Alitalia commissariata al bivio. Tra liquidazione o nuovo piano industriale

Alitalia commissariata al bivio. Tra liquidazione o nuovo piano industriale

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Trasporto aereo. Mentre lavoratori e sindacati chiedono un nuovo piano industriale, anche con l’intervento pubblico, per rilanciare la compagnia in vista di future partnership. Con Lufthansa alla finestra

“Perché il governo non ci dovrebbe aiutare? Ha salvato le banche, ha salvato l’Ilva, perché noi no?”. In questa osservazione di una lavoratrice Alitalia c’è tutto il senso di quanto sta accadendo nel corpo vivo dell’ex compagnia di bandiera, all’indomani del sonoro “no” al non-piano industriale proposto dall’azienda. Un’azienda che nonostante il fallimento della sua strategia d’azione continua a fare la voce grossa, visto che il consiglio di amministrazione decide di avviare le procedure per l’amministrazione straordinaria. Un passaggio che peraltro dovrà essere approvato dall’assemblea dei soci, convocata per il 2 maggio.
Dunque c’è ancora una settimana di tempo per vedere se si arriverà davvero alla nomina dei commissari governativi, scelti dal ministero dello sviluppo economico. Oppure se ai piani alti di Etihad, Unicredit e Intesa San Paolo, principali azionisti della compagnia, ma anche nel governo, non ci sia un ripensamento. Dovuto principalmente al fatto che su Alitalia gravitano 11.600 dipendenti diretti e un indotto gigantesco, di altre decine di migliaia di lavoratori. Operativi in un settore delicato come quello aeroportuale, nell’intero paese, e di grande visibilità.
Anche se formalmente privata, Alitalia non è un’azienda qualsiasi. Lo ricordano sia Susanna Camusso che Annamaria Furlan, le cui organizzazioni di categoria (Filt Cgil e Fit Cisl) hanno sostenuto il “sì” ma sono state sconfessate anche da una parte dei loro iscritti. “Bisogna ripartire da un piano industriale credibile – avverte la segretaria della Cgil – sostenuto anche dalle banche e dal governo, con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti”. Insomma si deve riaprire la discussione sul piano industriale, perché l’amministrazione straordinaria e la messa in liquidazione dell’azienda “vogliono dire la perdita di un patrimonio industriale per il paese, cosa che dobbiamo prima di tutto mantenere. Ma per farlo serve appunto un piano industriale differente”.
Analogo il ragionamento di Furlan: “Noi speriamo che il commissariamento di Alitalia sia la strada per un nuovo piano industriale credibile e per un rilancio della nostra compagnia, coinvolgendo anche tutti i dipendenti attraverso una partecipazione alle scelte dell’azienda, e valorizzando tutte le professionalità presenti nella compagnia”. Anche per la numero uno della Cisl l’alternativa sarebbe disastrosa: “La chiusura di Alitalia, o la sua vendita a pezzi, vanno scongiurate in tutti i modi possibili, nell’interesse dei dipendenti, dell’indotto e del sistema paese”.
Dal sindacalismo di base – Usb e Cub – fiero sostenitore del “no”, una fotografia nitida dello stato delle cose: “In ballo non ci sono solo i 12mila dipendenti Alitalia – ricorda Antonio Amoroso – ma oltre 50mila lavoratori, se si pensa che per ogni nostro dipendente ce ne sono altri quattro dell’indotto. Il piano dell’accordo non poteva essere condiviso perché in realtà era solo il trampolino di lancio per la dismissione dell’Alitalia al miglior offerente straniero (Lufthansa, ndr). Siamo al terzo fallimento dal 2008: all’epoca gli aeromobili erano 220 ora 120, e l’intesa prevedeva di lasciarne a terra altri 20”.
Anche da Stefano Fassina di Sinistra italiana arriva un’analisi realistica: “Il ‘no’ dal 67% di lavoratrici e lavoratori è stato verso pesantissimi sacrifici, imposti per la terza volta in meno di dieci anni, in assenza di un piano industriale credibile e in permanenza di un management inadeguato. Con pragmatismo, un intervento pubblico significativo nel capitale di Alitalia può consentire di finanziare gli investimenti e costruire la partnership utile al suo rilancio. Sarebbe irresponsabile da parte del governo utilizzare il risultato del referendum per svendere Alitalia”.
Da Bruxelles l’Ue ricorda che in teoria per l’Italia la richiesta di aiuti di Stato per la compagnia aerea è un’opzione possibile. Anche se deve essere temporanea, e con tutta una serie di passaggi burocratico-amministrativi. Sempre meglio della quasi certa esplosione di un forte conflitto sociale. Non per caso su Alitalia interviene anche una preoccupata Virginia Raggi: “Riteniamo che il lavoro vada tutelato”.

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