Tre nuovi hotspot mobili e 1.500 posti per chi va espulso Così l’Italia risponde alla Ue

Tre nuovi hotspot mobili e 1.500 posti per chi va espulso Così l’Italia risponde alla Ue

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ROMA Tre nuovi «hotspot» mobili da aprire in Puglia, Reggio Calabria e Sardegna. Centri di smistamento e identificazione dei migranti che si aggiungono ai cinque già operativi e ai due che entro luglio saranno attivati in Sicilia. È questa la novità contenuta nella lettera che sarà inviata questa mattina a Bruxelles per evitare la «procedura di infrazione» minacciata dalla Commissione europea. Ma non è l’unica. Perché nella missiva firmata dal capo del Dipartimento Immigrazione Mario Morcone e dal capo della polizia Franco Gabrielli c’è l’impegno a ripristinare entro un mese i 1.500 posti nei Cie per chi deve essere espulso «anche se nessuna norma europea prevede questo tipo di obbligo». E viene chiarito che «l’eventuale “hotspot” galleggiante, quindi a bordo di una nave, servirebbe soltanto da “ammortizzatore” in caso di emergenza per flussi elevati per effettuare lo screening sanitario e prendere le generalità».

Stanziare subito 500 milioni di euroIl piano approvato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano ha naturalmente una condizione «politica» che passa per la cooperazione sui rimpatri che l’Italia ha chiesto e ribadirà la prossima settimana quando si discuterà il «Migration Compact», per concedere aiuti ai Paesi di origine degli stranieri per tentare di fermare le partenze. L’ultima proposta prevede l’impiego di 500 milioni di euro, di cui 140 per progetti in Nigeria, Libia, Etiopia, Senegal e gli altri Stati africani che vorranno essere inseriti nel progetto.

Nel corso del vertice europeo sarà fornito il quadro di situazione dell’Italia. Secondo i dati aggiornati al 1° giugno sono approdati sulle nostre coste 47.873 migranti e sono oltre 122.550 quelli che vengono assistititi. Circa il 35 per cento — questo il risultato del lavoro delle commissioni — ha diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. I posti per l’accoglienza sono ormai finiti. Dieci giorni fa dal Viminale è stata diramata una circolare che imponeva a tutte le Province di prendere in carico 70 stranieri. Al termine della campagna elettorale si chiederà di nuovo la cooperazione di Comuni e Regioni, soprattutto in previsione di un’estate che si teme drammatica per quanto riguarda il flusso degli arrivi.

I nuovi 1.100 posti pronti in Sicilia

La richiesta di chiarimenti del commissario Dimitri Avramopoulos era arrivata il 13 maggio scorso e «pur riconoscendo il forte impegno dell’Italia nell’affrontare l’attuale situazione» contestava «un gran numero di sbarchi al di fuori dei punti di crisi (hotspot), e i previsti gruppi mobili addetti ai punti di crisi non sono ancora operativi», per questo chiedeva di «predisporre gli “hotspot” supplementari in Sicilia».

Nella risposta del Viminale che sarà recapitata per via diplomatica viene evidenziata la piena funzionalità di cinque centri: Lampedusa (500 posti), Trapani-Milo ( 400), Pozzallo (300), Taranto (400 posti) per un totale di 1.600 posti. E si specifica l’apertura di altri due strutture — una da 800 e l’altra da 300 posti — in Sicilia. Ma soprattutto si sottolinea che «i fotosegnalamenti vengono sempre assicurati». Rimane il problema di alcune etnie che rifiutano di farsi prendere le impronte digitali perché non vogliono essere registrati in Italia, ma su questo si stanno studiando metodi alternativi proprio per garantire l’identificazione di tutti.

Centri mobili in tre Regioni

I 13 mila arrivi della scorsa settimana hanno dimostrato ancora una volta la necessità di non gravare sempre sulla Sicilia proprio per evitare situazioni di forte emergenza. E dunque si è deciso di potenziare i «team mobili» composti da funzionari nazionali e delle due organizzazioni internazionale Easo e Unhcr, da inviare «nelle località in cui emerge una esigenza di gestione di persone di Paesi terzi arrivate sul nostro territorio, nonché nei luoghi di approdo fuori dagli hotspot» in modo da stabilire chi ha diritto all’asilo e chi invece deve essere sottoposto alla procedura di espulsione e rimpatrio.

In particolare queste strutture saranno allestite in Calabria, Puglia e Sardegna. Non saranno postazioni fisse, si sta pensando di sistemarle all’interno dei porti proprio per impedire le fughe. Ma la procedura di identificazione sarà rispettata grazie ai macchinari che sono a disposizione della polizia e garantiscono la registrazione delle impronte digitali.



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