Giuliani a capo della cyber security negli USA

Giuliani a capo della cyber security negli USA

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NEW YORK  Durante la campagna elettorale Trump aveva promesso di istituire un «Cyber review team» allo scopo di rafforzare la sicurezza informatica delle agenzie federali, «Il team – aveva spiegato Trump – sarà costituito da esperti di cyber security del mondo militare, civile e privato e dovrà controllare sistematicamente la sicurezza delle agenzie federali, indagare su sospetti hacker e prevenire le violazioni».

QUESTO TEAM ADESSO ha un capo: giovedì the Donald ha annunciato che alla guida di «alcune delle più grandi menti informatiche di qualsiasi parte del mondo che affronteranno i problemi di sicurezza informatica del governo degli Stati uniti» sarà il controverso ex sindaco di New York Rudy Giuliani.
La notizia è stata subito accolta con sconcerto in quanto non si capisce perché alla guida di un team di cyber security ci debba essere un 72 enne che non ha un account Twitter e che a malapena usa l’email, ma il cui ruolo sarà quello di guidare una task force sulla pirateria informatica rivolta al settore privato che verrà regolarmente consultata e che verrà affiancata da incontri del presidente con gli executive delle principali imprese.

GIULIANI IN REALTÀ È A CAPO di una società di consulenza, la Giuliani Partners, che si occupa di sicurezza informatica, ma come riportato da Vice’s Motherboard, è difficile dire quello che faccia questa società, ed è ancora più difficile dire che cosa faccia Giuliani per loro, oltre ad esserne il volto. Subito dopo l’annuncio alcuni esperti di sicurezza hanno dato uno sguardo al sito della Giuliani Partner e hanno iniziato a sbeffeggiarlo senza pietà su Twitter a causa della presenza di alcune vulnerabilità eclatanti che fanno pensare più ad un web site costruito a metà degli anni ’90 che ad un faro della sicurezza informatica.

PARE CHE QUESTO SITO sia un incubo proprio in fatto di sicurezza, come dettagliato da Dan Tentler, il fondatore Phobos Group: il sito Giuliani Security & Safety gira su una versione antica di Joomla!, un sistema libero di gestione dei contenuti (Cms), risalente a quasi quattro anni fa, durante i quali sono state documentate più di una dozzina di vulnerabilità: in pratica un colabrodo.
Questa non è nemmeno la parte peggiore. Il sito non comprende tutta una serie di altre pratiche banali che sarebbero ovvie anche per uno studente alle prime armi con la sicurezza informatica. Ad esempio, fa notare Tentler, sia la pagina di login che il sistema di accesso remoto del server, sono pubbliche, il che rende molto più facile per un utente malintenzionato accedervi.

In tutto ciò il problema principale, ha scritto sul Guardian il giornalista, attivista e avvocato Trevor Timm, co-fondatore e direttore esecutivo di Freedom of the Press, è che Washington tradizionalmente «invece di pescare tra gli esperti di sicurezza informatica, in molti casi continua a mettere i propri amici a capo di un problema monumentale che richiede, oltre ad avere connessioni politiche o relazioni con i donatori, un’enorme competenza tecnica». Giuliani ,secondo Trimm, è solo un esempio particolarmente grottesco di un problema di vecchia data, che è, in un certo senso, in perfetta linea con l’amministrazione Trump: vediamo un altro uomo ricco in una posizione in cui ha chiaramente un interesse personale al fine di generare maggiori introiti per se mentre molto probabilmente danneggerà quelli che si suppone dover aiutare.

L’azienda di sicurezza informatica di Giuliani grazie alla sua posizione otterrà contratti più favorevoli, mentre il popolo americano ne pagherà le conseguenze. Del sindaco di New York si era parlato addirittura come futuro segretario di stato; invece Giuliani dovrà accontentarsi di un ruolo minore ma economicamente molto vantaggioso. Questa carica, fa notare il New York Times, riflette fino a che punto l’ex sindaco sia caduto in disgrazia nell’universo Trump: Giuliani non si trasferirà a Washington, come aveva sperato, e invece di avere la carriera politica rinvigorita continuerà a gestire la sua società di consulenza, facendola diventare un po’ più grande.

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