Migranti, fra i disperati del Pireo “Sognare l’Italia costa 2.200 euro”

Migranti, fra i disperati del Pireo “Sognare l’Italia costa 2.200 euro”

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ATENE. « Un passaggio per l’Italia, via Albania, 2.200 euro». Alla Borsa dei disperati del Pireo, un migliaio di rifugiati accampati da giorni al molo E2 del porto ateniese, il Belpaese è tornato all’improvviso a far prezzo. «E’ la legge della domanda e dell’offerta », scherza – ce la fa ancora – Yasser Zubeidi, partito tre settimane fa dalla Siria e seduto all’ombra del Knossos Palace, il maxi-traghetto della Minoan Lines. L’Europa ha chiuso le frontiere e messo in quarantena la Grecia. Oltre 45mila migranti sono intrappolati nel limbo ellenico. E a fregarsi le mani, rilanciando la “Destinazione Italia”, è il triste caravanserraglio dei trafficanti d’uomini, rispuntati come parassiti attorno ai campi profughi nati dal nulla ad Atene.

«L’Italia ce l’hanno già proposta tre persone – spiega Yasser -. Sappiamo che il corridoio albanese è pericoloso. C’è montagna e neve, poi l’Adriatico. I “mafiosi” di Tirana sono crudeli. Ma qualcuno cederà alla tentazione. L’unica prospettiva che abbiamo – con la Macedonia off-limits – è quella che ci offrono loro ». Difficile dargli torto. L’Europa si è lavata la coscienza firmando un assegno da 750 milioni per l’emergenza al governo Tsipras. E il cerino del dramma dei migranti è rimasto in mano alla Grecia, impegnata in una corsa contro il tempo per evitare che la situazione degeneri – come temono le Nazioni Unite – «in una crisi a tutto campo». I numeri fotografano da soli la tragedia ellenica: l’accordo Ue-Turchia non ha fermato gli arrivi sulle isole dell’Egeo, 10mila negli ultimi 5 giorni. I posti letto per i rifugiati sono 33mila («arriveremo presto a 50mila”, promette il sottosegretario alla Difesa Dimitris Vitsas), 10mila in meno di quelli necessari. E se il summit di domani tra Bruxelles e Ankara non fermerà lo tsunami – «non ci sono ancora le condizioni per un accordo», ha ammesso il presidente Ue Donald Tusk – la situazione potrebbe esplodere.

«Qui è il caos – dice Raina, insegnante afgana di 23 anni in viaggio con marito e figlio di 7 mesi -. Non sappiamo più dove andare. Indietro però non torniamo ». Lei si è sistemata con altri 3.500 disperati in quel che è rimasto del vecchio aeroporto Hellinikon a Glyfada. «Abbiamo 20 gabinetti chimici, ci aiutano i medici di “Doctors of the World” e un paio di Ong ci portano i pasti », racconta. Quattromila migranti sono sistemati al campo di baseball delle Olimpiadi 2004. Un altro migliaio nel palazzetto del Taekwondo. I volontari ellenici – un raggio di luce nel buio di questa tragedia – fanno miracoli. Diecimila greci hanno portato in piazza Syntagma qualche giorno fa tonnellate di aiuti tra cibo e vestiti. Ma per Filippo Grandi, Alto Commissario per i rifugiati dell’Onu, non basta: «Non c’è più tempo. Dobbiamo dare risposte immediate».

Il governo Tsipras fa il possibile. «L’esercito è al lavoro per offrire sistemazioni decenti a tutti », dice Vritsas. Tsipras ha messo in piedi un comitato d’emergenza con tecnici di Difesa, Interni e Sanità. Primo obiettivo: spostare «senza usare la forza» i 12mila accampati a Idomeni, al confine con Macedonia. «Io da qui non mi sposto» dice fermo Mohamed Chawki, ex tornitore pachistano appena arrivato al Pireo da Lesbos mentre ritira coperte e medicinali dall’ex noleggio di Mini-minor diventato centro smistamento di beni di prima necessità al molo E7. Un pullman blu è fermo davanti a lui, pronto a portare 50 persone al campo di Volos. «Non sono scappato per farmi intrappolare in una tendopoli – continua – Voglio raggiungere mio cugino in Svezia». Ce la farà? Non sarà semplice. L’Europa in allerta per l’apertura di nuove rotte della migrazione (l’allarme è nelle bozze d’accordo del vertice di domani) si è impegnata «ad assorbire 6mila migranti al mese». «Quanti ne arrivano in Grecia in quattro giorni», dice scorato Petros, fornaio che porta qui ogni sera due sacchi di pane. Dei 160mila ricollocamenti promessi da Bruxelles, ne sono andati in porto solo 385. Mohamed scuote la testa e si fa da parte per evitare di essere imbarcato sul bus. Passerà un’altra notte in tenda nel porto. E domani, magari, guarderà meglio quelle offerte per l’Italia.



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