Dal Niger al Corno d’Africa le nuove “fabbriche” di profughi che spaventano l’Europa

Dal Niger al Corno d’Africa le nuove “fabbriche” di profughi che spaventano l’Europa

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Niger, Corno d’Africa, Siria. Sono i tre “serbatoi” di profughi e migranti che più spaventano. Sudan, Libia, Giordania, Egitto sono invece i Paesi di transito sotto i riflettori. Perché l’estate si avvicina e il bollettino delle partenze si aggiorna di continuo. Nuove crisi e vecchi conflitti aprono rotte e cambiano i flussi dei migranti. Unhcr e Frontex monitorano le aree più calde: «Tre bombe a orologeria sono pronte a esplodere».

La lista dei Paesi dai cui partono i migranti è lunga e drammatica. Si lasciano alle spalle guerre, terrorismo e fame. «In Kenya, Etiopia e Niger, dove ci sono immense campi profughi, si registrano gravi problemi di carenze alimentari – spiega Carlotta Sami, portavoce Unhcr per il Sud Europa – in Sud Sudan, una delle aree più critiche, ci sono violenze e siccità. Poi c’è un nuovo fenomeno: i migranti costretti dai cambiamenti climatici, come accade in Etiopia e Somalia, difficili da catalogare».
Due sono oggi i sorvegliati speciali: Nigeria e Mali. I nigeriani in fuga sono 186.474 e 2.155.618 gli sfollati. I profughi dal Mali sono 135.417 e 36.762 gli sfollati. Dove vanno? In gran parte in Niger: il Paese di transito che oggi più allarma. È da anni infatti lo snodo principale dei trafficanti che muovono i rifugiati provenienti dall’Africa occidentale.
Qui stazionano centinaia di migliaia di migranti. «È una situazione terribile e per noi è una corsa contro il tempo», avverte la Sami. Un esempio? Le violenze di Boko Haram, negli ultimi due anni, hanno costretto più di 150mila nigeriani a fuggire in Niger. La maggior parte si è stabilita nella regione di Diffa. Da qui in migliaia sono pronti a partire, diretti in Libia e poi verso l’Europa.
Per capire il fenomeno, basta sapere che già oggi i nigeriani sono in testa tra i 47.881 migranti sbarcati in Italia nel 2016. Non a caso il Migration compact proposto dal governo italiano alla Ue punta a un intervento di sostegno rapido proprio in Nigeria.
Questa potrebbe essere dunque la grande emergenza estiva. Ma non certo l’unica, purtroppo.
L’altro scenario ha numeri da grande esodo: parte da Eritrea e Somalia, passa da Sudan ed Egitto, arriva fino all’Italia. Più di due milioni i profughi in fuga dall’Eritrea verso i Paesi confinanti. Ben 977.706 i rifugiati che scappano dalla Somalia. Non solo. In Etiopia stazionano oltre 230mila profughi sud sudanesi. Guardando agli arrivi via mare in Italia nel 2016, tra le prime dieci nazionalità dichiarate al momento dello sbarco compaiono proprio eritrei, sudanesi e somali. Partono quasi tutti dalla Libia. Ma si ingrossa col passare delle settimane la rotta dall’Egitto. Il rischio è l’apertura di una via di carovane verso l’Egitto, attraverso il Sudan: percorso più breve e veloce rispetto a quello fin qui seguito verso la Libia, che potrebbe riversare migliaia di persone in pochi giorni sulle coste egiziane.
La prima “fabbrica” di profughi resta però la guerra in Siria. Questa è l’emergenza più monitorata: 4.844.762 i siriani in fuga, soprattutto verso la Turchia (2.744.915 profughi ospitati). Ma il timore è che la chiusura della rotta balcanica, in seguito all’accordo Ue-Ankara del 20 marzo, spinga i siriani su rotte alternative. I trafficanti si sono già messi alla ricerca di nuove vie, «perché la domanda dei profughi che voglio raggiungere l’Europa – sostiene Christopher Hein, consigliere strategico del Cir (Consiglio italiano rifugiati) – resta altissima ». Due le ipotesi al vaglio degli uomini del Viminale e di Frontex. La prima: i siriani potrebbero partire dalla Turchia, dal Libano (1 milione e 48mila), dalla Giordania (655mila) e dalla stessa Siria, aggirare Israele, dove resta impossibile passare, attraversare la Giordania via terra, imbarcarsi sul Mar Rosso e arrivare in Egitto, nel Sinai. Poi dall’Egitto potrebbero partire per l’Italia. Altra ipotesi è via mare dalla Turchia verso Creta e Italia. Per ora nessuna conferma, ma è questo lo scenario più allarmante.


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