La Cgil sull’articolo 18 ora ricorre alla Corte europea

La Cgil sull’articolo 18 ora ricorre alla Corte europea

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La decisione della Consulta di bocciare il quesito sull’articolo 18 non sembra arrivare inattesa alla Cgil: alla conferenza stampa di Susanna Camusso, indetta alle 15,30 poco dopo la sentenza, erano già esposti i manifesti limitati ai voucher e appalti, «Con 2 Sì libera il lavoro». Ovviamente nei file di Corso d’Italia c’era anche l’altra locandina – «identica, cambiava solo il numero: un 3», ha spiegato la segretaria – ma alla fine quel poster non verrà mai stampato. Eppure il sindacato non si arrende, e annuncia che anche sull’articolo 18 «la battaglia continua, attraverso la contrattazione» e «con un ricorso alla Corte europea» già al vaglio dei suoi giuristi.

LA CGIL ATTENDE le motivazioni della Consulta, ma Camusso ribadisce che la formulazione del quesito «era rispettosa dell’articolo 75 della Costituzione», e mette in evidenza piuttosto «il dibattito molto intenso degli ultimi giorni, con una pressione quotidiana senza precedenti su come si sarebbe dovuto decidere». E subito dopo, il riferimento diretto all’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni: «È stato dato per scontato che l’intervento del governo attraverso l’Avvocatura dello Stato fosse dovuto, mentre invece non lo era: è stata una scelta politica».

Il governo insomma – che per stessa dichiarazione del premier Gentiloni si pone in piena continuità di quello Renzi, autore del Jobs Act che ha messo in soffitta l’articolo 18 – ha fatto una vera e propria campagna di pressione per evitare il suffragio dei cittadini sul tema dei licenziamenti.

NODO CHE COMUNQUE la Cgil non intende abbandonare: «Perché per noi – spiega la segretaria Camusso ai giornalisti – il tema della libertà sul luogo di lavoro resta fondamentale. E tu la puoi esercitare solo se sei tutelato rispetto ai licenziamenti senza giustificato motivo. Tra l’altro, non si capisce perché un comportamento illegittimo in qualsiasi campo venga sanzionato, mentre si dovrebbe ritenere accettabile solo nelle relazioni con le imprese. Quindi proseguiremo ad affermare questo principio, sia con la contrattazione, come abbiamo già fatto in diversi casi, sia con un possibile ricorso alla Corte europea».

Ma intanto, sui voucher e sugli appalti, «la campagna referendaria è già iniziata», ha spiegato Camusso, e «da oggi in poi chiederemo ogni giorno al governo di fissare una data per la consultazione». Quanto a possibili correzioni sui ticket lavoro per via parlamentare – unico modo per evitare il pronunciamento popolare – la Cgil «valuterà con attenzione ogni proposta, ma se le premesse sono quelle che abbiamo sentito finora, ovvero piccoli correttivi, non ci siamo». Perché la nuova eventuale legge «deve soddisfare l’intento dei proponenti».

POI LA POLEMICA con il presidente dell’Inps Tito Boeri, che aveva attaccato la Cgil accusandola di «ipocrisia» per l’uso dei voucher allo Spi emiliano. «Abbiamo appreso dall’Inps che la Cgil usa 750 mila euro di voucher, e la Cisl 1,5 milioni. A parte il fatto che sono equivalenti a tre persone e mezzo che lavorano ogni anno a tempo pieno contro i 160 milioni staccati nel 2016, ci preoccupa la trasparenza applicata a noi mentre c’è opacità sui grandi utilizzatori: abbiamo chiesto a Boeri i dati ma non ce li ha mai forniti». Se insomma l’Inps si imbarca in una polemica politica pubblicando i numeri relativi a Cgil e Cisl, perché non dà quelli su McDonald’s o altri colossi che ricorrono ai voucher?

La segretaria Cgil smentisce un altro dato che circola sui voucher, ovvero che essi siano «marginali»: «Secondo le cifre ufficiali, dal 2003 abbiamo avuto una crescita del 27 mila per cento, straordinaria e unica nel suo genere – spiega – E poi, dai pochi numeri forniti dall’Inps riguardo al 2015, sappiamo che per la media di età di 59,8 anni sono stati riscossi solo lo 0,5%, mentre ben 88 milioni hanno riguardato la fascia di età media di 35,9 anni».

QUELLA FASCIA, cioè, «che dovrebbe avere un’occupazione stabile, per potersi dare una prospettiva di vita». Il voucher, al contrario, «sostituisce il lavoro stabile, e per questo è uno strumento malato, da eliminare». Il nuovo strumento che dovrebbe regolare secondo la Cgil le prestazioni accessorie, al contrario, «dovrebbe presupporre sempre sempre l’esistenza di un contratto di lavoro».

Proposte che, ricorda Camusso, sono contenute nella «Carta dei diritti universali del lavoro», testo che verrà discusso a breve con tutti i partiti: ma non con Pd e Lega, unici che per ora non hanno risposto all’invito del sindacato.

INFINE GLI APPALTI: «Riguardano milioni di persone – ha concluso Camusso – E spesso le cooperative o aziende spariscono senza pagare stipendi e contributi. Il referendum chiede di estendere la responsabilità in solido all’impresa appaltante».

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