«Ha rubato per fame, non è reato» La sentenza che assolve il clochard

«Ha rubato per fame, non è reato» La sentenza che assolve il clochard

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Sembra Dickens o Hugo: squarci d’un Ottocento che macinava i più deboli negli ingranaggi di una società spietata. E invece è la nostra Cassazione, oggi. Sentenza 18248, quinta sezione penale: rubare non è sempre una colpa, dipende dal perché si ruba. La crisi e la miseria, che in Italia negano ormai un pasto quotidiano decente a sedici persone su cento, fanno infine giurisprudenza. Così, se il costume italiano compie grandi balzi all’indietro verso infamie che pensavamo quasi scomparse dalle nostre strade, come la morte per inedia sotto un ponte, i supremi giudici ne tengono, ragionevolmente, conto.

Il giovane clochard Roman Ostriakov non pretendeva certo di ergersi a eroe eponimo di questa stagione triste: gli sarebbe bastato sopravvivere, e mirava a scacciare i morsi della fame quando, avendo pagato alla cassa di un supermarket solo un pacchetto di grissini, s’è infilato in tasca una confezione di würstel e due pezzi di formaggio, per un valore complessivo di quattro euro e sette centesimi (sì, avete letto bene: questa è la materia che in un Paese gravato da 60 miliardi l’anno di corruzioni ha implicato tre gradi di giudizio per acclarare alla fine che «il fatto non costituisce reato»).

Roman finirà per essere ricordato in questa battaglia globale tra chi ha e chi non ha, ben oltre le proprie intenzioni, perché è così che va la storia ed è probabile che nemmeno Rosa Parks immaginasse di scrivere una delle più famose pagine della lotta contro il razzismo rifiutando di cedere il proprio posto in bus a un bianco. La sua è in fondo una ballata pop stonata in primo e secondo grado da giudici genovesi ignari del lodo De André («sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame»). Il ragazzo, colto sul fatto nel supermercato dopo la segnalazione di un cliente pieno di zelo, ha, come si dice, precedenti specifici. Ovvero: non è la prima volta che rubacchia e che lo beccano. Male, certo. Ma i crampi allo stomaco sono peggio, deve aver pensato lui. Stavolta però i giudici decidono che merita una lezione: il 12 febbraio 2015 gli appioppano sei mesi di reclusione e cento euro di multa (cifra del tutto teorica viste le condizioni economiche del reo). Roman non sarebbe certo in grado di ricorrere e la cosa finirebbe lì, peggio per lui. Ma, davvero come in una trama di Victor Hugo, si muove a pietà la pubblica accusa, ovvero il procuratore generale Antonio Lucisano. È proprio il pg che si rivolge alla Cassazione perché sia alleviata la pena: non è stato davvero un furto, sostiene Lucisano, ma un tentato furto, visto che il ragazzo è stato bloccato prima che uscisse dalle porte scorrevoli del supermarket. Maurizio Fumo, presidente della quinta penale, e Francesca Morelli, consigliere relatore, vanno ben oltre questa richiesta e annullano senza rinvio la condanna: «La condizione dell’imputato e le circostanze in cui è avvenuto l’impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte a un’immediata e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità».

Sentenza definitiva, storia chiusa. Dunque non siamo più di fronte ai carabinieri buoni che pagano di tasca loro lo scontrino del ladro affamato, sia esso un pensionato indigente o uno straniero disperato. E siamo anche oltre la sentenza che a Frosinone, due anni fa, mandò assolta una mamma che aveva rubato dieci euro di pollo per i suoi bambini: diverso, qui, è il livello del giudizio. Come nel dopoguerra neorealista, come in tutti i periodi bui, si torna ad arraffare ciò che si può, per tirare avanti. Confcommercio segnala il 20 per cento in più di furti per fame, le statistiche ci dicono che ogni giorno contiamo 615 nuovi poveri. Poiché il diritto non è altro che la scatola dove trova forma il nostro vivere assieme, era impensabile che la giurisprudenza non prendesse atto della realtà. E si plachi la stupida canea di chi accuserà di buonismo questa sentenza. Ogni anno, ciascuno di noi fortunati spreca 42 chili di cibo: per disattenzione, sazietà, noia. Se a qualcuno, prima di aprire la pattumiera, salterà in testa che esistono anche le vite degli altri, la vita di Roman sarà stata preziosa.



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