Dror Ektes: «Il piano di pace secondo Netanyahu è l’apartheid»

Dror Ektes: «Il piano di pace secondo Netanyahu è l’apartheid»

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GERUSALEMME. Il dopo Trump-Netanyahu alla Casa Bianca è segnato dalle reazioni alle dichiarazioni fatte durante la conferenza stampa congiunta dal presidente americano e dal premier israeliano su punti centrali come la soluzione dei Due Stati – messa nel congelatore ma invocata anche ieri da Nazioni Unite e Lega araba – le colonie ebraiche, il ruolo dei Paesi arabi in un ipotetico negoziato israelo-palestinese. Trump, secondo indiscrezioni, vorrebbe convocare in tempi stretti un summit con i leader arabi alleati degli Stati Uniti.

Di questi temi abbiamo parlato con l’analista Dror Ektes, esperto di colonizzazione ebraica in Cisgiordania e a Gerusalemme est e delle politiche israeliane nei Territori occupati.

Trump e Netanyahu hanno silurato la soluzione dei Due Stati e così facendo hanno aperto una opportunità all’idea di uno Stato unico, per ebrei e palestinesi, con eguali diritti

Non correrei troppo. E comunque non hanno detto la stessa cosa. Trump è un personaggio imprevedibile, che dice di cui a mio avviso forse non sa nulla o molto poco. Ha detto che gli va bene tutto, uno Stato, due Stati, un’altra soluzione. Temo però che non si riferisse allo Stato unico democratico che auspicano sempre più palestinesi e anche qualche israeliano.Trump ha semplicemente lasciato intendere che gli andrà bene qualsiasi risultato di una trattativa israelo-palestinese, il cui risultato dovrà favorevole a Israele prima di tutto. Netanyahu invece non ha fatto alcun accenno alla soluzione di uno Stato e ha sorvolato su quella a Due Stati. Come sempre ha manovrato, provando a dire tutto e niente nello stesso momento. Il primo ministro israeliano non vuole fermare la colonizzazione e non lo farà nonostante l’invito di Trump a contenerla, non sostiene e allo stesso tempo non boccia la formula dei due Stati per evitare che la comunità internazionale non lo accusi di aver già messo in piedi un sistema di apartheid. L’unica cosa certa è che Trump e Netanyahu non hanno parlato nell’interesse dei palestinesi e dei loro diritti.

Esistono le condizioni per mettere sul tavolo la soluzione dello Stato unico

Non dobbiamo illuderci, rimaniamo con i piedi per terra. Certo, la discussione è aperta. Questa soluzione è ritenuta da tanti l’unica strada che può evitare l’instaurazione di un’apartheid a danno del popolo palestinese. Tuttavia non credo che Netanyahu sia così ingenuo da aprire le porte a una evoluzione contraria ai sui piani. A mio avviso la conferenza stampa alla Casa Bianca ha detto più di ogni altra cosa che Netanyahu conta con l’aiuto dell’Amministrazione americana di conservare di alzare una cortina fumogena che nasconda le politiche che il suo governo attuerà nei prossimi mesi ed anni. A cominciare dalla colonizzazione, che osservo da anni. Il proseguimento delle costruzioni negli insediamenti ebraici è essenziale per realizzare il piano di dispossessamento dei palestinesi e per completare l’istituzione di un sistema di apartheid. Netanyahu, con la copertura di Trump, non muoverà un dito perché lasciando inalterata la situazione politica e diplomatica attuale comunque farà gli interessi di Israele.

La soluzione dei Due Stati è davvero parte del passato dopo l’incontro Trump-Netanyahu. A sorpresa (ieri) David Friedman, il nuovo ambasciatore Usa in Israele, si è proclamato a favore dei Due Stati.

Netanyahu ha fatto il possibile per ucciderla e ha raggiunto il suo obiettivo. Allo stesso tempo sa che non può dichiararla morta, perché più parti internazionali continuano ad invocarla, in particolare gli Stati Uniti e l’Europa. Netanyahu gioca con abilità la sua partita e se sarà necessario, per gli interessi della destra israeliana, non esiterà a rimportare in superfice persino l’idea di uno Stato palestinese. Perché, in ogni caso, sarà una Stato-fantoccio, senza sovranità, con un territorio non omogeneo e che però tutti chiameranno Stato di Palestina. La soluzione dei Due Stati potrà rivivere soltanto grazie con un deciso intervento della comunità internazionale e solo se gli Usa, l’Unione europea e le Nazioni Unite imporranno a Israele il rispetto della legalità internazionale e il ritiro dai territori occupati. Io queste condizioni al momento non le vedo.

Il premier israeliano e il presidente americano intendono coinvolgere, in ipotetiche trattative sulla questione palestinese, i leader arabi. Si torna all’opzione giordana?

In tutta franchezza è una schiocchezza. Nessuno è così ingenuo da credere che i Paesi arabi, anche quelli che, come sostiene Netanyahu, si sono avvicinati a Israele, riconosceranno un’occupazione mascherata e faranno i passi che i palestinesi non intendono muovere. E anche se lo facessero, i palestinesi non accetteranno decisioni che negano i loro diritti su questa terra.

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