Le sfide della pace in Colombia. Il nuovo numero di Global Rigths

Le sfide della pace in Colombia. Il nuovo numero di Global Rigths

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Quattro lunghi e accidentati anni di negoziati all’Avana tra il governo e i guerriglieri delle FARC-EP hanno dato come frutto un Accordo di Pace per la Colombia che ha vissuto fino all’ultimo momenti di tensione, come dopo il risultato del referendum del 2 ottobre, vinto dal fronte del No seppure con uno stretto margine (e una partecipazione del 37% degli aventi diritto al voto). Il referendum, voluto unilateralmente dal presidente Juan Manuel Santos, ha rivelato le resistenze di alcuni settori della società colombiana che non vogliono accettare che la pace è l’unica via possibile.

Tenendo in considerazione il risultato del referendum, le due parti hanno accettato di rinegoziare l’Accordo iniziale per riformulare alcuni punti così come suggerito e proposto dalla destra del No e da altri settori della società. In questa seconda occasione l’accordo è stato ratificato all’unanimità dal Senato e dal Congresso colombiano, seppure con la significativa e inquietante assenza di quei deputati vicini all’ex presidente Alvaro Uribe.

E’ obbligatorio dire che i primi passi verso l’implementazione del nuovo Accordo, firmato il 12 novembre a Bogota, sono stati complicati e poco promettenti visto che nella sua prima settimana di vita sono stati assassinati 5 leader sociali e due guerriglieri delle FARC sono stati freddati da cecchini dell’esercito. Il successivo rapporto della Commissione di Verifica internazionale è stato piuttosto deludente, visto che consente speculazioni sulla possibile impunità che potrebbe essere garantita nello sviluppo dell’implementazione degli accordi, per evitarne la rottura.

Gli equivoci e soprattutto la lunga mano dell’impunità, nel caso colombiano, possono essere tragici come ben confermano alcuni tristi antecedenti: gli insorti e la sinistra colombiana, M-19 o Marcha Patriotica, sono sempre stati fedeli e rispettosi degli accordi, ma lo stesso non si può dire dei governi di una oligarchia troppo legata al paramilitarismo e in numerose occasioni relazionata al fruttuoso business del narcotraffico.

La pace in Colombia ha davanti a sé l’enorme sfida di tradurre fogli e parole in fatti, ma deve riuscire anche ad andare oltre per cambiare la vecchia e radicata pratica sociale, politica e storica di risolvere con la violenza e la morte dell’avversario quello che dovrebbe essere risolto con un confronto di idee e proposte.

Non si può non citare l’appuntamento ancora sospeso con l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) con il quale il governo dovrà raggiungere un accordo di pace simile a quello firmato con le FARC in tempi brevi.

La Colombia ha bisogno oggi di un accompagnamento interno forte, un protagonismo che corrisponde alla sua società, però c’è bisogno anche di un controllo e verifica internazionale, sia da parte dei governi garanti e testimoni degli accordi già firmati (Cuba, Norvegia, Venezuela e Cile) che da parte della ONU e di altri paesi europei, così come degli USA che si sono impegnati verbalmente con questo processo di pace. C’è bisogno anche di tutte le componenti di una società civile internazionale che deve avere ruolo di testimone e accompagnante per garantire che tutti, senza eccezione, rispettino i patti e aiutare così a porre davvero la parola fine ad un conflitto che ha tutti i dati di una guerra civili di oltre sei decenni: 250 mila morti riconosciuti in quello che è solo il primo rapporto ufficiale, un elenco che può raggiungere i 700 mila morti se si arriverà davvero a chiarire e far emergere la verità. Più di sei milioni di sfollati interni, migliaia di scomparsi e crimini di guerra di ogni tipo.

 

Il nuovo numero di Global Rights Magazine è dedicato tutto alla Colombia che si appresta alla lenta e difficile implementazione degli accordi raggiunti all’Avana. Mentre scriviamo, giunge la notizia dell’omicidio di un’altra leader sociale colombiana, questa volta nella tormentata città di Buenaventura, porto dove coincidono mille interessi multinazionali, a scapito dei diritti delle persone. Global Rights Magazine è stato al fianco del processo di pace colombiano in questi anni, spesso difficili. Certamente accompagnerà il post- conflitto e l’implementazione degli accordi, sapendo che la via della pace è piena di ostacoli e sfide. Come diceva Nelson Mandela: fare la guerra non è impresa così complessa come fare la pace.

La Colombia e i colombiani e le colombiane, tuttavia,  hanno oggi il diritto e l’opportunità di costruire il loro presente, concentrarsi sul loro futuro e rileggere il loro passato. E questa che chiamiamo comunità internazionale, noi stessi, abbiamo l’obbligo etico, politico, morale e personale di aiutare i colombiani a far sì che la speranza e la pace diano radici profonde in un paese che è loro e nostro, come cittadini del mondo, affinché mai più si debba parlare di guerra in Colombia.

Il nuovo numero di Global Rights Magazine è disponibile sul sito www.global rights.info in tre lingue (inglese, spagnolo, italiano) e liberamente sfogliabile.

 



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