destino di chi fugge. Assistiamo ad una strage silenziosa: nel solo Mediterraneo, ci sono state oltre 3400 vittime, tra le quali un numero crescente di bambini. C’è un nesso stretto tra migrazione e guerre. Più si allargano gli eventi bellici e più aumentano le persone che fuggono: nel mondo 59 milioni di persone che sono scappate dalle proprie terre, 4 milioni provengono dalla Siria. Lo scorso settembre l’immagine del piccolo bimbo Alan morto annegato mentre fuggiva con la sua famiglia ha commosso il mondo solo per un breve istante. Tanti dopo di lui sono morti e continuano a morire senza lasciare traccia, senza destare scandalo o ripensamenti nelle politiche globali e nella chiusura delle frontiere”.

La pressione migratoria che ha messo in questi mesi in difficoltà l’Europa è minima: il peso principale viene sostenuto dai paesi in via di sviluppo, che accolgono ben l’86% dei 19 milioni e mezzo di rifugiati. Eppure, il 2015 è stato l’anno dei nuovi muri, delle barriere di filo spinato: il premier ungherese Orban ha realizzato una barriera di filo spinato sul confine con la Serbia di 174 chilometri per impedire l’ingresso dei richiedenti asilo.

“La crisi è diventata strutturale ormai: le persone a rischio di povertà in Europa sono 1 su 4, in Italia uno su 3, il 28 per cento della popolazione, per un totale di 17 milioni e 330mila persone”, ha continuato Segio. “L’Europa non ha investito nel welfare, con un taglio sulla spesa sociale per un ammontare totale di circa 230 miliardi di euro. Crescono le concentrazione delle ricchezze a livello mondiale in mano a poche persone. La crisi non ha spinto i governi a ridurre il peso delle disuguaglianze: la nuova lotta di classe mira a fare tabula rasa dei diritti conquistati negli anni passati”. La ricchezza delle 80 persone più facoltose al mondo è raddoppiata in termini nominali tra il 2009 e il 2014, mentre la ricchezza del 50% più povero della popolazione nel 2014 è inferiore a quella posseduta nel 2009.

Tutto questo ha alimentato i disordini mondiali a cui assistiamo. “Come ha detto il Papa, stiamo vivendo una terza guerra mondiale: la prima vittima del terrorismo è lo stato di diritto. Ma guerra e terrorismo si alimentano dalla stessa fonte, sono fratelli. Il settore bellico è intrecciato a quello finanziario e le banche che investono negli armamenti. Bisogna eliminare dalla storia la guerra in tutte le sue varianti. La spesa militare è un nuovo e gigantesco sistema di sperpero: occorre piuttosto fare rete e iniziare a cambiare le cose dal basso”.

Alla presentazione del rapporto è intervenuto anche Don Armando Zappolini, presidente Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza: “Produrre dati ci aiuta a leggere la realtà”, ha affermato. “È uno strumento indispensabile per denunciare le cose che non vanno ma anche le soluzioni sbagliate con cui stiamo rispondendo agli avvenimenti nel mondo. Ci attaccano con le armi che noi abbiamo venduto loro. È evidente che qualcosa non va. Davanti a un welfare ridotto, all’aumento delle disuguaglianze si risponde diminuendo la spesa pubblica. In questo modo non si andrà da nessuna parte”. (gabriella lanza)

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La povertà che diventa un crimine: è il nuovo “disordine mondiale”

Rapporto per i diritti globali. Da un lato si posiziona l’invisibile euforia della finanza, mentre dall’altro si stagliano le ben più tangibili conseguenze dell’enorme depressione economica e sociale. Domani la presentazione a Roma

16 novembre 2015 – 16:24

ROMA – Nel nuovo disordine globale si afferma lo scontro tra paradigmi contrapposti e il mondo –  in preda a una crisi strutturale – appare ormai senza rifugi. Nel nuovo disordine globale la povertà diventa un crimine, mentre la crisi si fa strumento di governo e moltiplicatore dell’instabilità: da un lato si posiziona l’invisibile euforia della finanza, mentre dall’altro si stagliano le ben più tangibili conseguenze dell’enorme depressione economica e sociale.

