Voucher. Il ministro Poletti prova a rifare il «buono»

Voucher. Il ministro Poletti prova a rifare il «buono»

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Referendum Cgil. «Non ci sentiamo sconfitti per il No al quesito sull’articolo 18. La battaglia continua. E i correttivi ai ticket lavoro non bastano». «Non vogliamo votare a ogni costo, ma raggiungere un obiettivo a ogni costo»

La strategia per neutralizzare i referendum Cgil continua. Dopo la decisiva sentenza della Corte Costituzionale che ha cassato il quesito sull’articolo 18, il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha aperto a un ripensamento dell’ultima frontiera del precariato: i voucher. Poletti ha ribadito che, tra febbraio e marzo, dopo l’esito del monitoraggio sulla tracciabilità dei «buoni lavoro», e comunque prima dell’indizione dei due referendum, il governo apporterà le modifiche ai voucher invocate da tutti. Ieri ilministro sembra essersi anche sbilanciato: «Noi riteniamo necessario intervenire per riportare i voucher alle loro ragioni originali – ha detto – Non stiamo immaginando un maquillage per evitare il voto».

LA STRATEGIA ERA GIÀ EVIDENTE dalle ore successive allo schiaffone referendario preso dai renziani il 4 dicembre. Dopo l’esclusione del quesito sull’articolo 18, la madre di tutte le battaglie, questa strada sembra essere in discesa. Il quorum da raggiungere e la prevedibile campagna filo-governativa sulle modifiche apportate a voucher e appalti non favoriranno la crescita di un clima da sfida. Ancora più difficile sarà la campagna referendaria se le modifiche annunciate saranno votate anche dalla minoranza del Pd. Ipotesi da non escludere nel caso in cui passi il progetto di legge del presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano che intende riportare i voucher alla legge Biagi del 2003, usandoli per i lavori autenticamente occasionali.

LA POSIZIONE della minoranza Dem andrà valutata nel caso più probabile di una riduzione dei tempi di incasso del rimborso per i datori di lavoro da 1 anno a 6-3 mesi; la riduzione del tetto per i lavoratori da 7mila a 5mila euro all’anno e la riduzione di settori di applicazione (ad esempio l’edilizia, come richiesta dal ministro dell’agricoltura Martina); l’esclusione dei lavoratori contrattualizzati dalla possibilità di usufruire dei buoni per il lavoro accessorio.

PER MAURIZIO SACCONI, presidente della commissione lavoro al Senato, ora vanno bene le modifiche ai voucher, ma a condizione di «liberalizzare contratti intermittenti che possono essere stipulati anche a tempo indeterminato». Dunque non solo il lavoro nero continuerà a volare, con o senza voucher, ma si prospetta un’infornata di contratti che renderanno eterna la precarietà dei «lavoretti». È il rebus del lavoro occasionale a cui si continua a negare le tutele, mentre si continua a trattarlo come una seconda o terza attività, non come la forma emergente e continuativa del lavoro in quanto tale. Un rebus di non facile soluzione che costringe all’angolo la minoranza del Pd.

ROBERTO SPERANZA, leader della minoranza Dem e candidato alla segreteria Pd, ha annunciato di votare «Sì» ai quesiti Cgil in mancanza di modifiche a voucher e appalti. E ha rilanciato la modifica sui licenziamenti: «Crescono quelli disciplinari – sostiene – Anche se non ci sarà il referendum, vogliamo fare finta di niente? Non vogliamo fare un articolo 18? Facciamo un 17 e mezzo». La battuta di Bersani ha fatto scuola, ma non se ne farà niente. Quando Gentiloni è arrivato a Palazzo Chigi ha detto: «Non ho nessunissima intenzione di toccare l’articolo 18». Insomma, il Jobs Act non si tocca.

LA CGIL «non si sente sconfitta» ed è orientata ad aprire un contenzioso davanti al Comitato europeo dei diritti sociali contro la legge «ingiusta» sui licenziamenti disciplinari. Mercoledì 18 gennaio al teatro Nuovo di Milano è prevista un’assemblea generale che avvierà la campagna referendaria per i due «Sì» ai quesiti sull’abolizione dei voucher e per l’introduzione della responsabilità solidale negli appalti. Susanna Camusso ha nuovamente respinto la «teoria del complotto» secondo la quale i giuristi Cgil avrebbero volontariamente concepito un quesito «manipolativo» per farselo rifiutare dalla Consulta e allungare l’esistenza del governo Gentiloni. Il quesito è stato respinto da una lettura giuridica. Che è anche, inevitabilmente, politica.

«La nostra battaglia continua, e non è ideologica – ha detto la segretario Cgil – Se uno fa un licenziamento illegittimo, quella illegittimità va sanzionata. La Corte non si è pronunciata sul merito della legge: il suo è un giudizio procedurale, non sul merito». Camusso ha aperto all’ipotesi di un intervento del governo. Sui voucher sostiene «non vogliamo votare ad ogni costo, ma raggiungere un obiettivo a ogni costo». Avanza la richiesta di nuove regole sul lavoro occasionale all’interno di una forma contrattuale. In caso di modifica non sostanziale del quesito referendario si andrà al voto, previa consultazione tra la corte di Cassazione e il comitato promotore del referendum.

*** Dossier: referendum contro il Jobs Act ***

Articolo 18 e voucher, i modi per neutralizzare i quesiti referendari della Cgil
Jobs Act. Ichino e Anpal sostengono l’incostituzionalità della norma sui licenziamenti. Corso Italia smentisce. E sui «buoni lavoro» gli interventi rischiano di essere inefficaci

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*** Poletti contro i giovani, cervello in fuga

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