Questi sono solo alcuni dei temi trattati nel Rapporto per i Diritti Globali (tredicesima edizione), che verrà presentato domani a Roma, nella Sala Simone Weil della sede della Cgil di Corso Italia, 25 alle ore 11.   

Il rapporto, curato dall’Associazione Società Informazione Onlus e promosso da Cgil con la partecipazione di ActionAid, Antigone, Arci, Cnca, Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Forum Ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente dà conto dello stato dei diritti e delle diseguaglianze del Pianeta. Al tempo della globalizzazione neoliberista, lo scenario disegnato svela un’Europa che mostra tutta la fragilità delle proprie istituzioni. Un’Europa che seleziona, specula e costruisce muri e barrierementre il peso dell’esodo più consistente dalla Seconda Guerra Mondiale (che conta oltre 59 milioni di persone costrette per ragioni politiche o economiche a lasciare il proprio paese), viene sostenuto principalmente dai paesi cosiddetti in via di sviluppo, che accolgono l’86% dei 19 milioni e mezzo di rifugiati nel mondo.

Come riferisce lo studio, per numerose aree geografiche il 2015 è stato l’anno di una vera e propria “guerra contro i poveri” (e non alla povertà): l’anno in cui le politiche hannomaggiormente premiato la grande finanza e gli stessi responsabili della crisi finanziaria.Secondo  le statistiche, nell’ultimo anno un europeo su quattro, infatti, sarebbe a rischio di povertà ed esclusione sociale: 122,6  milioni dieci in più dall’inizio della crisi. Alcuni degli Stati membri mostrano percentuali ancor più drammatiche: come la Bulgaria (48%), la Romania (40,4%) e la Grecia (35,7%), l’Ungheria (33,5%), mentre l’Italia registra il 28,4%, che corrispondono ad un totale di 17 milioni e 330mila persone sotto la soglia della povertà; dato superiore alla media europea. A fronte di questo quadro, la risposta dell’Europa tra il 2008 e il 2012 è stata quella di disivestire nel welfare, in nome di austerità e fiscal compact, tagliando di circa 230 miliardi di euro sulla spesa sociale, e a questo si è aggiunta la tendenza (che l’Europa sembra aver ricalcato dagli Usa) alla criminalizzazione della povertà piuttosto che al suo sostegno.

Le Banche Centrali ( a partire dal 2007) hanno, infatti, accresciuto la quantità di moneta emessa di 24 miliardi di Euro: rialzi che hanno provocato una grande euforia finanziaria a cui sono corrisposti degli effetti devastanti per la società civile. Altro dato rilevante è il fatto che nel 2015 il 50% della ricchezza mondiale si sia concentrato nelle mani di ottanta persone. Ottanta “potenti” che detengono una quantità di ricchezza che corrisponde a quella posseduta complessivamente da 3 miliardi e mezzo di persone: il 50% più povero della popolazione mondiale.

Il rapporto dedica un’attenzione particolare poi al tema che ha maggiormente calcato le scene del 2015: quello dell’alimentazione, mostrando come la “Grande Narrazione” che ha attraversato la vetrina di Expo 2015, abbia perso l’occasione di intavolare una seria riflessione sull’attuale modello di produzione del cibo e suoi rischi futuri. Difatti, il paradigma imposto dalle multinazionali e dall’agricoltura industriale sarebbe responsabile del 75% dei danni biologici procurati del Pianeta, malgrado sia in grado di produrre solamente il 30% del cibo consumato nel mondo. Nel rapporto viene indicato inoltre, come logiche orientate unicamente al massimo profitto e alla speculazione finanziaria, che fanno gli interessi delle grandi corporations e vengono ulteriormente sostenute dai trattati commerciali in corso (primo tra tutti il Ttip, il Transatlantic Trade and Investment Partnership, il trattato commerciale di libero scambio tra Usa ed Europa) stiano producendo devastanti effetti sugli stessi paesi industrializzati. 

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